Una concussione di piccolo cabotaggio, da pochi spiccioli si potrebbe dire, ma comunque un reato grave di cui si sarebbe macchiato un capo cantoniere dell’Anas. L’uomo è stato arrestato e messo ai domiciliari in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Roberto Veneziano su richiesta della Procura della Repubblica. Secondo le accuse il cantoniere sorvegliante, in qualità di incaricato di pubblico servizio, funzione equiparata a quella di un pubblico ufficiale, si sarebbe fatto consegnare dei soldi da almeno tre imprenditori che avevano chiesto dei permessi all’Anas per eseguire alcuni lavori: l’apertura di un varco di un strada privata sulla statale 16 e l’installazione di due cartelloni pubblicitari. E, secondo le accuse, il capo cantoniere – competente sul tratto teramano dell’Adriatica, da Città Sant’Angelo a Martinsicuro – avrebbe chiesto delle mazzette per concedere i permessi o per accorciare i tempi per il loro rilascio. Somme modeste, a quanto sembra, commisurate comunque all’entità dei lavori da eseguire: il gip, sempre su richiesta della Procura, ha disposto il sequestro di 950 euro trovati in possesso del cantoniere, somma che, secondo gli inquirenti, gli sarebbe stata consegnata da un imprenditore, indotto a pagare per evitare che il dipendente dell’Anas gli bloccasse la pratica con un diniego. È stato lui a denunciare la presunta concussione, accusa che gli inquirenti avrebbero poi confermato anche con le testimonianze di altri due imprenditori, a loro volta costretti a versare una piccola mazzetta per ottenere ciò di cui avevano diritto. Nel corso delle indagini, portate avanti dai militari della guardia di finanza di Nereto, coordinati dalla Procura della Repubblica, sono stati acquisti documenti ed effettuate delle intercettazioni che proverebbero l’esistenza del reato, visto che sarebbe stato registrato il momento n cui l’imprenditore consegnava i 950 euro al capo cantoniere. Piccole somme, dunque, ma, come afferma il procuratore Antonio Guerriero, in un nota in cui dà notizia dell’arresto del dipendente Anas, «la vicenda riveste notevole allarme sociale per le modalità con cui si è utilizzata una funzione pubblica costituita dalla vigilanza su una strada statale per costringere alcuni imprenditori al versamento di somme di denaro al fine di ottenere provvedimenti amministrativi da loro legittimamente richiesti». Le indagini proseguono per accertare se ci sono stai altri casi analoghi.