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Data: 27/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Honeywell, gli operai bloccano i tir

ATESSA Ci provano per la seconda volta: l'altra era stata il 2 ottobre scorso. Honeywell rompe gli indugi e la tregua forzosa e invia, di nuovo, due tir ad Atessa, davanti allo stabilimento Travaglini, sua ditta fornitrice, per caricare lavorati da trasferire negli stabilimenti dell'Est Europa. Ma i camion vengono intercettati e fermati dai dipendenti della multinazionale statunitense, che sono da 40 giorni in sciopero, e che, oltre alla loro, presidiano anche questa fabbrica, notte e giorno. Tensione alta e arrivano le forze dell'ordine, per tenere sotto controllo la situazione. Sono le 14 di ieri, quando, all'improvviso, i mezzi pesanti, giungono in Val di Sangro. Ma dinanzi ai cancelli di Travaglini, nei cui magazzini sono custoditi sia i turbocompressori già realizzati sia la componentistica per le nuove produzioni, scatta l'alt. C'è il blocco. «Dobbiamo caricare per Honeywell», farfugliano gli autisti. Ma non si entra. E comincia il trambusto. Spunta, da una delle motrici, anche un legale Honeywell, della sede di Milano. E poi arrivano il responsabile del personale e un avvocato di Travaglini. Ci sono i sindacati, le Rsu di Fiom, Fim e Uilm. Il consueto braccio di ferro, da una parte e dall'altra. Lavoratori irremovibili: «Lo straniero non passa». Sul posto, nel giro di qualche minuto, ecco due pattuglie dei carabinieri di Atessa. Momenti concitati e alla fine i tir sono costretti alla ritirata.
«AZIENDA SCORRETTA»«Non possiamo permettere - dice Davide Di Giulio, uno dei 420 lavoratori Honeywell - che vengano portati via pezzi e componenti all'estero, mentre noi qui siamo in sciopero per tentare di salvare il posto. E' una scorrettezza quella dell'azienda, anche alla luce delle trattative che sono in corso al ministero dello Sviluppo economico». Il governo italiano ha messo sul piatto 50 milioni per convincere Honeywell a ripensare alla delocalizzazione e a rimanere in Abruzzo. La chiusura di questo stabilimento, stando ad una stima fatta dal Comune di Lanciano, comporterebbe «una catastrofe sociale e porterebbe a una perdita economica sul territorio di circa 4 milioni di euro».

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