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Data: 23/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Referendum autonomia - Nord, test a due facce: in Veneto vota il 57% flop della Lombardia. A Milano i seggi restano semivuoti tra tablet impallati e anziani confusi

ROMA Vince il sì autonomista. In Veneto, la Regione governata da Luca Zaia, il quorum è stato superato con quattro ore di anticipo. Il dato sull'affluenza è 57,2% con un 98,1% di sì, mentre in Lombardia si è fermata sotto al 40% con i sì al 95,5%. Alle diciannove infatti in Veneto aveva già votato il 50,1% degli elettori (con punte del 70 nel Vicentino). Alla stessa ora in Lombardia, dove non c'è il quorum, aveva votato il 31% (il 40% a Bergamo e il 25% a Milano, la città meno sensibile alle sirene autonomiste). I due presidenti leghisti andranno a Roma, la delibera quadro è in cantiere dice uno Zaia determinato a chiedere poteri esclusivi in «tutte e 23 le competenze e per trattenere i 9/10 delle tasse».
L'ENTUSIASMO LEGHISTA Il Presidente veneto si è presentato al seggio così: «È una pagina di storia che si scriverà, e il Veneto non sarà più quello di prima» ha detto. Anche se un'ombra oscura la consultazione. Colpa degli hacker, parola dello stesso Zaia che a urne chiuse ha detto che era «in corso un attacco informatico ai programmi della giunta regionale del Veneto per il rilevamento dei dati sul referendum sull'autonomia del Veneto». Maroni ha votato a Lozza, vicino a Varese. Anche per lui entusiasmo da vendere nonostante il divario con il Veneto: «Andrò a Roma a chiedere più competenze e risorse nell'ambito della unità nazionale» dirà. Se il ministro e vicesegretario Pd Maurizio Martina aveva scelto l' astensione «perché si è sprecato tempo e denaro», in Veneto, dove il risultato è stato eclatante, Laura Puppato è corsa a cercare quote autonomiste per il Pd: «Il quorum è stato raggiunto anche grazie al Pd - ha sottolineato - la Lega non può proprio intestarsi alcuna vittoria». Eppure è il Carroccio che sventola la golden share sul referendum. «Se milioni di persone ci danno il mandato - ha promesso il segretario leghista Matteo Salvini, votando a Milano - noi da subito trattiamo con il governo».
INDIPENDENZA Umberto Bossi ha detto che a lui piace ancora l'idea dell'indipendenza del Nord, che i referendum non sono inutili, ma «l'autonomia blocca l'indipendenza».
Il M5S, che in realtà è l'autore di questi due quesiti, esulta, ma solo a livello locale. Il deputato veneto Mattia Fantinati parla di veneti che alzano la voce «dopo decenni di vessazioni». Così anche il consigliere lombardo M5S Stefano Buffagni: «Per noi avvicinare le risorse ai territori è fondamentale» e se qualcuno gli fa notare la bassa affluenza, lui ricorda caustico che il presidente emiliano romagnolo Stefano Bonaccini, impegnato nella stessa identica trattativa senza passare dal referendum, fu eletto con il 37% di affluenza.
In Lombardia si sperimentava per la prima volta in Italia il voto elettronico con 24.700 tablet. Voto, anche qui, non immune dal rischio di hackeraggio. Per la Regione è stato complicato e lentissimo il conteggio dei dati sull'affluenza (oltre cinque ore di ritardo, tablet impallati, scrutatori bloccati nei seggi in protesta, attestazioni di voto scritte a mano con ricevute cartacee). «La situazione sui dati è indecente, in Veneto i dati c'erano un quarto d'ora dopo e qui il referendum è costato il triplo» (55 milioni, ndr) ha protestato Alessandro Alfieri, segretario del Pd lombardo.

A Milano i seggi restano semivuoti tra tablet impallati e anziani confusi

MILANO Da dietro le tendine dei seggi elettorali, escono continuamente grida così: «Aiuto!». Dentro c'è l'anziano, visto che pochi giovani vanno a votare al referendum vintage del leghismo, che non riesce a maneggiare la voting machine. E si appella, la pantera grigia lumbard, al buon cuore degli addetti al voto: «Salvatemi voi». Così ovunque. A Milano e nel resto della Lombardia. E sarà un caso, o forse è la maledizione di Salvini che questo referendum non lo ama, ma proprio nella sezione elettorale del leader leghista - la 1593 della scuola elementare De Marchi, in zona Bande Nere, vicino a San Siro - si registra una serie di problemi. Su tre tablet, uno non funziona. Vengono chiamati i tecnici. Ma non si trovano i tecnici della società venezuelana (i padanisti ricorrono ai sudamericani pur gridando agli stranieri: «foeura di ball») che ha vinto l'appalto per la prima votazione elettronica della storia italiana. Dovevano essere 3.300 i maghi tecnologici, uno per ogni scuola, e magari lo saranno. Ma adesso dove sono andati a finire? Sonnecchiano all'ombra di una delle palmette piantate a Piazza del Duomo? Dopo quasi un'ora arriva il tablet sostitutivo, ma i tempi per risolvere gli inconvenienti altrove sono stati anche più lunghi. E a notte ancora la Lombardia non aveva fornito i dati definitivi sull'affluenza.
GIACCA PADANISTA E comunque: «Anche con due soli pad possiamo svolgere le operazioni elettorali», dice il presidente del seggio, Sergio Ripa: «Tanto, stanno votando in pochi». Però arriva Salvini, con giacca a vento verde ma se la toglie subito: per evitare di essere considerato un padanista. E arrivano, qui alla De Marchi, al liceo Parini e ovunque, anziani affezionati al leghismo ma poco pratici di tecnologia. I presidenti di seggio devono trasformarsi al volo in assistenti sociali o in psicologi. «Signora anzitutto stia calma», dice il presidente Ripa nella scuola di Bande Nere: «E poi tocchi con una certa decisione la casella del Sì o del No o della Scheda Bianca». «Ma mio figlio - protesta la signora Giuseppina Guatri, 78 anni - che mi ha detto che devo accarezzare leggermente con il dito questo aggeggio. Ha ragione lui o ha ragione lei? Io comunque tocco e qui non succede niente!». Il presidente chiama gli scrutatori e si improvvisa una terapia di gruppo. Sono in sette fuori dalla tendina: «Allora, signora, ricominciamo da capo tutta la procedura...». E lei: «Ma un tecnico, non c'è un tecnico? Lo faccio entrare e vota lui per me!». «Signora, il tecnico non c'è e il voto è personale. Ora schiacci sulla finestra che sceglie e poi può pure cambiare toccando lo spazio apposito». «Ma se neppure riesco a votare, come faccio a cambiare il voto che non c'è? Sto dietro questa tenda da un quarto d'ora e non succede niente...». Passano altri cinque minuti e alla fine si sente il bip: Giuseppina è riuscita a votare Sì. Si abbandona a un simpatico sorrisone: «La prossima volta, inventatevene una più facile».
Suor Luisa, nella scuola di Rozzano, a via delle Orchidee, s'impalla impallando il tablet e quasi arriva al punto di sacramentare contro l'apparecchio. Poi la religiosa esce, stremata, dalla tendina, e annuncia che s'è vendicata: «Ho votato No. Si può spezzare l'ostia ma non l'unità nazionale». Siccome i votanti scarseggiano, gli scrutatori o vorrebbero stare in Veneto, dove la gente ai seggi c'è, oppure comunicano via telefonino la propria noia ai colleghi che si trovano nelle stesse condizioni: «Da te come va? Qui, due maroni...». E non stanno parlando di Maroni. È assente anche il brivido delle minacce: nessuna camicia verde ha funestato il voto o si è fatta vedere ai seggi. Non siamo mica in Catalogna!
Alla scuola Ferrario, a via delle Forze armate, uno scrutatore esce per bere un caffè e narra: «Mi si è addormentata la mano, perché, per quasi due ore, non è entrata anima viva e non ho avuto nessun nome da registrare». I giovani che votano sono pochi, e quei pochi lo fanno con estremo fatalismo: «Per quel che serve...». Gli anziani ci credono di più. E le due Leghe sono visibilissime ai seggi. Quella salviniana, più destrorsa e giovanile, poco sensibile al nordismo, e quella vintage, bossian-maronita. Un esponente della neo-Lega, ironizza uscendo dalla scuola Anselmo da Baggio: «Vota più gente per il Grande Fratello Vip che per l'autonomia». Uno scrutatore ai Navigli spara la battuta facile: «Ci sono più tablet che elettori». Ma alcune tavolette difettano nel sonoro, e se non si sente il bip non vale il voto. I tecnici hanno una chat in cui si segnalano i vari problemi, ma anche questa non sembra utile a velocizzare gli interventi di soccorso.
Alla scuola Galvani, due passi dalla stazione centrale, vota Sheikh Njie, nerissimo cinquantenne del Gambia, italiano da 20 anni. «Ho votato No contro la Lega. E mi auguro che, stanotte, gli hacker russi si infilino nel sistema e facciano fallire questa buffonata». Hanno votato nella sua stessa scuola Adele, Adriana, Ines e Lucia, avranno tra i 70 e gli 80 anni, e gioiscono: «Pensavamo peggio. Non è stato affatto difficile il voto elettronico». Ma di bip se ne sono sentiti pochi, mentre il flop - almeno dalle parti di Milano - è stato assordante.

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