Tra i reati ipotizzati dalla Procura guidata dal capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia ci sono quelli di omicidio e lesioni plurime colpose per tutta la catena dei soccorsi, che va dagli indagati della prefettura al Comune di Farindola. Per gli altri indagati sono ipotizzati anche i reati di falso e abuso edilizio. Questo l’elenco dei 23 indagati: l’amministratore unico della società che gestiva l’hotel Bruno Di Tommaso, il presidente della Provincia Antonio Di Marco, Paolo D'Incecco dirigente della Provincia del settore Viabilità; Mauro Di Blasio responsabile servizio Viabilità della Provincia, Enrico Colangeli responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Farindola; per la Regione, il direttore della Protezione civile dal 2012 al 2014 Pierluigi Caputi, il dirigente del servizio Prevenzione rischi della protezione civile dal 2013 Carlo Giovani; Vittorio Di Biase direttore del dipartimento Politiche ambientali tra il 2014 e l’aprile 2015 e il successore Emidio Primavera, Sabatino Belmaggio responsabile Rischio valanghe dal 2009 al 2013 e dal 2014 al 2016; Andrea Marrone consulente incaricato dalla società dell’hotel per adempimenti in materia di prevenzione infortuni sul lavoro; Luciano Sbaraglia geologo redattore della relazione geologica allegata alle richieste di permesso per la ristrutturazione dell’hotel; Paolo Del Rosso imprenditore allora contitolare dell’hote; Massimiliano Giancaterino, Antonio De Vico e Ilario Lacchetta sindaci di Farindola; Antonio Sorgi direttore della direzione Parchi e Ambiente della Regione , Giuseppe Gatto redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel; Giulio Honorati comandante della polizia provinciale, Tino Chiappino tecnico reperibile secondo il piano provinciale di reperibilità, l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, Leonardo Bianco capo gabinetto della Prefettura, Ida De Cesaris dirigente e coordinatrice della sala operativa di protezione civile.
Provolo si sfoga: mastico amaro. L'ex prefetto e l'avviso di garanzia: «Nessun ritardo. Questa accusa mi ferisce»
PESCARA«Rigopiano è stata la tempesta perfetta», aveva detto il prefetto Francesco Provolo prima di lasciare Pescara per il nuovo incarico a Roma, ribadendo di aver fatto tutto il possibile e precisando anche di aver cambiato tutto il suo staff dopo la tragedia del 18 gennaio. Ieri, dopo l'avviso di garanzia, l'ex prefetto di Pescara si è limitato a poche parole, ribadendo però «che tutto quello che c'era da fare è stato fatto». «La prefettura», ha dichiarato alla Rai, «si è attivata già tra il 15 e il 16, la mattina del 16 sono state attivate le prime funzioni delle attività. Ci sono riunioni, testimoni, persone che hanno partecipato a questa riunione. Il 18 gennaio c'è stato l'ampliamento di queste funzioni della protezione civile, quando si è aggravata la situazione della viabilità e dell'Enel con la luce che mancava in tantissimi punti della provincia, e si è disposto in sede di comitato per l'ordine e la sicurezza ampliato a tutti i settori della protezione civile anche l'istituzione di un posto avanzato nella zona più critica della nostra provincia, la zona vestina di cui faceva parte anche il comune di Farindola».Concetti ribaditi anche all'Ansa: «Mastico amaro», ha ribadito Provolo, « ho sempre detto che parlano le carte, i verbali. Noi abbiamo lavorato, poi se uno mi chiede se si potevano fare le cose meglio, beh, se potevamo fare qualcosa di più, insomma, tutto può accadere. Ma l'essenziale è stato fatto, quindi questa cosa un po' mi ferisce perché questa, come ho detto spesso, è una cosa che porterò sempre nel cuore».