PESCARA Arrivano alla spicciolata e i loro volti per la prima volta sono sorridenti. Sono i familiari del Comitato vittime di Rigopiano che nel primo pomeriggio di ieri, appena saputa la notizia dei 23 indagati per la morte dei loro cari, 29 persone tra dipendenti e ospiti dell'hotel Rigopiano, si sono dati appuntamento davanti alla Procura. Lì dove, poco più di un mese fa erano andati a chiedere certezze.
IL SOPRAVVISSUTO. «Oggi è una bella giornata», dice Giampaolo Matrone sopravvissuto alla valanga ma rimasto vedovo e invalido per quel disastro, «appena l'ho saputo, ho mollato la fisioterapia alla mano destra e sono corso a Pescara: durante il tragitto in macchina mi sono scese lacrime, ma di gioia», sottolinea il pasticciere di Monterotondo, che ringrazia di cuore la Procura «per l'ottimo lavoro che sta svolgendo. All'appello manca ancora qualcuno», rimarca Matrone come gran parte degli altri familiari, «ma so che ci saranno a breve altre clamorose novità». Poi un riferimento all'ex prefetto Provolo che l'aveva segnalato alla Procura per la sua incursione a sorpresa nella stanza della funzionaria che non aveva creduto all'allarme del 18 gennaio: «C'è anche lui tra gli indagati, colui che mi aveva detto di avere la coscienza pulita e che ero vivo grazie a lui. Ma adesso pretendo le dimissioni di queste persone, che sono anche figure apicali di enti pubblici, dirigono uffici e dipartimenti che hanno anche a che fare con la sicurezza pubblica».
IL COMITATO. Parla di dimissioni anche Gianluca Tanda, fratello di Marco e portavoce del Comitato vittime, «sono accuse tutte da dimostrare ma intanto chi è indagato e riveste ruoli importanti deve dimettersi visto che sarà impegnato a difendersi». «Forse è una bella giornata questa» affermano Angela Spezialetti e Mariangela Di Biase, mamme di Cecilia e Ilaria, «piano piano ci avviciniamo a quello che stiamo chiedendo da tempo, ma manca ancora qualcuno per dire che abbiamo avuto giustizia». «Le responsabilità non potevano finire ai primi sei indagati», commenta Mario Tinari, papà di Jessica, «i responsabili di questa tragedia sono tanti perché tanti non hanno svolto il loro compito in maniera ottimale. Ma per quelli che saranno ritenuti colpevoli chiedo che siano mandati via per non aver saputo assolvere al proprio ruolo. Perché il dolore che stiamo passando non lo auguro a nessuno». «Sono usciti i nomi che faccio da quando ancora aspettavo mio figlio Stefano in ospedale», racconta Alessio Feniello affiancato dalla moglie Maria, «ma manca all'appello ancora qualcuno, qualcuno che chi mi conosce sa come lo chiamo. Ma che alla fine uscirà, ne sono certo. Intanto però il ministro Minniti, al quale ho già scritto, mi deve spiegare perché ha messo il prefetto a capo di ufficio prestigioso come quello dei vigili del fuoco».«Erano nomi che ci aspettavamo e che chiedevamo dall'inizio», aggiunge Marco Foresta che a Rigopiano ha perso la madre Bianca e il padre Tobia.
L'EX SINDACO. Nella doppia veste di familiare e indagato è Massimiliano Giancaterino, ex sindaco di Farindola negli anni della ristrutturazione dell'hotel Rigopiano e fratello di Alessandro, capo cameriere del resort: «La mia posizione non è affatto piacevole, sotto la valanga ho perso mio fratello e tanti amici, ma ribadisco la mia posizione iniziale, la mia coscienza è a posto, confido nella giustizia e mi metto a disposizione. Le responsabilità verranno fuori».
IL SINDACO. «Prendiamo atto con soddisfazione che il campo d'indagine sulle responsabilità per la tragedia sia stato esteso ai vertici della Regione Abruzzo», commentano per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e il tecnico Enrico Colangeli gli avvocati Valentini, Tatozzi e Massimo Manieri, «siamo certi che questo contribuirà alla scoperta della verità»
IL PRESIDENTE. «Prendo atto dell'intenso lavoro di indagine degli inquirenti», commenta il presidente della Provincia Antonio Di Marco, «ritengo inopportuno ogni altro commento per ossequio alla magistratura e considerazione alla disgrazia».
IL CUOCO MARCELLA. «È giusto che venga fuori la verità, non potevano essere solo poche persone, delle colpe sicuramente ci sono», commenta Quintino Marcella che dopo la disperata segnalazione di Giampiero Parete chiamò ripetutamente i soccorsi.