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Data: 30/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi apre alle alleanze: Pd perno del governo no ai veti, a marzo il voto. Larghe intese, in FI e Pd un elettore su due dice sì

NAPOLI Il primato della politica e quello del partito democratico «perno» di una colazione che Matteo Renzi, come il giorno prima Paolo Gentiloni, vogliono «ampia, inclusiva, plurale». La Conferenza programmatica si chiude dopo tre giorni, con l'intervento del segretario del Pd che parla nel capannone industriale, divenuto museo, dove quasi duecento anni fa uscirono le prime locomotive della ferrovia Napoli-Portici.
Parte rivendicando il lavoro svolto dagli ultimi due governi perché «dobbiamo essere orgogliosi di ciò che abbiamo fatto e chi dice che non è merito della politica» il fatto che l'Italia quest'anno crescerà più di Francia e Germania, lo fa per favorire quella tecnocrazia che per il segretario del Pd è la contraddizione della politica. Il 2012, anno del governo Monti e dei tecnici al potere, diventa per il segretario del Pd una delle pagine più buie della politica italiana e l'attacco a coloro che in quegli anni non chiedevano soldi per salvare le banche, come invece facevano Germania e Spagna, diventa una sorta di avviso ai naviganti per il dopo voto. No ad «una tecnocrazia senz'anima» perché per Renzi serve la politica anche in Ue dove occorre fare «la battaglia contro l'inserimento del fiscal compact nei trattati e per tornare a Maastricht».
In prima fila tutto lo stato maggiore del Pd con la ministra Maria Elena Boschi arrivata a Portici l'ultimo giorno dopo una malattia - e relativa assenze al cdm che ha confermato Visco - che ha scatenato una serie di polemiche. Renzi richiama tutti a «non giocare» impauriti, in difesa, col catenaccio, in cui «tutti i problemi sono del Pd e tutto viene messo al microscopio», altrimenti «il gol lo prendiamo prima o poi».
Non manca un riferimento alla vicenda di Bankitalia. Anche se sostiene che la questione è chiusa, non manca di rivendicare il diritto della politica ad intervenire perchè «noi l'unica cosa che abbiamo salvato sono stati i conti corrente dei cittadini», mentre molti «commentatori sembrano ignorare l'intreccio perverso che c'è stato per 15 anni in Italia tra interessi aziendali, editoriali, dinamiche politiche con la vigilanza bancaria. Dirlo non è populismo ma è politica».
LA LEGGE ELETTORALEIl passaggio che scalda più la platea è quello sulla legge elettorale «che impone le coalizioni». «Io - sostiene il segretario del Pd - condivido il discorso di Gentiloni: il Pd deve essere il perno del prossimo governo». Poi la mano tesa agli scissionisti di Mdp. Non pronuncia il nome del partito di Speranza ma il riferimento è chiaro quando dice di voler mettere da parte gli insulti degli ultimi mesi. «Io veti non li metto e chiedo al Pd di non metterli né al centro né a sinistra, di superare gli insulti che abbiamo ricevuto perché non si vive di risentimenti o di rancore. Siamo in totale e trasparente disponibilità. Ma per le prossime elezioni sono più importanti i voti dei veti». Speranza, a distanza, chiude subito: «Renzi è un disco rotto. Quello che serve, invece, è un cambio radicale».
Eppure è un'apertura importante che il segretario accompagna con quel «noi» che troppo spesso è stato accusato di non pronunciare, con il segnale rivolto alla sinistra di un «sì convinto del Pd» se verrà messa la fiducia sullo Ius soli. Ma tiene pure il punto sui vitalizi: «Il ddl passerà senza modifiche, ne va della nostra credibilità». «Siamo una squadra: il problema non è chi di noi sarà al governo ma se ci saremo noi o ci saranno gli altri», incalza. E non chiedetemi abiure su ciò che abbiamo e ho fatto, avverte l'ex premier che poi dice di essere dispiaciuto per l'addio al gruppo del presidente del Senato Pietro Grasso, che non ha mai avuto la tessera del Pd, ma al tempo stesso lo attacca quando sostiene «che non si può dire che mettere la fiducia è un atto di violenza: non si può dire».


Larghe intese, in FI e Pd un elettore su due dice sì

Il Rosatellum è legge e gli italiani iniziano a pensare al post voto, al governo che sarà. L'ipotesi di un governo che garantisca stabilità, anche se frutto dell'alleanza con l'avversario storico, è condivisa dal 56% degli elettori del Partito Democratico e dal 46% dei supporter di Berlusconi. Aperti a tale soluzioni risultano anche un terzo degli elettori indecisi e il 36% dei votanti per Sinistra Italiana. Avversano maggiormente l'idea, invece, i fan di Lega e Cinquestelle. Ciononostante, anche tra le fila di questi due partiti esiste una ridotta frangia di elettori favorevoli a un esecutivo di stabilità (26% tra gli elettori di Salvini e 19% tra quelli di Grillo).
STABILITÀAl fondo di tale spinta verso ipotesi di Grosse Koalition c'è il bisogno di stabilità e governabilità del Paese. Il 76% degli italiani non ne può più di crisi di governo, di governi tecnici, di opzioni transitorie. Per questi italiani la legge elettorale deve essere uno strumento in grado di garantire un esecutivo duraturo. Un'opinione ormai trasversale a tutti gli schieramenti e che trova allineati gli elettori di Pd (88%), Mdp (77%), Forza Italia (83%), Leganord (79%) e Cinquestelle (82%). Il tema della governabilità focalizza l'attenzione del ceto medio (82%) e degli over 50anni (86%), mentre interessa meno i ceti medio bassi (58%), convinti che tanto, per loro, non cambia mai nulla.
La spinta a una maggiore stabilità di governo la ritroviamo osservando anche un altro parametro: il tema del voto utile. Siamo ancora lontani dalle elezioni e il tema non è ancora pienamente all'attenzione delle persone. Nonostante ciò, già oggi, il 53% degli italiani ritiene plausibile la possibilità di votare una coalizione o un partito per evitare di rendere inutile il proprio voto o per eludere il pericolo di far vincere una delle coalizioni avverse alle proprie idee.
CAMPAGNA ELETTORALEIl voto utile è una possibilità che aleggia, con meno intensità, tra gli elettori di Mdp (36%), mentre maggiori possibilità sono ravvisate dai sostenitori di Fratoianni (70%), di Fdi (67%) e di Rc (66%). Una possibilità che è ritenuta plausibile dal 51% degli elettori di M5s, dal 67% di quelli del Pd e dal 72% dei supporter di Forza Italia. Il secondo parametro, più complesso per il momento da cogliere in tutta la sua portata, è quello delle larghe intese. La campagna elettorale ha acceso i motori e uno dei temi di fondo, su cui si impernierà l'attenzione degli italiani, sarà quello della governabilità, dell'avere un esecutivo stabile, duraturo, in grado di decidere e fare delle cose. Una prospettiva che potrebbe sovrastare, o meglio essere il pensiero sottostante, le scelte di voto di una parte degli elettori. Gli italiani hanno voglia di futuro e il timore di dover affrontare una stagione d'instabilità potrebbe essere un tarlo, un retro-pensiero, in grado di mitigare la credibilità delle promesse elettorali dei vari partiti di riferimento, spostando quote di attenzione (e voto) verso soggetti politici in grado di offrire una maggiore garanzia di governabilità. Anche su questo la sfida è aperta.

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