Un equilibrio delicatissimo da conservare, consapevoli di un problema che già esiste. Che va quindi risolto, per la salute e per consentire ai laboratori del Gran Sasso di procedere con gli esperimenti, ma rispettando i protocolli richiesti dal tavolo dove siedono i soggetti pubblici coinvolti. Chiede chiarezza il vicepresidente della giunta regionale, Giovanni Lolli, dopo il servizio de Le Iene sugli esperimenti nella pancia della vetta più alta degli Appennini, che preoccupano e mobilitano un'intera comunità. «Mi spiace che Le Iene, che fanno il loro doveroso lavoro, che rispettiamo, non mi abbiano intervistato - così Giovanni Lolli ieri pomeriggio con la stampa - ma che abbiano preso un passaggio di repertorio facendomi dire una cosa contraddittoria». Il punto è se la Regione fosse o meno a conoscenza dell'esperimento che prevede l'utilizzo di una sorgente radioattiva, il Cerio 144, proveniente appunto dal combustibile radioattivo di un reattore nucleare russo.
LE AUTORIZZAZIONI «Non era pervenuta alcuna comunicazione, nonostante l'esperimento stesso fosse stato autorizzato dallo Stato mediante l'Ispra e dalla Asl che a sua volta l'aveva comunicato alla Regione» specifica il vicepresidente. Aggiungendo che la mancata autorizzazione della quale si dice nel servizio tv, era riferita invece a quella del tavolo, sorto per monitorare ciò che avviene nei laboratori: «Il fatto che nessuno abbia comunicato al tavolo l'attuazione dell'esperimento è stato un errore. Avutane conoscenza abbiamo detto agli interessati di bloccare le procedure stesse e di mettere in atto le prescrizioni aggiuntive previste nel protocollo». Netto il riconoscimento da parte di Giovanni Lolli dei problemi che persistono, da cui appunto la decisione di un controllo certosino delle attività. Problemi legati al laboratorio nonché all'autostrada, tanto da richiedere il controllo del tipo di vernice utilizzata per la segnaletica orizzontale e di quella usata per le tubazioni del laboratorio. Perché il Gran Sasso è fonte d'acqua potabile per Teramo e L'Aquila «che viene drenata dalle pareti della galleria e convogliata in un tubo di cemento che corre sotto la strada - aggiunge Lolli -. Sistema che inevitabilmente può portare a interferenze, come l'anno scorso con diclorometano e toluene finiti nell'acqua, senza però pregiudicarne la potabilità. Da qui un progetto, complesso, che rende autonomo il prelievo dell'acqua. Non finirà prima del 2019». Il laboratorio è vincolato a un protocollo, operando peraltro in zona parco e la Regione non intende lasciar correre, rassicura sempre Giovanni Lolli: «Stiamo studiando tutte le carte dell'esperimento annunciato, pronti ad attuare le procedure aggiuntive che servono a farci capire fino in fondo se ciò che accade lì è compatibile con le leggi e la salute. Anche applicando i poteri in più che hanno la Regione, il Parco e gli enti coinvolti».