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Data: 27/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
In aula il Verdini-pride: e ora voto pure lo Ius soli

ROMA La battuta che gira in Senato: «Ha salvato più maggioranze Denis che gol Buffon». Quando gliela riferiscono, Verdini sorride. Ed è il primo ad esserne convinto. «Siamo stati leali con Enrico Letta, con Renzi e con Gentiloni, nonostante la sua costante indifferenza». Un'indifferenza che a questo punto - specie dopo la promessa del «sono pronto a votare lo ius soli» e mentre ogni voto di Ala sarà oro per la manovra finanziaria a Palazzo Madama - Gentiloni manterrà sul piano formale, ma non su quello sostanziale. «Siamo in maggioranza a pieno titolo, e non in maniera fantasma, e in maggioranza resteremo». Così afferma Verdini in quello che è stato il suo show ieri a Palazzo Madama, un super-spettacolo con discorso anche alto come non è facile ascoltare di questi tempi nelle Camere - «Destra e sinistra non ci sono più, la sfida è tra modernità e passato» oppure scimiottando il suo idolo Spadolini: «Se mi candiderò, lo farò in Italia, magari in Lombardo-Veneto perché credo alla maniera risorgimentale nell'Unità del Paese» - e che ha affascinato, ma non lo ammetteranno mai, anche molti di quelli che lo detestano per motivi personali, politici e giudiziari.
NIETZSCHE
I bersaniani lo hanno applaudito quando, da laico, e i laici nel Pd e in Forza Italia spesso faticano ad esserlo fino in fondo, ha annunciato che «se si dovesse votare sul fine vita, io voterei a favore» e sulle unioni civili lui sarebbe stato a sinistra della sinistra più libertaria: «Avrei votato a favore della stepchild adoption». Il personaggio però è ingombrante. Ma se davvero alla fone dopo il voto sarà governo Pd-Forza Italia, Denis si troverà come il topo nel formaggio: «Renzi premier e Gianni Letta sottosegretario sarebbe la soluzione migliore». Ma questo si vedrà. Intanto il Rosatellum esiste, anche, perché esiste Verdini. «E' una legge di compromesso, come l'intera legislatura», così lo definisce e nessuno, anche i grillini che lo trattano come un poco di buono, riesce a dargli torto. Ma il colpo vero Denis l'odiato, ma poi in fondo in fondo apprezzato per il suo realismo magari ruvido ma efficace, lo ha sferrato con l'aiuto di Nietzsche? Di Chi? «Intervengo stamattina - ecco Verdini dal suo scranno - perché nel dibattito sulla riforma elettorale sono stato da chi tirato per la giacca, da chi evocato, da chi insultato. A chi mi insulta non rispondo. Perché voglio parlare solo di politica. Ecce homo!». E ancora: «Dicono che il Rosatellum sia figlio mio, diciamo invece che è mio nipote». Da quel momento, Verdini è diventato per tutti i fan Zio Denis e insieme Ecce Homo, e il sottotitolo di quel libro è il seguente: «Come si diventa ciò che si è». Verdini è diventato un pilastro della maggioranza attuale e vuole esserlo anche di quella, se mai ce ne sarà una, che verrà: «Ma ora - dicono i suoi - è convinto che prima delle elezioni siciliane non bisogna muoversi. Tutto si deciderà, per noi e per gli altri, successivamente».
DIETRO LE QUINTE
Sarà Verdini, uno che queste operazioni le sa fare ma sempre da dietro alle quinte e mai come giocatore di prima linea, a mettere insieme la terza gamba, oltre a Forza Italia e Lega, che serve alla strategia berlusconiana per la vittoria, ossia quell'unione di partitini, di sigle, di movimenti, di centristi e di laici, che possono rendere più larga la coalizione di centrodestra. «Calma, ragazzi, calma: anche questo si vedrà», dice Ecce Homo ai suoi. E nel caso si dovesse fare un'alleanza renzusconiana, che lascia fuori la Lega e che ha bisogno di numeri più comodi di quelli che potrebbe avere o non avere, Zio Denis non si sottrarrà al senso di responsabilità. Cioè a fare ancora «il grillo parlante del riformismo» - auto-definizione - «quello che ha aiutato spesso il Pd a sconfiggere il massimalismo post-comunista».
Dai banchi del Pd, qualcuno lo avrebbe voluto abbracciare a baciare dopo il discorso (qualche berlusconiano come Giro lo ha fatto). Ma non si può baciare il rospo, anche se piace tanto.

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