CITTÀ DEL VATICANO Papa Francesco, Catechismo alla mano, rispolvera i fondamentali. Eutanasia e diritto alla morte non sono contemplati dalla Chiesa che però prevede (da tempo) la possibilità di interrompere le cure se si rivelano insufficienti e sproporzionate al male da curare. In questo caso è «moralmente lecito» rinunciare all'accanimento terapeutico. Anzi. E' cosa «totalmente diversa dall'eutanasia che rimane sempre illecita, poiché si propone di interrompere la vita, procurando la morte». Ieri mattina Bergoglio ha inviato un messaggio al presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia, organizzatore di un meeting europeo sul fine vita della World Medical Association, per fare luce su uno dei temi politici più divisivi, sul quale da un decennio non si contano le battaglie dentro e fuori il Parlamento e dove è in dirittura d'arrivo una legge che include, nel testo finale, la possibilità di sospendere anche nutrizione e idratazione del malato terminale. Un aspetto sul quale il Papa però sorvola diplomaticamente. Preferisce concentrarsi su altre forme legate al fine vita, come per esempio il bisogno di non lasciare solo il malato terminale, aiutarlo nel momento del dolore e della solitudine. «Sappiamo che non possiamo accanirci inutilmente contro la morte». La riflessione papale ripercorre il Magistero. C'è il discorso di Pio XII fatto negli Anni Cinquanta ad un gruppo di anestesisti, gli atti della Congregazione della Fede. Da un punto di vista dottrinale non è una rivoluzione. Semmai stavolta la Chiesa propone un approccio meno didascalico, meno rigido. E' un diverso accento, più sfumato. Tanto che nelle parole usate non appaiono affatto le sottolineature del passato, non viene ripetuto che è obbligatorio proseguire ad ogni costo l'alimentazione e la nutrizione, che non sono da considerarsi alla stregua delle terapie mediche.
OMICIDIO Nel 1985 Papa Giovanni Paolo II affermava che, in virtù del principio della proporzionalità delle cure, si deve mantenere l'impegno terapeutico valido a «sostenere la vita dando assistenza con mezzi normali di sostegno vitale». Nutrizione e idratazione, dunque, sono mezzi ordinari e fondamentali per la conservazione dell'esistenza umana. Il cardinale Ruini, mentre infuriava il caso Englaro, affermò che toglierle ad un malato terminale equivaleva ad un «omicidio». Papa Francesco ha optato per una meditazione di carattere generale sulla proporzionalità delle cure. «L'aspetto di tale criterio prende in considerazione il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell'ammalato e consente una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all'accanimento terapeutico. Una azione che ha un significato etico completamente diverso dall'eutanasia che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte». Francesco si rende conto che nelle società democratiche argomenti delicati come il fine vita dovrebbero essere affrontati in modo costruttivo, dialogante, profondo. Non come se fossero terreno di scontro tra Guelfi e Ghibellini. Serve moderazione. Lo dice chiaro. «Bisogna essere disposti a trovare soluzioni anche normative il più possibile condivise». E spiega il perché. Da una parte ci sono le diversità etiche e religiose. Dall'altra si trova lo Stato che «non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società». Lo stile soft e conciliante del Papa potrebbe essere un assist per la legge impantanata da un decennio in Parlamento. Chissà se daranno una accelerata. Il cardinale Parolin in serata non mostrava dubbi. «Sono parole che incideranno nel dibattito politico in corso».
ELUANA In ogni caso Papa Bergoglio si lascia alle spalle quasi un decennio di polemiche feroci. Il tema del fine vita e le domande sollevate sono laceranti. In passato le vicende di Eluana, Piergiorgio Welby, Tierry Schiavo hanno fatto emergere due visioni apparentemente inconciliabili, tra la decisione di morire, di togliere l'idratazione e la nutrizione artificiali davanti a sofferenze inutili, e la visione della Chiesa contraria a qualsiasi approccio eutanasico. Nel 2006 a Welby, immobile a letto a causa della distrofia muscolare, la Chiesa negò persino il funerale religioso: «Con i suoi gesti e i suoi scritti il dottor Welby si è messo in contrasto con la dottrina cattolica», scrisse il Vicariato. E nel 2009, alla morte di Eluana per disidratazione a seguito dell'interruzione della nutrizione artificiale, i teologi parlarono di «una sentenza di morte». Con il pontificato di Francesco la sensibilità si è amplificata al dolore e, alla morte di Dj Fabo, tetraplegico e cieco, le parole pubbliche risultarono di altro tenore: «Questa tristissima vicenda deve spingerci a riflettere», disse il presidente dell'Accademia per la Vita, Paglia. «È una sconfitta grave e dolorosa per tutta la società, per tutti noi».
Biotestamento, al Senato il governo valuta la fiducia
ROMA Se fosse per Matteo Renzi e per Paolo Gentiloni, l'okay alla legge sul biotestamento sarebbe certo. Praticamente scontato. Perché il provvedimento è considerato «giusto e doveroso», soprattutto «dopo le parole del Papa». E perché sarebbe utile a comporre il difficile puzzle della coalizione di centrosinistra, visto che il sì al testamento biologico o fine vita è considerato da Giuliano Pisapia, dai Radicali e da Mdp di Pierluigi Bersani una sorta di prova d'amore. La dimostrazione che il Pd e Renzi fanno sul serio.
L'operazione è tutt'altro che semplice. Il biotestamento è fermo in Senato da oltre 7 mesi, bloccato dal veto di Alternativa popolare di Angelino Alfano e dalla minaccia di migliaia di emendamenti. In più, come afferma il capogruppo del Pd Luigi Zanda, «dobbiamo tenere conto del fattore tempo, che è molto ridotto. Ma la legge la vogliamo approvare e l'approveremo».
IL TIMING Il problema è il quando e il come. L'aula di palazzo Madama fino al 29 o 30 novembre è impegnata nell'esame della manovra economica e soltanto dopo potrebbe affrontare il testamento biologico. Ma, secondo la road-map stabilita da Renzi e da Gentiloni, prima del fine vita il Senato dovrà dire il suo sì allo Ius soli, altro provvedimento inviso ad Alternativa popolare. E di tempo ce n'è davvero poco se, com'è probabile, la legislatura si concluderà a ridosso di Natale.
«Certo, tutto sarebbe più facile se lo scioglimento del Parlamento slittasse a gennaio...», dice una fonte autorevole di palazzo Madama che segue il dossier. Renzi però resiste. Vuole andare alle elezioni a marzo e guarda con sospetto ogni ipotesi di rinvio del tutti a casa. Il momento chiave sarà la conferenza dei capigruppo in programma tra il 28 e il 29 novembre: solo allora si scoprirà se il testamento biologico verrà o meno calendarizzato.
E qui si arriva al come approvare la legge. A palazzo Madama e a palazzo Chigi si confrontano due scuole di pensiero. La prima esclude l'ipotesi di porre la fiducia. Perché a favore del provvedimento sono schierati anche i senatori cinquestelle che non voterebbero mai la fiducia al governo. E perché su un tema che «interroga le coscienze non si può procedere alla blindatura». In più, «dopo lo Ius soli, non è il caso di rifilare un altro schiaffone ad Alfano».
L'altra scuola di pensiero non prescinde invece dalla fiducia. Per due ragioni. La prima: «Se non la mettiamo il biotestamento non passerà mai, gli emendamenti l'affosserebbero». La seconda: «La fiducia, che in questo caso si potrebbe considerare tecnica», dicono a palazzo Chigi, «potrebbe essere votata da Mdp, da Ala di Verdini, mentre i senatori di Alternativa popolare per evitare la crisi e dopo la sortita di papa Francesco potrebbero uscire dall'Aula al momento del voto».
LE REAZIONI Insomma, «la partita è molto difficile». I «margini sono estremamente ridotti», allargano le braccia nell'entourage del ministro ai Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro. «Però noi ci proviamo», conferma Zanda e ripete Renzi. «Approvare il biotestamento e lo Ius soli renderebbe ancora più evidente che esiste già un centrosinistra coeso», incrocia le dita il pontiere Piero Fassino dopo l'incontro con Romano Prodi. E a favore si schierano anche i senatori a vita Elena Cattaneo, Mario Monti e Carlo Rubbia e Renzo Piano.
L'appello però cade nel vuoto. Da Alternativa popolare piovono nuovi no. Il ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin chiede «nuove modifiche» che significherebbero riportare il provvedimento legge alla Camera. E dunque affossarlo. Il coordinatore di Ap, Maurizio Lupi, invita «a leggere ciò che a detto il Pontefice fino in fondo, il suo è un rifiuto dell'accanimento terapeutico ma anche dell'eutanasia. Perciò viene confermata la mia contrarietà al biotestamento». Una linea condivisa con Silvio Berlusconi.