ROMA La beffa è che mentre i tassisti battagliavano contro le app e spegnevano i motori per protesta, i turisti smanettavano sui cellulari per scaricare Uber e le applicazioni gemelle. E l'effetto, per i conducenti che ieri hanno scioperato a Roma e in altre città italiane, ha rischiato di essere l'opposto di quello sperato, perché il blocco delle auto bianche ha costretto molti a testare le soluzioni offerte dal mercato. Va detto che la serrata contro gli Ncc, cominciata ieri mattina alle 8 e proseguita fino alle 22, ha prodotto disagi a macchia di leopardo, lungo lo Stivale. In alcune città dello sciopero non si è accorto praticamente nessuno, per esempio ad Ancona, Perugia e Aosta. Tutto regolare. Hanno dovuto fare a meno dei taxi, invece, gli abitanti di Milano, Genova, Bologna, Trieste e Palermo. Disservizi marcati anche a Napoli e a Torino. La giornata peggiore, sul versante traffico e disagi, l'hanno vissuta i romani, che si sono trovati a corto di auto bianche mentre le prime due linee della metropolitana viaggiavano al rallentatore «per mancanza di treni disponibili», così ha spiegato Atac, l'azienda del trasporto pubblico della Capitale. E così alla stazione Termini gli abusivi hanno potuto fare affari indisturbati, mentre all'aeroporto di Fiumicino i passeggeri venivano indirizzati dagli addetti dell'hub verso i treni o alle auto del car sharing.
TUTTO FERMO
Nel frattempo, per tutta la giornata, cinquecento tassisti si sono radunati con le loro vetture intorno a Porta Pia, nel cuore di Roma, col risultato di paralizzare il traffico, mentre qualche autista accendeva fumogeni e faceva esplodere bombe carta, nonostante la polizia.
Il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, ieri era a Genova, dove ha incontrato una delegazione di tassisti, assicurando «ascolto e attenzione». «I tassisti hanno chiesto di tenere presente le specificità delle Regioni e dei Comuni nelle autorizzazioni, è una cosa che il nostro progetto di riforma tiene già presente», ha sottolineato Delrio. La riforma della legge quadro, in ogni caso, «va avanti», spiega il viceministro Riccardo Nencini, che da mesi segue personalmente il tavolo di trattativa con i tassisti. «Perché sarebbe colpevole non correggere una legge che risale al 1992, 25 anni fa, quando il mondo del trasporto pubblico, e non solo, era completamente diverso». Nencini ricorda «i cinque incontri, le ore e ore di riunioni». E dice: «Il governo ha accolto le proposte più significative, molte presentate congiuntamente da tassisti e Ncc: è previsto un regime differenziato per l'iscrizione al registro, da una parte quello per le cooperative, dall'altro quello a titolo oneroso per le grandi piattaforme digitali; è previsto che pagheranno le tasse in Italia; ci sono norme che non consentono il caporalato».
LA ROTTURA
L'altro giorno sembrava quasi fatta. Invece poi è saltato tutto. Il viceministro adombra «calcoli politici dietro la protesta». «Il fatto - dice - è che al tavolo delle trattativa ci sono trenta sigle, alcune hanno seguito gli incontri in costante rapporto con parlamentari dei Cinquestelle. E guarda caso, sono le più oltranziste. Ma deve essere chiaro: riformare e regolamentare è una cosa, cancellare completamente le piattaforme digitali è un'altra. Sarebbe assurdo, verremmo trascinati via da una corrente impetuosa. La storia - conclude - non si ferma».
Tra i conducenti, il fronte mostra le prime crepe. Un sindacalista della Cgil ieri è stato insultato dai dimostranti davanti alla sede del Ministero. E le Tassiste di Roma non hanno aderito all'agitazione: «Non volevamo penalizzare gli utenti - hanno spiegato - ventitré sigle sindacali ci rappresentano senza un mandato diretto, promettono le stesse cose da vent'anni».