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Pescara, 24/07/2024
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Data: 10/11/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Grasso, la vita in un libro da Falcone all'addio al Pd

E' stato accolto all'inizio e salutato alla fine con due applausi tanto scroscianti quanto diversi. Il primo più intimo, di stima e ammirazione tributato da un pubblico colpito e commosso dalla sua lettera a Giovanni Falcone, pubblicata nella presentazione del libro e letta, anzi recitata da uno dei 130 volontari del Fla. Liberatorio l'ultimo, quando ha spiegato le ragioni della sua uscita dal Pd al quale aveva aderito su invito di Bersani. Alla domanda che Luca Sofri gli ha posto quasi chiedendo permesso, Piero Grasso ha risposto con un sorriso sornione: «Non so se ne sono uscito io o se è il Pd che non c'è più». Poi la promessa: «Sono pronto a fare politica e a dire la mia come non ho potuto finora per la mia carica».
Non poteva esserci ospite migliore per l'apertura del Festival delle Letterature a Pescara. Piero Grasso, ieri magistrato al fianco di Falcone e Borsellino, oggi presidente del Senato, si è raccontato a Luca Sofri che con delicatezza ha assunto il ruolo di accompagnatore in un viaggio lungo una vita, la vita di Pietro Grasso, «diventato Piero per distinguermi dai tanti Pietro in famiglia, al Sud si usa tramandare il nome del nonno».

ANEDDOTI E MISTERI Due ore di aneddoti, di storie intrecciate ai misteri d'Italia nella lunga lotta alla mafia, che Grasso ha svelato sfogliando con Sofri le pagine del suo libro, Storie di sangue, amici e fantasmi. Struggente la sua lettera a Falcone, amico e maestro vittima della mafia nel 92 a Capaci e al quale Grasso confessa di aver rivolto un pensiero ogni giorno in questi 25 anni. Solido anche il suo rapporto con Paolo Borsellino, che seguirà il destino di Falcone due mesi più tardi in via D'Amelio. Figure «mosse da un alto senso del dovere e dello Stato ma anche uomini, amici, ricordo Falcone bistrattare i giornalisti che gli ponevano domande banali o lo rivedo giocare a ping pong con mio figlio o chiedere un piatto particolare a mia moglie. E un pranzo al mare di Mondello con la paura di un attentato e la tensione poi spezzata dalla battuta di un cameriere. Credo che Giovanni non abbia mai avuto un momento di serenità nella sua vita. Ricordo l'aula bunker costruita in sei mesi perché Falcone voleva processare i mafiosi a Palermo e poi le lenzuola bianche alle finestre della città di chi si ribellava all'omertà dopo le stragi».
Appassionante la ricostruzione di Grasso di quei tragici eventi mai chiariti, le rivelazioni di Spatuzza, «collaboratore di giustizia che dimostrò di saperne molto», fino alla recente riapertura delle indagini su Berlusconi e mafia. Un filo rosso sangue cominciato dieci anni prima del '92, ha detto Grasso, con i delitti di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa, con i sacrifici di Rocco Chinnici e tanti altri. «E poi gli attentati di Roma, Firenze e Milano, che credevano distinti e invece facevano parte di uno stesso disegno».

LA MOGLIE, I GIOVANI
In apertura Sofri ha anche stanato il Piero Grasso più intimo, «la solennità della carica mi ha talvolta pesato» ha confessato, ed ancora: «Mia moglie mi ha supportato quando il presidente del Tribunale mi richiamò dalle ferie per assegnarmi all'antimafia, anche se avremmo vissuto blindati». La fiducia nei giovani, «non ho saltato un solo viaggio con la Nave della Legalità che ogni anno va da Civitavecchia a Palermo. Falcone e Borsellino sono di grande esempio per i ragazzi, pronti a scegliere di stare dalla parte migliore».
La lotta alla mafia, «che si fa la guerra quando è in difficoltà e quando non spara vuol dire che fa affari, che lavora e fa profitti». E quando a un detenuto per mafia chiesi quando finirà, lui mi ha risposto: «Finché i giovani verranno da noi per bisogno e saranno pronti a sdebitarsi, la mafia esisterà sempre».
L'incontro del Matta ha rivelato anche un Piero Grasso predestinato come magistrato e politico: «Da bambino vidi sull'Ora di Palermo la foto di un magistrato chinato ad investigare e lì decisi che nella vita mi sarei occupato di giustizia». Così come anni dopo un altro giornale, La Sicilia, darà nomi e volti ai ragazzi in prima linea contro il pizzo, battaglia incoraggiata proprio da Grasso. E poi il Quirinale che a sorpresa ricorre in più occasioni: «Ho indagato sull'omicidio di Piersanti Mattarella 35 anni fa e mai mi sarei aspettato di incontrarmi da presidente del Senato con suo fratello in veste di presidente della repubblica».



Grasso, schiaffo al Pd I prodiani: con la sinistra serve l'apparentamento

ROMA «Mi sembra che la legge elettorale in vigore non sia stata ancora capita. Ci vorrà ancora qualche tempo e poi se ne comprenderanno i meccanismi che invece Silvio Berlusconi mostra di interpretare bene». La Camera è deserta quando in Transatlantico si materializza Arturo Parisi. L'ex ministro super prodiano, il signor Ulivo, descrive con distacco misto a lutto, le contorsioni dei partiti che una volta componevano il centrosinistra.
L'AREA«Non c'è più il candidato premier e non ci sono più nemmeno le coalizioni. Purtroppo - aggiunge - si usa un linguaggio e definizioni che appartengono al passato. Ciò che questa legge permette, e che i partiti dell'area di centrosinistra dovrebbero fare, è un apparentamento per non farsi male nei collegi. Punto». «Apparentamenti» e non coalizioni, sostiene Parisi, perché «il sistema è proporzionale e Grasso al massimo può fare il capolista perché i leader sono altro». Per Parisi la legge Rosato riporta le lancette dell'orologio molto indietro e la rievocazione del 93, quando Segni «capì la legge elettorale dopo il voto», sorge spontanea. Certo per Parisi ci sarà il problema della foto finale che dovrebbe sancire l'apparentamento, ma anche «la foto di Vasto» del 2011 - che ritraeva Bersani con Vendola e Di Pietro - ebbe più o meno la stessa funzione. Un'analisi e non un auspicio, quella del Professore sardo, che dà per certo ciò che è ormai scontato. Ovvero che nessuno dei padri nobili, e sicuramente non Romano Prodi, daranno benedizioni a questa o quella forza politica, pur auspicando che a sinistra si faccia quell'apparentamento che «rende le istituzioni più forti» perché «è un bene che il centrodestra si sia apparentato». L'analisi di Parisi - molto vicina a quella di Dario Franceschini anche se il Professore rifiuta l'accostamento - si scontra però con la volontà di Mdp di tirare diritto grazie anche alla discesa in campo di Grasso che da qualche giorno parla da leader politico e ieri ha sostenuto che «il Pd era quello del bene comune. Quello di Bersani insieme a Sel». «Non so se sono uscito io dal Pd oppure è il Pd che non c'è più...», ha poi aggiunto.
La stagione dell'incomunicabilità prosegue e malgrado il gran lavoro dei numerosi pontieri, le posizioni invece di ammorbidirsi si radicalizzano. «Grasso da solo porta il 5 per cento», sostiene Piero Martino, ex Pd e ora portavoce di Mdp. Gli scissionisti considerano Grasso leader della coalizione e domenica anche Pisapia lo incoronerà leader. In vista della direzione di lunedì, le minoranza interne del Pd che fanno capo a Orlando, Emiliano e Cuperlo, continuano a premere sul segretario affinché scongiuri «la tragica irrilevanza» di un Pd che, secondo loro, senza l'intesa con la sinistra radicale di Speranza, D'Alema e Fratoianni, rischia di arrivare terzo. Mentre Franceschini smentisce l'idea di fronde facendo un pezzo di strada con il treno di Renzi, Orlando ha messo a punto un documento che porterà in direzione con alcuni punti sulla legge di Bilancio che dovrebbero permettere la riapertura di un dialogo con Mdp. Di scissioni non vuole sentir parlare nessuno, ma chissà che per metabolizzare la legge elettorale, come sostiene Parisi, non ci sia bisogno di qualche settimana in più di legislatura.

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