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Data: 06/11/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Elezioni in Sicilia - «Sicilia, Musumeci davanti a Cancelleri C'è il crollo del Pd». Berlusconi elogia il modello Sicilia: Pd fuori gioco, ora puntiamo al 40%

ROMA Se non proprio sul filo di lana, l'esito del voto siciliano, secondo gli exit poll di ieri notte appariva ancora incerto e tale da poter essere definito solo con lo scrutinio cominciato alle otto di stamane. Rispettati comunque i pronostici della vigilia che davano nettamente in testa i candidati del centrodestra, Nello Musumeci, e quello dei 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri. I due, infatti, si collocano - sempre secondo gli exit poll - il primo, in una forbice tra il 36 e il 40 per cento e, il secondo, tra il 33 e il 37 per cento. Più che doppiato il terzo concorrente, il rettore dell'Università di Palermo, Fabrizio Micari, candidato del centrosinistra, tra il 16 e il 20 per cento dei consensi, seguito a distanza da Giuseppe Fava, che con la sua lista Cento passi rappresentava l'elettorato più di sinistra, fermo in una fascia tra il 6 e il 10 %. Minimo il consenso del quinto concorrente alla presidenza della Regione, l'indipendentista Roberto La Rosa, non entrato neppure nelle valutazioni degli exit poll.
LE LISTE
Certamente non trascurabili, al di là del risultato generale del voto di ieri, appaiono i dati, forniti sempre dagli exit poll, riguardanti le singole liste a sostegno dei candidati alla presidenza. Tra questi, quello più significativo è quello che fotografa la débacle del Pd che si fermerebbe in una forbice tra l'8 e il 12 per cento, a fronte di un già magro 13,4% ottenuto alle regionali 2012. Assai basso anche il risultato degli alfaniani di Alternativa popolare, tra il 2 e il 5 per cento e quindi al di sotto della soglia del 5% necessaria per entrare all'Ars. Sul fronte opposto, Forza Italia si collocherebbe tra l'11 e il 15 per cento, con le altre liste d'appoggio a Musumeci oscillanti tra il 2 e l'8 per cento. L'M5S, da parte sua, si confermerebbe primo partito con il 27-31% dei consensi.
Una tornata elettorale, quella di ieri in Sicilia, caratterizzata da una affluenza così bassa da andare al di sotto di quella di cinque anni fa, che vide più della metà degli elettori non recarsi ai seggi. Viene così fotografata la progressiva disaffezione dell'elettorato isolano da una classe politica non certo priva di manchevolezze. La magra raccolta di voti totalizzata da dodici liste provinciali e ben 800 candidati ai 70 seggi di Palazzo dei Normanni si è fermata al 46,76% rispetto al 47,41 del 2012. Solo nelle prince di Massina e Catania i votanti hanno superato di poco più di un punto la soglia del 50 per cento. Mentre a Enna si è raggiunto il picco più basso con il 37,68%.
I BROGLI
Dalla chiusura dei seggi all'apertura delle urne per la conta dei voti sono trascorse le dieci ore che hanno dato vita a una serie di polemiche, innescate soprattutto dai grillini, per la ventilata possibilità di brogli in notturna. Tanto da indurre il ministro dell'Interno, Marco Minniti, a emanare una circolare per sollecitare le Prefetture della Sicilia a «elevare al massimo la cornice di sicurezza», con particolare attenzione «ai momenti più delicati del voto e dello scrutinio dove più spesso si verificano irregolarità». La giornata elettorale si è svolta peraltro in un clima di pressoché assoluta tranquillità, se si eccettuano i casi in cui una dozzina di elettori è stata sorpresa a fotografare le proprie schede. Altrettanto tranquilla pare essersi svolta la notte, che ha tenuto svegli soprattutto i sostenitori di Musumeci in un crescendo di speranze sull'affermazione finale del loro candidato.

Berlusconi elogia il modello Sicilia: Pd fuori gioco, ora puntiamo al 40%

ROMA Berlusconi si prepara a dare le carte nel centrodestra. Assapora la vittoria di Musumeci, la considera sua anche per l'impegno profuso nel momento cruciale della campagna elettorale. «Alle politiche si va in ogni caso con lo stesso schema, il modello è vincente e saremo noi a guidare la coalizione. Ora si punta al 40%», le riflessioni che si fanno ad Arcore prima dello spoglio dei dati. Certo, a villa San Martino la prudenza è d'obbligo, ma ieri si respirava ottimismo per il successo del candidato in Sicilia e per il risultato di FI. E ora il Cavaliere mira a puntellare proprio il suo partito.
Nei prossimi giorni incontrerà i big azzurri e poi i coordinatori regionali. Le polemiche sugli impresentabili cavalcate da Salvini e in parte anche da Musumeci a suo dire hanno provocato solo danni, ma è lo stesso ex presidente del Consiglio a spingere per un rinnovamento delle liste. E' già stata fissata per fine mese la conferenza programmatica di FI in Lombardia alla quale verranno invitati soprattutto esponenti provenienti dal mondo del lavoro. Non ci sarà una vera e propria rottamazione, ma l'obiettivo è quello di aprire le porte al mondo dell'imprenditoria e del civismo. Solo dopo si penserà a stringere i bulloni con la Lega e FdI. L'ex premier prima chiamerà a raccolta i moderati. L'operazione portata avanti da Costa, Zanetti, Tosi, Quagliariello, con l'apporto dei Repubblicani e del movimento di Sgarbi, verrà lanciata in settimana con lo scopo di creare una federazione da affiancare a FI.
L'ex premier nel frattempo con i suoi sparge miele sulla Lega: «Troveremo anche per le politiche un accordo con Salvini», dice ai suoi. Per arrivare ad un centrodestra unito che possa ambire a guidare il Paese: «Il voto siciliano ha osservato con i fedelissimi ha messo fuori gioco il Pd anche a livello nazionale».
ATTESA PER STRASBURGO
FI spingerà per andare al voto al più presto anche se il Cavaliere aspetta il verdetto di Strasburgo per capire se potrà riavere l'agibilità politica. «Ma sarà comunque FI alla fine ad indicare il candidato premier», la sua convinzione. Salvini e Meloni ieri erano più cauti ma soltanto perché attendono di comprendere il dato di lista. «In ogni caso sottolinea La Russa il patto dell'arancino è stato importante perché ha ribadito la necessità di andare insieme. I problemi arriveranno ma si risolvono con la compattezza». Il nodo del contendere è legato alla partita delle candidature. Gli azzurri stanno seguendo le trattative in corso sul decreto che dovrà ridisegnare i collegi, ma si prevedono solo alcune modifiche in Basilicata, Piemonte e Lombardia. Il timore però è che il partito di via Bellerio alzi e non di poco la posta al Settentrione. «Le politiche sono una partita diversa», osserva del resto il segretario del Carroccio. Andranno affrontate con un programma chiaro sui temi dell'immigrazione, della legge Fornero, del rinnovo della classe dirigente. «E soprattutto questa la linea del partito di via Bellerio basta dare in Parlamento l'idea di connivenza con il Pd». L'ex presidente del Consiglio però è pronto a rivendicare la sua leadership. Non ha intenzione di farsi dettare l'agenda da Lega e da Fdi. FI rimarcherà ancor di più i tratti di una forza politica che fa da argine ai populismi e alla sinistra. E poco importa se Salvini abbia in questi giorni allargato il solco, irritato per «l'operazione centrista» che nei progetti del Cavaliere dovrà fare da contraltare al potere leghista al nord. L'eventuale vittoria di Musumeci potrebbe contribuire a svelenire il clima nel centrodestra, anche se sia Meloni che Salvini avranno gioco facile a ricordare come FI in un primo momento era intenzionata a convergere sul professor Armao. C'è poi da costruire, oltre al modello Sicilia anche per le politiche, l'intesa sulle candidature per le altre regioni che andranno al voto: la Lega punta su Maroni e Fedriga (Lombardia e Friuli), FI pretende che si schieri un suo candidato nel Lazio.

Ha pesato il voto disgiunto: ai due big più preferenze rispetto alle loro liste

ROMA In Sicilia, alla faccia dell'autonomia regionale, ha votato poca gente, il 46,8% ovvero meno della metà dei 4,6 milioni di aventi diritto. Ma chi si è recato alle urne è stato attirato dal meccanismo del voto utile, ovvero in molti - sfruttando il meccanismo del voto disgiunto - hanno votato più che per il candidato presidente del loro cuore per uno dei due che potevano vincere: o Nello Musumeci del centro-destra o Giancarlo Cancelleri del M5S.
La fotografia dell'ampiezza del fenomeno voto utile arriva dagli exit poll diffusi ieri sia dalla Rai, tramite i carotaggi di Nicola Piepoli e Antonio Noto, che dalla 7 con quelli di Fabrizio Masìa e andrà confermata dai voti veri che emergeranno oggi, ma i numeri diffusi sono già abbastanza impressionanti: Cancelleri dovrebbe aver preso il 6% in più dei voti raggranellati dalla lista M5S, mentre Musumeci sovrasta le sue 5 liste da una congrua montagnola del 4/5% di consensi in più.
Tramite l'analisi dei flussi sapremo con precisione - sempre se i voti confermeranno il trend - da quali serbatoi sono arrivati i voti per i super candidati. Ma è evidente che a farne le spese sono stati i due candidati di sinistra il cui score sembrerebbe essere inferiore di alcuni punti ai voti raccolti dalle loro liste.
IL FATTORE D
D'altra parte, tutta la campagna elettorale siciliana è stata giocata sul voto disgiunto. Nelle scorse settimane si erano rincorse voci insistenti negli ambianti bersaniani di un possibile voto disgiunto a favore di Cancelleri con l'obiettivo di appoggiarlo se fosse risultato vincente ma senza maggioranza.
Analoghe voci erano state raccolte fra gli esponenti delle liste vicine a Micari. In questo caso l'obiettivo era votare Musumeci (ovviamente lasciando l'altro voto ad una lista di Micari) con l'obiettivo di appoggiarlo se avesse avuto bisogno di voti nel parlamentino regionale di fronte ad una coalizione piuttosto litigiosa, come si annuncia quella del centrodestra.
Il meccanismo del voto utile pare aver funzionato per Musumeci soprattutto nel catanese, ovvero nella sua provincia, che non a caso ha registrato un lieve aumento (mezzo punto) dell'affluenza.
E questa lezione tornerà utile anche nelle prossime elezioni politiche. Non per il voto disgiunto, che non è previsto dalla legge Rosato, ma perché i candidati dei collegi uninominali dovrebbero tirare la volata alle liste.
Ciò detto le elezioni siciliane avranno ben poco altro da dire a livello nazionale. Soprattutto per una ragione elementare: alle Regionali ha votato il 46% ma alle politiche si recherà alle urne almeno il 65% del corpo elettorale siciliano (e il 70/75% di quello nazionale). Si tratta di circa un milione di persone in più. Dunque il test di cui domani conosceremo i risultati effettivi è assolutamente parziale e tarato solo sulla Sicilia.
Resta un altro dato da analizzare: i 5Stelle sono di gran lunga il primo partito siciliano con una forza vicina al 30%, inseguiti da Forza Italia al 13/15% e più giù dal Pd. Attenzione però a non farsi mettere fuori strada. Alle prossime elezioni politiche si voterà per un candidato uninominale al maggioritario e per le coalizioni al proporzionale. Non è detto che la predominanza dei pentastellati alle regionali consenta ai loro candidati di raggiungere alle politiche il primo posto per ognuno dei 19 seggi uninominali della Camera e per i 9 del Senato. Il voto utile riserva sempre sorprese.

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