L'AQUILA Non accenna a placarsi la polemica sul capoluogo di Regione. Il sindaco dell'Aquila, Pierluigi Biondi, attacca a muso duro «quelli che inzuppano velenosamente il pane in questa storia e mi chiamano in causa».Di rimando, il capo dell'opposizione in consiglio comunale, Americo Di Benedetto: «Un sindaco parla della dura storia delle persone che rappresenta, non della sua personale». Mentre il consigliere regionale Pd, Pierpaolo Pietrucci, invita «a rimettere al centro la politica, dopo una settimana di scontri e provocazioni».Il clima resta rovente. «Adesso lo dico una volta per tutte», si sfoga Biondi, «nessuno mi ha mai regalato niente. Dai 20 anni in poi sono cresciuto senza il conforto di mia madre. Da ragazzo, per avere qualche lira in tasca, ho fatto lo spazzino e l'operaio, il manovale e il garzone di bottega. Ogni carica politica l'ho azzannata con i voti e con il consenso della gente». Non ci sta Biondi «a essere tirato dentro, a malo modo, nella polemica sul capoluogo. Il 6 aprile 2009», dice, «ho respirato fino in fondo l'odore della polvere e la puzza di gas, ho dovuto riconoscere fratelli e sorelle cadute, ricacciare indietro le lacrime per sembrare più forte e confortare una comunità che rischiava di scomparire. Per sette mesi ho fatto la doccia in un container e dormito in una tendopoli. Ho fatto guerra a governi di ogni colore e digiunato per reclamare i soldi per la ricostruzione», osserva Biondi, «perciò nessun ciarlatano mi venga a insegnare come si ama e si difende questa terra: lo so meglio di ognuno di voi, politicanti da strapazzo».Parole messe nero su bianco in post su facebook, che ha provocato l'immediata reazione di Di Benedetto: «La nostra città ha bisogno di rispetto e delicatezza, non di arroganza da posizione. Di rispetto, non per campanile, ma per cultura delle relazioni ed educazione storica generale. Non c'è la necessità di capi popolo (non a caso al plurale). Un sindaco», afferma Di Benedetto, «parla della dura storia delle persone che rappresenta, non della sua personale. Ascolta chi è chiamato a rappresentare che, con molta più sofferenza, avrebbe il diritto di narrare. Ho timore che si sia perso il senso delle cose, il senso civico delle cose. Non amo i depositari della verità. Non li amo, in modo particolare, quando sono chiamati a decidere le sorti di tanti, non solo le loro. Continuerò sulla mia strada: da questo momento, però, con un po' più di fermezza, quella di cui L'Aquila ha bisogno». Da Pietrucci arriva, invece, l'invito a rimettere al centro le necessità della gente. «Sul capoluogo», dice, «una maldestra provocazione partita da esponenti locali della mia parte politica è diventata il cavallo di battaglia del centrodestra pescarese. È grave quanto affermato da Lorenzo Sospiri, capogruppo di Forza Italia in Regione. Mi aspetto che il centrodestra, a tutti i suoi livelli istituzionali, si schieri contro queste posizioni eversive che offendono e umiliano la storia della nostra regione, non solo quella della comunità aquilana».Pietrucci si dice «pronto alla battaglia, ma anche alla coesione. Potrei presentare migliaia di emendamenti ostruzionistici alla legge sulla Grande Pescara, ma offro anche la ragionevolezza della politica. Torniamo assieme alla giusta impostazione che voleva vedere marciare ed essere approvati assieme i provvedimenti sull'Aquila capoluogo e la Nuova Pescara. Leggi che servono ai territori per mettere in campo, oltre che risorse aggiuntive, le funzioni e le vocazioni che la storia e lo sviluppo hanno assegnato all'Aquila e a Pescara, la prima capoluogo d'Abruzzo, riferimento storico e culturale delle aree interne, la seconda polo economico e della Costa. Un percorso che guarda alla coesione territoriale a beneficio dello sviluppo complessivo di tutta la regione».