PESCARA Si parla di altri venti indagati e di un'indagine che dovrebbe concludersi di qui a tre mesi, in concomitanza con il primo anniversario della tragedia di Rigopiano, dove 29 persone sono morte prigionere nell'hotel isolato dalla neve, e poi abbattuto dalla valanga. Non farà sconti la Procura, che da mesi non sta tralasciando nulla per arrivare a ricostruire con precisione il puzzle delle negligenze e delle responsabilità di questo disastro. Così hanno lasciato intendere il procuratore capo Massimiliano Serpi e il sostituto Andrea Papalia nell'incontro avuto ieri con gli avvocati dei familiari del Comitato vittime di Rigopiano. Un incontro chiesto proprio dai legali su sollecitazione dei loro assistiti, per capire i tempi delle indagini e, per quel che consente il segreto istruttorio, che cosa c'è da aspettarsi. Questo volevano sapere e su questo, alla fine, hanno trovato rassicurazione i familiari delle vittime che ieri in concomitanza con l'incontro tra legali e Procura, si sono presentati davanti al Tribunale. Striscioni e magliette. Intorno alle 14, sotto a un sole cocente che nulla aveva di ottobrino, madri e padri, sorelle, mogli, mariti, fratelli e figli delle 29 vittime hanno aperto gli striscioni, sempre gli stessi da nove mesi, e hanno indossato le magliette, sempre le stesse, quelle bianche con la scritta "29 angeli". E davanti alle telecamere e ai giornalisti sono tornati a farsi sentire più compatti di sempre. Dopo mesi, è tornato ad affiancarsi al Comitato anche Alessio Feniello che in tutto questo tempo, affiancato dalla moglie Maria e sostenuto dalla solerzia con cui sta lavorando il suo legale, l'avvocato Camillo Graziano, ha condotto da solo la sua battaglia.«Per la verità, per la giustizia e», come non smette di ripetere, «contro il sistema malato che ha ucciso 29 persone e che, così com'è, può solo continuare a fare danni e a calpestare i diritti dei cittadini. La lista dei sei indagati usciti finora non esaurisce i responsabili, ce ne mancano una ventina», ha sostenuto il papà di Stefano Feniello, che a Rigopiano era andato con la fidanzata per festeggiare il suo 28esimo compleanno. «Pretendo e chiedo», ha continuato il papà, «che le indagini inizino almeno dal 2006, e intanto che il Comune di Farindola e la Provincia di Pescara siano commissariati. Sindaco e presidente, che sono già tra i primi sei indagati, devono dare le dimissioni, devono lasciare il loro posto».«È importante arrivare alla ricostruzione della verità», ha affermato Marco Foresta che a Rigopiano ha perso i genitori Bianca e Tobia, «dopo nove mesi abbiamo le stesse incertezze di quei giorni».Le indagini. Come ha puntualizzato il procuratore Serpi con gli avvocati, si tratta di un lavoro complesso. È comprensibile, ha sottolineato, che rispetto alla mole di lavoro che si sta facendo siano passati otto mesi e mezzo. Un periodo in cui i carabinieri forestali hanno sviscerato e ricostruito ogni aspetto, ogni singola condotta riconducibile all'operato della Prefettura, della Regione, del Comune di Farindola e della Provincia che per ruoli e competenze diverse risultano interessati dalle indagini, alimentate anche dalle memorie e dalle denunce depositate da alcuni legali e poi approfondite dagli investigatori. Alla fine, sono circa 100 le persone informate sui fatti ascoltate in questi mesi, e circa 300 le pagine che compongono l'informativa depositata dagli stessi investigatori. Le 1.200 pagine. Per verificare e cercare riscontri a quanto finora ricostruito mancava la relazione dei consulenti, ed è stata depositata anche quella, proprio qualche giorno fa. Si tratta di 1.200 pagine in cui gli esperti incaricati dalla Procura hanno ricostruito tutti gli aspetti tecnici di questo enorme puzzle. L'allerta meteo dei giorni precedenti alla valanga, la gestione dell'emergenza e quindi i tempi e i modi in cui è stato costituito il Coc; la valutazione geomorfologica dei luoghi finalizzata a stabilire se Rigopiano fosse un sito valanghivo e, anche, se la valanga sia stata causata o no dal terremoto; la valutazione tecnica della struttura dell'hotel, i permessi edilizi, il piano regolatore e tutto ciò che è stato ritenuto degno di approfondimento e verifica dagli investigatori. Il terremoto. Una relazione importante ai fini delle ipotesi investigative tracciate fin qui e che tra le sue risultanze chiarisce anche la questione del terremoto. Che secondo gli esperti, come già emerso, non avrebbe avuto alcun ruolo nel distacco della valanga. Ma il terremoto aggraverebbe invece la posizione di chi non ha ascoltato il grido di aiuto dei 40 prigionieri. Se non ci fosse stato il terremoto, i quaranta dell'hotel non avrebbero avuto l'urgenza di andare via e non avrebbero chiesto aiuto. Come invece, inascoltati, hanno fatto. Il sequestro delle mail. Sempre a proposito della strage che si poteva evitare, gli stessi investigatori nei mesi scorsi, su istanza degli avvocati del sindaco di Farindola, Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, sono andati in Regione, ad acquisire le mail intercorse tra i funzionari della protezione civile in merito alla realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga richiesta da una delibera di giunta del 2014. Uno strumento che avrebbe reso prevedibile il rischio e che invece non è stato mai realizzato per motivi che proprio le mail acquisite dovranno svelare, individuando dove e chi ha fatto arenare la Clpv.La soddisfazione dei legali. «In questi mesi ho depositato tanto materiale» commenta l'avvocato Wania Della Vigna che assiste Silvia, la sorella di Sara Angelozzi morta con il marito a Rigopiano, «sono indagini, complesse e delicate, ma è importante quello che ci è stato assicurato». Ha aggiunto il collega Romolo Reboa: «Il procuratore intende ascoltare gli indagati prima dell'avviso di conclusione delle indagini, significa che il processo difficilmente potrà essere inquinato con ricorsi in Cassazione e altri ricorsi beffa».