PESCARA Non potevano che esserci garofani rossi sulla bara di Piero D'Andreamatteo, il politico socialista morto a 73 anni per un problema polmonare. L'ex deputato, nonché sindacalista che ha guidato la Cgil e amministratore regionale e comunale, è stato salutato per l'ultima volta da tanti amici, nella chiesa di Cristo Re, in via del Santuario. Centinaia di persone hanno voluto essere vicine alla moglie di D'Andreamatteo, Miriam Severini, e ai quattro figli: Italo, Emanuele, Jacopo e Silvia. C'erano molti volti noti della Prima Repubblica, ma anche alcuni consiglieri comunali di oggi, l'assessore Donato Di Matteo e i parlamentari Gianni Melilla, Vittoria D'Incecco e Federica Chiavaroli. E, a poca distanza dal feretro, in chiesa, il gonfalone del Comune con due vigilesse. A tutti coloro che avvertono forte il dolore per questa perdita sono arrivate le parole di conforto del sacerdote, padre Stefano Salviucci, che ha parlato della morte come di «un passaggio». E ricordando D'Andreamatteo, protagonista della scena politica per trent'anni, lo ha descritto nella sua interezza, dicendo di lui che è stato «un padre, un marito, una persona dello Stato che ha raccolto attorno a sé rapporti di lavoro fecondi». Inutile negare che la morte sia «sempre una violenza. Umanamente non riusciamo ad accettarla», ha proseguito. Ma dalle letture e dal Vangelo di Giovanni è arrivata una prima risposta a chi cerca di capire il perché della morte. Ed è partito l'invito del sacerdote ad affidarsi all'amore, in questi momenti ma anche nella vita di tutti i giorni. «Siamo chiamati ad entrare in una dimora eterna», ha detto padre Stefano. «E San Paolo ci chiede di non scoraggiarci perché se l'uomo esteriore si va disfacendo, l'uomo interiore si rinnova. E dunque non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, che passano. Ma su quelle invisibili, che sono eterne». E di invisibile c'è «l'amore che lega, dura per sempre, perché nell'amore non c'è tempo». Certo nei rapporti quotidiani si percepisce molto «l'odio, che è morte» ma con l'amore «ci si consola, si accettano quelle separazioni che non hanno una risposta». La scomparsa di chi muore, seguendo la strada indicata dalla fede, si trasforma «in un momento di vita» in cui ci si impegna a «volersi bene, a venirsi incontro». E quello di ieri con D'Andreamatteo potrebbe essere «un arrivederci» nel senso che «ci rivedremo perché ci vogliamo bene». E in queste occasioni ci si assume l'impegno che ognuno «porti il suo contributo perché il mondo vada meglio», ha esortato il sacerdote. La folla ha lasciato in silenzio il piazzale davanti al sagrato, dopo aver inondato di affetto la famiglia del politico di lungo corso. Alla spicciolata sono andati via gli amici di ieri e di oggi, da Piero di Bartolomeo ai fratelli Bettoschi, passando per Aurelio Giammorretti, Giorgio De Luca, Giovanni Peroni, Camillo Cesarone, Luigi Marchegiani, Bernardo Mazzocca, Roberto Marzetti, Silvestro Profico, Aldo Marino, Licio Di Biase, Carlo Masci, Moreno Di Pietrantonio e tanti altri. E Riccardo Padovano, socialista storico, ha staccato un garofano e se lo è appuntato al petto, pensando al significato della morte. Riflettendo a alta voce ha detto: «Se Piero fosse qui avrebbe sdrammatizzato insieme a noi».