La scure sul debito miliardario di Atac dovrebbe oscillare tra due estremi: ad alcuni creditori verrà offerto il rimborso del 50% delle fatture non saldate dalla società del Campidoglio; ad altri verrà proposta la liquidazione del 70% delle somme dovute. Il credito da quasi mezzo miliardo vantato dal Comune di Roma invece dovrebbe essere «postergato», cioè separato dal piano di rientro in cinque anni legato al concordato. I soldi reclamati dall'amministrazione di Roma, che è azionista al 100 per cento di Atac, verrebbero restituiti attraverso un altro piano, spalmato su 20 anni. In questo modo Atac potrebbe assicurare al suo socio unico un rimborso integrale che, almeno nominalmente, consentirebbe a Palazzo Senatorio di continuare a scrivere nei propri bilanci lo stesso importo presente fino a oggi, senza pericolose sforbiciate.
Questa è la carta che intende giocare la governance della più grande partecipata dei trasporti del Paese, alle prese con un debito da 1,3 miliardi di euro e una sfilza di bilanci chiusi in profondo rosso; l'ultimo, nel 2016, registra perdite per 213 milioni di euro. La strategia sulla gestione del debito non è ancora stata ufficializzata. Se ne è parlato in diverse riunioni interne, anche se il piano va necessariamente limato e ritoccato, prima della consegna al Tribunale fallimentare, che dovrà valutarlo.
LA BOZZA
Per il momento i giudici hanno ricevuto una bozza del piano industriale, cioè la documentazione consegnata ai commissari venerdì scorso che contiene «una breve relazione informativa ed esplicativa sullo stato di predisposizione del piano, nonché sulla gestione corrente, anche finanziaria», più l'elenco delle più rilevanti operazioni compiute «di carattere gestionale, industriale, finanziario e solutorio di valore comunque superiore a 300mila euro», come recitava il decreto dei giudici dello scorso 26 settembre.
Nel documento sono stati messi nero su bianco i capisaldi attorno a cui ruoterà il piano di rilancio dell'azienda comunale, con quasi 12mila dipendenti e un parco mezzi che supera i 2mila veicoli tra autobus, treni e tram. Uno dei passaggi chiave è l'aumento della produttività. Ai macchinisti e agli autisti è stato chiesto di lavorare un'ora in più a settimana, per i meccanici delle officine invece l'orario si allungherà di 2 ore (da 37 a 39 alla settimana). È prevista una stretta sulle assenze, con il controllo serrato delle giustificazioni di malattie, permessi 104 e congedi vari. E nelle carte consegnate in Tribunale si accenna al prolungamento del contratto di servizio tra Comune e Atac oltre la scadenza del 2019. Tradotto: non ci sarà la gara per mettere i trasporti di Roma sul mercato. Alcuni dipendenti che oggi sono impiegati in funzioni non operative saranno trasferiti ad altre mansioni, mentre per arginare gli scioperi bianchi dilaganti in metro, è in arrivo un regolamento che impedirà ai macchinisti di «scartare» (cioè rispedire in deposito) i convogli per cui vengono registrati guasti marginali.