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Data: 29/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Togliete quella multa» Il ras della Appendino è costretto a dimettersi

ROMA «C'è stato un increscioso, come dire, evento. Un mio amico, per carità i controllori sono tanto bravi però sono un po' troppo, come dire, quadrati. Praticamente un mio amico era sul pullman che stava per timbrare il biglietto e il controllore l'ha fermato dicendogli no guardi lo doveva timbrare 5 minuti fa, 1 minuto fa, 30 secondi fa. Adesso le devo fare la multa». A parlare al telefono, lo scorso 25 luglio, è Paolo Giordana, capo di gabinetto della sindaca Cinquestelle di Torino, Chiara Appendino.
Ieri, dopo che sono venute alla luce queste intercettazioni compromettenti, ha rassegnato le sue dimissioni. Dall'altro capo del telefono c'è Walter Ceresa, presidente di Gtt, l'azienda che gestisce il servizio dei trasporti pubblici nel capoluogo piemontese. È a lui che chiede di togliere la multa che si è preso il suo amico.
Una conversazione imbarazzante che si aggiunge a un quadro già critico per il capo di gabinetto, da molti soprannominato Rasputin, dettato dai fatti avvenuti lo scorso 3 giugno in piazza San Carlo, quando in occasione della finale di Champions League, ci furono 1.526 feriti e una vittima a causa del fuggifuggi degli spettatori. E prima ancora inciampò nel fallimento organizzativo dei mercatini di Natale.
NESSUN EQUIVOCO
Il dialogo intercettato nei mesi scorsi non lascia spazio a equivoci. «Cosa possiamo fare?», domanda Giordana riferendosi alla multa presa dall'amico. Ceresa: «Eh, ma lui cosa ha fatto? Ha la multa?» Giordana:«Ha la multa e il biglietto timbrato anche». Ceresa: «Si manda. Posso Me lo puoi mandare? Che faccio io!». Giordana: «Fai tu?». Ceresa: «Sì, sì». Giordana: «Cosa faccio? Mi faccio lasciare la multa e te la mando?». Ceresa: «Sì, sì. Mandala pure a me». Giordana: «Guarda, io te la mando via whatsapp.
Il giorno dopo, il 26 luglio 2017, arriva la conferma che l'operazione è andata a buon fine. Ceresa: «Paolo, tutto a posto, quella cosa che mi hai detto». Giordana: «Grazie mille». Ceresa: «Risolto, non c'è nessun problema». Giordana: «Quindi gli dico di stare tranquillo. Perfetto». Ceresa: «Si, si, non arriverà la multa». Davanti a quest'immagine di sé, la scelta di dimettersi è stata quasi inevitabile. «Sono convinto della correttezza del mio operato - si è limitato a dire ieri Paolo Giordana - Mi preme, più che ogni altra cosa, tutelare la Città di Torino e l'amministrazione. Per questa ragione ho prontamente rassegnato le dimissioni».
Dimissioni che «si commentano da sole», ha fatto sapere dalla Sicilia l'entourage di Luigi Di Maio, e che Chiara Appendino ha subito accettato. «Sono umanamente dispiaciuta - ha aggiunto - lo ringrazio di aver messo al primo posto l'interesse della Città». Ieri mattina Giordana è stato interrogato per oltre tre ore dai magistrati della Procura di Torino per un'altra inchiesta in cui è coinvolto. Si tratta della vicenda del non inserimento di un debito nei confronti di una società, la Ream, nel bilancio del Comune di Torino.
Un fatto per cui è indagato, insieme alla sindaca Chiara Appendino e all'assessore Sergio Rolando per concorso in falso in atto pubblico. Proprio nell'ambito di quel filone è stata intercettata la telefonata che ha portato alle sue dimissioni. Dopo l'interrogatorio, in cui era assistito dall'avvocato Luigi Chiappero, Giordana è uscito da una porta laterale del Palazzo di Giustizia.
Sembra che ai pm abbia detto che sul caso Ream, a detta sua, non ci sarebbe stata alcuna irregolarità per via di una norma entrata in vigore nel 2015. Con Ream c'era ancora una trattativa, come dimostrano gli incontri avuti con la società fra il settembre e il novembre del 2016.
Proprio Giordana sarebbe stato il promotore dell'idea di non inserire quella posta nel documento contabile. Ai pm è stata consegnata anche della documentazione. Resta da capire come valuterà la magistratura quest'ultimo episodio.

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