ROMA Il copione è già tutto scritto. Il governo metterà la fiducia sulla legge elettorale anche al Senato, dopo averla messa alla Camera; le opposizioni protesteranno vivamente, come hanno già fatto ieri abbandonando i lavori della commissione, un Aventino senatoriale; fuori palazzo Madama ci sarà la manifestazione dei contrari, che questa volta si presentano come Comitato per la democrazia costituzionale, kermesse alla quale hanno già promesso la loro presenza i parlamentari di Sinistra italiana, di Mdp-articolo1 (i bersaniandalemiani fuoriusciti dal Pd) ma non dei cinquestelle, che protestano per conto loro, non fanno alleanze neanche all'opposizione.
Non c'è neanche bisogno di convocare il Consiglio dei ministri, avendolo fatto la volta scorsa per la Camera, non serve per porre di nuovo la fiducia al Senato. Si tratterà anzi di cinque fiducie, una per articolo, da votare una dopo l'altra, a ripetizione mercoledì e giovedì, giorno in cui si dovrebbero concludere i lavori e approvare definitivamente il Rosatellum bis versione un terzo di collegi uninominali e due terzi proporzionale. «La fiducia a questo punto diventa legittima difesa», la frase del sottosegretario Luciano Pizzetti che le opposizioni non hanno gradito granché.
Come stanno le cose? Sempre da copione, il M5S ha presentato una cinquantina di emendamenti sulle autonomie linguistiche (48 per la precisione), l'unica materia sulla quale è possibile chiedere il voto segreto. «E' ovvio che tanti emendamenti sulle autonomie non hanno senso, è tutto strumentale», ribattono dalle parti della maggioranza. Poi ci sono i lavori in commissione, che sono proceduti a rilento (8 articoli votati su 181 in tutta la giornata), le richieste di modifica vengono respinte, e il tutto culmina con l'abbandono della commissione da parte di M5S, SI e Mdp al grido «è tutta una farsa», «non accettano alcuna nostra modifica».
Regge il patto tra Pd, Forza Italia, Lega e centristi, i numeri in aula dovrebbero essere assicurati. Ma mentre FI e Lega abbandoneranno i lavori perché non possono votare la fiducia al governo, un supporto alla maggioranza verrà ancora una volta dalla quindicina di senatori verdiniani, che non stanno al governo, non stanno ufficialmente in maggioranza, ma si comportano come se lo fossero.
I PASSAGGI
Il copione prevede questi passaggi: a illustrare la legge elettorale sarà Totò Torrisi, il presidente della commissione, in mattinata, visto che la commissione che presiede ha votato il testo (grazie anche all'assenza delle opposizioni) e lo ha nominato relatore; Torrisi parlerà subito dopo la sospensione per la commemorazione di Guido Rossi e a seguire della Rivoluzione d'ottobre, quindi ripresa del tema e presentazione delle pregiudiziali a voto palese; a questo punto, o comincia la discussione generale oppure, molto più probabilmente, Anna Finocchiaro si alzerà nell'aula che la vede protagonista da anni e chiederà tra urla e schiamazzi il voto di fiducia. C'è infine l'incognita del presidente Pietro Grasso, che non si è finora pronunciato sulla fiducia ma che, assicurano dalle parti del Pd, al massimo potrà far slittare di un po' i lavori, ma non intralciare.
La fiducia al Senato, con l'approvazione definitiva del Rosatellum, ha di fatto ucciso nella culla il tentativo di dialogo che sembrava essersi socchiuso tra Pd e Mdp, con quest'ultima che chiedeva, attraverso Roberto Speranza, di modificare il Rosatellum introducendo preferenze e voto disgiunto, entrambi indigesti ai contraenti del patto. «Ok al dialogo, ma dovete approvare il Rosatellum così com'è», la risposta di Ettore Rosato. «Dal Pd risposte arroganti o nessuna risposta, così è il punto di non ritorno», ha avvertito Pier Luigi Bersani. Un dialogo che ha aperto brecce anche tra i proponenti, se è vero che Tomaso Montanari ha apostrofato Speranza di «fare come Pisapia» per il solo fatto di aver proposto di sedersi a un tavolo.