Taglieremo tutto. Razionalizzeremo, ridurremo, risparmieremo. Il meraviglioso mondo in “emo” immaginato dal candidato presidente del centrosinistra Luciano D’Alfonso durante la campagna elettorale del 2014 si è infranto contro uno steccato di boh. E così, una volta eletto presidente, Dalfy le società partecipate se le è tenute tutte, e anzi di più. Le promesse dimenticate, gli impegni disattesi: e in effetti perché disfarsene, le partecipate garantiscono una mole non indifferente di poltrone da distribuire agli scontenti, agli amici, ai trombati delle elezioni, e così via.
Il braccio di ferro con l’assessore Donato Di Matteo che ha partorito la riforma delle Ater è finito per ora uno a zero per Dalfy: in archivio. L’Ersi (l’ente regionale di servizio idrico) avrebbe dovuto accorpare tutti gli Ato, e invece nell’era dalfonsiana si assiste alla convivenza, pacifica e onerosissima per le casse regionali, di Ersi e Ato: da una parte un direttore generale appena nominato con una poltrona da 200 mila euro l’anno, dall’altra presidenti e consiglieri di amministrazione pagati profumatamente anche loro.
Sono 19 le società partecipate della Regione Abruzzo con 189 membri, tutti a carico della Regione: (Il Centro agroalimentare, il Crivea, consorzio per la ricerca viticola ed enologica, il Cotir, il Centro di alta formazione Valle Peligna e Alto Sangro, il Consorzio per il Polo universitario di Sulmona e del Centro Abruzzo, il Centro Ceramico Castellano, il Crab, consorzio di ricerche applicate alla Biotecnologia (in liquidazione), il Consorzio di ricerca per l’innovazione tecnologica, la qualità e la sicurezza degli alimenti, Abruzzo engineering, la Finanziaria regionale abruzzese, Abruzzo sviluppo, la Saga, la società Sir (in liquidazione), Maiella spa, Gran Sasso teramano spa, Circolo nautico Vallonchini srl, Gestione trasporti metropolitani (cessata nel 2015 a seguito della fusione in Tua), Tua società di trasporti regionale, La Sangritana (cessata anche lei in seguito alla fusione con Tua).
Soldi, sprechi e poltrone a gogo. Eppure nel suo programma, D’Alfonso scriveva così:
“Occorre una revisione generale e la soppressione di molte strutture esistenti, in larga misura del tutto inutili. Ciò ai fini di efficientemente dell’azione di governo della regione, di risparmio della spesa, nonché dei cosiddetti costi della politica. Gli amministratori saranno scelti e non solo come di consuetudine, attraverso la valutazione dei curricula, ma soprattutto sulla base dei progetti che presenteranno per la gestione ottimale dell’ente. Le indennità di carica degli amministratori degli enti e delle società che potranno essere conservati o ristrutturati, dovranno essere riviste. In particolare intendiamo prevedere gettoni di presenza o semplici rimborsi spese, cui eventualmente agganciare indennità collegate all’effettivo raggiungimento degli obiettivi esposti nel progetto”.
La pagina del suo programma elettorale
E via di questo passo. Di fatto, le indennità sono state addirittura aumentate, con apposite modifiche di leggi e di statuti, come per esempio all’Ersi, dove non era previsto inizialmente alcun compenso. Doveva essere un pallino del presidente Luciano D’Alfonso, questo delle partecipate, che aveva accantonato probabilmente subito l’idea di dargli un taglio netto, visto che il 2 settembre del 2014, a soli tre mesi dal suo insediamento, scrisse a tutti i direttori e dirigenti regionali una direttiva durissima per indicare le regole per la partecipazione alle assemblee.
“In sostanza mai più le società della Regione potranno avere la sembianza di “Sangiaccati” con a capo “sultani titolari di arbitrio e nascondimento”, con una grande vocazione a realizzare spese e servigi fuori da ogni controllo e conoscenza dell’ente Regione, che ricompare all’abbisogna e viene resa destinataria di preghiera accorata solo quando deve riassumere le funzioni di un “Pantalone paga tutto”.
E tutto per dire, con gli inevitabili scivoloni della lingua italiana e dei termini come Sangiaccati, che chi partecipa alle assemblee su delega della Regione avrebbe dovuto farlo consapevolmente:
“Ogni ente dovrà individuare una figura ad hoc che renda disponibile e quotidianamente aggiornato in cartaceo o digitale, un prodotto conoscitivo che denominiamo per comodità curriculum vitae dell’ente o società” costituito da dati intellegibili riguardanti deficit annuale, debito consolidato, contenzioso”.
E più avanti prometteva, come in campagna elettorale, riforme riforme riforme: “…seguirà apposito quadro normativo, che presto definiremo e dirameremo”.
Niente di tutto questo.
Tra l’altro, l’Abruzzo è tra le Regioni con il più alto numero di società partecipate rispetto al numero di abitanti: una ogni 5.181. Le regioni più virtuose, da questo punto di vista sono la Lombardia, unica nel Nord Italia, mentre nel Centro sud sono tutte più virtuose, ad eccezione di Abruzzo e Molise.
ps: dalle parole alle parole. In vista delle elezioni, è bene ricordarselo.