ROMA Il 17esimo sciopero dei mezzi in 10 mesi indetto, sempre di venerdì, da microsigle sindacali ha gettato nel caos Roma mentre a Milano le linee di trasporto hanno funzionato regolarmente. Disagi sono stati registrati anche a Torino e Napoli, le cui aziende municipalizzate sono vicine al fallimento mentre a Venezia, dove gli iscritti ai sindacati che avevano indetto lo sciopero erano 3 (tre), la rivolta dei turisti ha fatto scattare la precettazione del prefetto.
Lo sciopero, insomma, ha gettato altro sale sulle ferite di un modello di business, come quello dei trasporti municipalizzati, che è arrivato al capolinea. Inoltre, in attesa che il Garante dei servizi, come anticipato dal Messaggero, imponga lunghi periodi di tregua fra uno sciopero e l'altro, la Capitale si è distinta per l'ennesima giornata di giganteschi disagi inflitti da pochi autisti e macchinisti (l'adesione è stata del 27%) a milioni di cittadini e turisti.
Perché lo sciopero di microsindacati ha funzionato a Roma ed è stato rigettato a Milano? A rendere incandescente il clima dentro la più grande partecipata dei trasporti del Paese, è il concordato preventivo dell'Atac chiesto al Tribunale fallimentare a inizio settembre; è la mossa della giunta M5S di Roma per provare a risanare un debito da 1,3 miliardi di euro. La vigilanza dei magistrati che coordinano il concordato sta mettendo a nudo una sfilza di privilegi acquisiti dai 12mila dipendenti dell'Atac. Privilegi che l'azienda, oggi, non è più in grado di sopportare.
MODELLO IN COMA
Ecco perché ai conducenti è stato chiesto di lavorare quanto i colleghi nel resto d'Italia. Il contratto nazionale degli autoferrotranvieri, infatti, prevede 39 ore di lavoro settimanali e solo grazie a un generoso accordo interno, finora, i dipendenti dell'Atac hanno potuto lavorarne 37. Ora, considerato che l'azienda è a un passo dal default, i lavoratori dovranno rinunciare a questo sconto.
Ma apriti cielo, «blocchiamo Roma», è stata la risposta delle corporazioni, soprattutto dei mini-sindacati con poche centinaia di tesserati che però stanno acquisendo consensi considerato che i confederali hanno firmato una pre-intesa col Campidoglio a favore del concordato. Perché a Roma non si può lavorare come nel resto del Paese? Perché qui ci sono «criticità relative al traffico», si legge in un volantino firmato dalle tre mini-sigle che hanno proclamato lo sciopero di ieri.
Si tratta di sindacati che rappresentano appena il 6% dei dipendenti di Atac (circa 700 tesserati) ma ben radicati tra i macchinisti della metropolitana, dove basta che un centinaio di conducenti incroci le braccia per fermare tutto. Proprio loro, i macchinisti della metro, sono i più inferociti contro l'ipotesi del concordato. Perché dovranno strisciare il badge all'interno delle cabine di guida, anziché nei depositi, per controllare quante sono le ore di guida effettiva, che aumenteranno del 40%.
Agli autisti dei bus invece è stato chiesto di rinunciare allo strano bonus da «turno lungo», che veniva pagato in aggiunta agli straordinari.
Scelte di buon senso, eppure contestate dai dipendenti non solo con scioperi. La stessa Atac sta indagando sull'ipotesi di uno sciopero bianco. Da luglio a oggi, cioè da quando si è iniziato a parlare della procedura fallimentare, i piccoli guasti nella metro sono aumentati dal 25 al 75% del totale. E con la scusa di malfunzionamenti marginali esempio: un vetro deteriorato dal detersivo intanto si rispediscono i treni in deposito e le corse saltano a centinaia. I controlli interni hanno svelato che appena il 10% dei macchinisti è il responsabile di quasi il 50% delle segnalazioni di guasto. Sono 50 dipendenti a rallentare la metro, ogni giorno.