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Pescara, 24/07/2024
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Data: 10/11/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Grasso: «Il vero Pd era quello di Bersani». Pescara, il presidente del Senato dopo il divorzio dal partito ammette: «Ora vediamo se riesco a esprimere me stesso»

PESCARA «Non so se sono io a essere uscito dal Pd, oppure se è il Pd che non c'è più». Un lungo applauso accompagna l'affondo di Pietro Grasso, Piero per gli amici come ha voluto sottolineare ieri al Matta di Pescara, dove ha presentato il suo libro "Storie di sangue, amici e fantasmi", nell'ambito del Fla, il "Festival di libri e altre cose". Incalzato dalle domande di Luca Sofri, alla fine il presidente del Senato si è lasciato andare a qualche digressione rispetto al tema iniziale, ammettendo di aver voglia di fare politica, ma solo se ci sono le condizioni. Dopo le vicende che lo hanno visto protagonista nelle ultime settimane, e il "divorzio" dal Partito democratico che ha imposto il voto di fiducia sulla nuova legge elettorale, Grasso si è detto «in fase di ascolto. Il Pd», ha aggiunto al termine della lunga intervista, nel corso della quale ha ripercorso i difficili anni a Palermo, quelli del maxi-processo alla mafia e dell'amicizia con Falcone e Borsellino, «era quello del bene comune. Era quello di Bersani insieme a Sel, quello dei principi e dei valori che un ragazzo di sinistra aveva incarnato e tenuto compressi per tutta la vita, considerato il suo ruolo istituzionale. Compressi prima come magistrato, che non può farsi influenzare dalle proprie idee politiche, e poi dal ruolo istituzionale di presidente del Senato. Ora vediamo se finalmente alla bellissima età che ho raggiunto posso riuscire a esprimere me stesso». Il presidente ha ricordato l'incontro con Pierluigi Bersani, allora segretario del Pd, che gli propose di occuparsi di politica. «Posi subito due condizioni», ha sottolineato davanti alla platea: «La prima era che non avrei accettato alcuna candidatura in Sicilia, la seconda che mi sarei dimesso dal ruolo di magistrato». Poi la telefonata, con la quale Bersani gli comunicava che avrebbero voluto candidarlo alla presidenza del Senato. «La ricerca della verità è sempre stato l'obiettivo principale della mia vita, la priorità, come magistrato. Nel momento in cui mi sono spostato in politica non ho perso di vista i miei obiettivi di legalità e giustizia. Nel mio primo discorso da presidente del Senato dissi che avrei voluto che si facesse una Commissione su tutte le stragi e tutte le mafie, che potesse collegare tutto. Il mio appello non fu accolto, si fece la solita Commissione antimafia». Quella sorta di super commissione, confessa Grasso, «è una cosa che farei ancora oggi, perché non sono venute meno le esigenze di verità. Lo dobbiamo ai cittadini, alle vittime, e anche al futuro da costruire. Non si costruisce un futuro se non si conosce la verità del passato». E a proposito di verità, secondo il presidente del Senato, sulle stragi di mafia che hanno insanguinato la sua Sicilia, forse non è stata ancora scritta la parola fine. «Mai smettere di fare domande per cercare la verità. Dobbiamo prendere spunto da tutti quei brandelli di verità, da quelle che io chiamo intuizioni laceranti, che ci lasciano intravedere la verità senza poterla dimostrare». Il pensiero, inevitabilmente, va alle stragi di Capaci e di via D'Amelio, dove persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre alle rispettive scorte, e all'uccisione del capo dell'ufficio istruzione di Palermo, il giudice Rocco Chinnici. «Falcone e Borsellino non erano eroi», ha concluso, ma persone da prendere a esempio perché vanno considerati anche sotto il lato umano: erano persone con alto senso del dovere e delle istituzioni, ed è questo il motivo per cui devono essere presi a esempio».

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