L’AQUILA - “A chi rideva mentre eravamo sotto la slavina, a chi ha mandato le turbine ovunque tranne che a Rigopiano, a chi ha detto che, quel 18 gennaio, dall’hotel non dovevamo rompere il c., vorrei far passare un’ora sotto le macerie, un’ora sola delle 62 che ci ho passato io. La verità deve venire fuori, si devono dimettere tutti”.
Sono durissime le parole che affida ad AbruzzoWeb Giampaolo Matrone, pasticcere di Monterotondo (Roma) tirato fuori dopo quasi 70 ore dalle macerie dell’albergo che l’avevano sepolto vivo, commentando i nuovi sviluppi, sia investigativi che mediatici, delle inchieste giudiziarie legate alla tragedia di Rigopiano, alla slavina causata da neve e terremoto che il 18 gennaio scorso ha causato 29 vittime, tra cui sua moglie Valentina.
“Loro, gli indagati, il Natale lo vivranno bene, invece noi lo viviamo con tante persone in meno, mia figlia lo vivrà senza sua mamma. Devono pagare, devono avere la vita rovinata come l’abbiamo avuta noi - si sfoga - Rigopiano è la guerra della mia vita, il primo pensiero quando mi sveglio e l’ultimo quando vado a dormire”.
Matrone torna a battere il tasto su quel “livello politico” che, secondo lui e gli altri familiari, manca ancora all’appello dei 23 indagati nell’inchiesta della procura della Repubblica di Pescara sul crollo, che ha coinvolto funzionari, tecnici e imprenditori, e l’ex prefetto pescarese Francesco Provolo, “credo sia il primo o il secondo caso nella storia d’Italia”.
“Tra gli indagati mancano comunque ancora tante persone, tra cui il presidente della Regione, visto che ha mandato lui le turbine a pulire delle zon vicino casa sua, mentre noi eravamo lì ad aspettare la morte”, sbotta Matrone.
In riferimento è alle intercettazioni contenute in un’informativa dei Carabinieri del Nucleo operativo ecologico, diffuse da AbruzzoWeb, in base alle quali vengono citati, ma non indagati, il governatore, Luciano D’Alfonso, e il suo ex segretario, Claudio Ruffini, trovando “elementi interessanti sul piano investigativo” su come hanno gestito e coordinato nel complesso l’emergenza maltempo nei giorni precedenti e seguenti.
“Ho letto anche le risate di quelli della Provincia”, aggiunge rabbioso Matrone in riferimento all’altra notizia di giornata, le battute scambiate qualche ora prima della slavina tra il dipendente dell’Anas Carmine Ricca e il responsabile del settore viabilità della Provincia, Paolo D’Incecco, quest’ultimo indagato che ride della battuta del suo interlocutore: “Se dobbiamo liberare la Spa, al limite ci andiamo a fare pure il bagno!”.
“Vorrei vedere se hanno il coraggio, ora, di guardare me e tutti i genitori negli occhi - risponde - Vengano quando vogliono loro, vengano a dircelo in faccia, poi glielo facciamo fare noi il bagno”.
D’Incecco, tra l’altro, “siamo andati a trovarlo in Provincia e ci hanno detto che era fuori, ma in realtà si era chiuso dentro. Ma ritorneremo da lui e da tutti - è la promessa - Si devono dimettere domani stesso o qualcuno li deve rimuovere dagli incarichi che ricoprono: non devono mai più prendere un euro, perché noi abbiamo la vita rovinata e devono averla anche loro”.
I dettagli contenuti negli articoli di stampa che si stanno affastellando uno sull’altro, confessa Matrone, “fanno male, perché sono altri colpi al cuore, ma è giusto che escano per far uscire fuori la verità. Certo, tra gli enti nessuno incolpi l’altro per discolparsi egli stesso - avverte - gli indagati devono essere di più, non di meno perché le responsabilità sono tante e c’entrano tutti gli enti ognuno per la sua parte: Comune, Provincia, Regione e Prefettura”.
Matrone non ha timore di parlare anche di un caso che di recente ha scosso l’opinione pubblica abruzzese, il suicidio dell’ex generale dei carabinieri forestali Guido Conti per cause tutte da chiarire.
“Non sappiamo se c’entra o meno con Rigopiano, so che c’è una terza lettera sparita tra quelle che ha scritto, speriamo sia indirizzata a noi e l’aspettiamo a braccia aperte - dice Matrone - Gli altri indagati, comunque, non devono fare come lui perché sarebbe da codardi. Per loro la sistemazione più giusta è la galera, queste persone le voglio vive, le voglio poter guardare in faccia nei processi e affondare sotto tutti i punti di vista”.