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Data: 27/11/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il nuovo predellino di Silvio tra battute antiche e show in tv

ROMA Il sorriso smagliante, il gesto del braccio a scandire le parole con un fascio di carte in mano, il timbro della voce da Cavaliere del '94 all'attacco della gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto, reincarnato nel «faccino pulito del front-man grillino Luigi Di Maio», uno che si è iscritto a Legge «e ha fallito, a Ingegneria e ha fallito, ha fatto solo lo steward al San Paolo per vedere gratis le partite del Napoli». È un Silvio Berlusconi rigenerato e in gran forma quello intervistato prima da Alessandro Sallusti alla Contro-Leopolda, la sera da Fabio Fazio a Che tempo che fa.
L'IMMAGINE
Un'immagine di serietà e ottimismo. Senza livore. Punta a far sognare, far credere in lui: «Sono un giovanotto, intellettualmente e fisicamente. L'età anagrafica non dice il vero, l'età vera è la condizione dello spirito, il sentire dell'anima. Io mi sento quarant'anni e mi comporto da quarantenne, fatelo anche voi». Già, ma come troverà i fondi per mantenere le promesse di assegni alle famiglie o pagare le spese del veterinario agli anziani poveri senz'altra compagnia che Fido? «Finora ho messo le mani in tasca e i soldi li ho trovati», ride. Orgoglioso di essere ricco per bravura. Perciò credibile. A Fazio fa il racconto struggente di quand'era bambino col padre militare riparato in Svizzera per sfuggire ai nazisti e lui che aiuta mamma Rosa a mandare avanti la famiglia.
Ancora battute per tratteggiare l'avversario, Di Maio: «È una meteorina». Tra lui e Renzi chi voterebbe? Scientemente Berlusconi non pronuncia mai il nome di Matteo. Parla di sé stesso, di quello che ha fatto: «Io portai Draghi alla presidenza della Bce, loro erano assenti quando si è votato il trasferimento dell'Agenzia del Farmaco». Anche se su questo punto Fazio lo corregge. Con Sallusti mescola il gesto dell'ombrello e l'esibizione del dito medio, e cita la madre che lo ha sempre incoraggiato: «Ti mostrano il dito, figlio mio? Significa che sei il numero uno». Il capitolo doloroso della «persecuzione» giudiziaria e divieto alla candidatura viene sdrammatizzato e si fa boutade. «Sono abituato a essere interrogato dai Pm, figuriamoci dal direttore di un giornale amico».
IL GIOCO
Gioca al gioco che faceva con l'ex fido Paolo Bonaiuti («Paolino mi ha detto di non dire che... ma io lo dico»). Racconta d'essersi sostituito alle banche nel prestar denaro a un 30enne sardo che si era dato fuoco a Arcore, e a un ragazzo di Forza Italia per aprire un ristorante a Roma. «Ho posto delle condizioni: l'inno nazionale, tre tavoli uno bianco uno rosso uno verde, menù tricolore patriottico, cameriere in gonna rossa, camicia bianca e fazzoletto verde. E naturalmente il casting alle cameriere lo faccio io, sono birichino». Galanterie o vanterie per lui irresistibili. «L'ho detto per fare un po' star male Mara Carfagna in prima fila: lei è rigidissima, le ho pure promesso di non fare più questo tipo di battute ma sono un birichino, non ce la faccio». Dice che toccherà tutte le regioni d'Italia.
Rispolvera le parole-chiave. Ai missionari della libertà sostituisce i «missionari del benessere», mentre conferma l'obiettivo della «rivoluzione liberale». C'è ancora tempo per provarci: «Chi ci crede vince! Chi ci crede supera gli ostacoli! Chi combatte vince!». E' cambiato solo il nemico: non sono più «i comunisti». Questa è la volta dei Cinquestelle.

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