ROMA «Le dimissioni dal Pd sono nate da un'esigenza interiore. Poi mi hanno offerto seggi sicuri, mi hanno chiesto di fermarmi un giro, di fare la riserva della Repubblica. Mi dispiace, questi calcoli non fanno per me». Si presenta così, Pietro Grasso. È il giorno della sua discesa in campo, davanti a una platea gremita che lo acclama leader tra standing ovation e applausi scroscianti. «Io ci sono!», esclama. E tiene a battesimo la nuova «cosa» della sinistra. «Liberi e uguali», il nome lo ripete tre volte sul finale, commosso. La lista che sfiderà la coalizione a trazione Pd, la destra e il M5s, nasce dalla fusione di Mdp, Si e Possibile, ma non sarà solo «rossa», promette il presidente del Senato. «Il nostro è un progetto più grande» che ambisce a raccogliere «l'unico voto veramente utile», quello della «metà d'Italia che non vota». All'Atlantico di Roma affluiscono «cinquemila persone», molti restano fuori. Nessuna scenografia, solo tre vele colorate. Sfilano i «big» della sinistra, ma nessuno di loro ha un posto in prima fila: Pier Luigi Bersani che sventola «la bandiera dei valori», Nichi Vendola, Antonio Bassolino, Vincenzo Visco, Guglielmo Epifani. Massimo D'Alema scommette su un «10% ora più vicino», respinge «l'inutile piagnisteo di appelli all'unità tardivi e contraddittori, visto che - rimarca -ci avevano detto che eravamo irrilevanti». E (dopo una stoccata a De Benedetti: «Non ho interesse per lui, non avendo io insider trading»), assicura che il nuovo soggetto è di sinistra ma va oltre. In sala ci sono il cattolico Enzo Carra e la leader della Cgil Susanna Camusso. In prima fila, i tre «ragazzi» Roberto Speranza, Nicola Fratoianni e Pippo Civati, segretari dei partiti fondatori. Sul palco fanno staffetta rappresentanti della società civile e i tre giovani leader. «Renzi e Berlusconi, facce della stessa medaglia, stanno allestendo coalizioni da incubo. Pisapia, dove campo vai?», gioca con le parole Civati, che lancia un appello a quelli del Brancaccio e ai promotori del «no» al referendum di un anno fa. «Il Pd ha demolito cattolicesimo democratico e sinistra», attacca Fratoianni. E Speranza, che già scommette sulla nascita di un partito dopo la lista elettorale, tira la volata a Grasso: «Se tu sei con noi, siamo dalla parte giusta». Il presidente del Senato, accompagnato dalla moglie Maria, sale sul palco schivo: «È un'emozione grande». In un discorso lungo mezz'ora, parla alla «base» e a chi vorrebbe includere nel soggetto «largo e aperto» («Società civile, sinistra, cattolici, democratici e progressisti»). Dice «sinistra» una sola volta. Disegna una proposta di «radicale cambiamento e discontinuità», «senza rancori o nostalgie». Ma, in ossequio al proprio ruolo istituzionale, evita attacchi agli avversari. Ricorda la propria storia di lotta alla mafia e promette di battersi per i «valori». Ma aggiunge che «mai» si farà «scudo del passato». Non sarà, promette, «un uomo solo al comando circondato da yes man». A giorni sarà svelato il simbolo, poi, tra metà dicembre e gennaio, un programma «partecipato» fatto «con i migliori». I Pisapiani e il Pd accolgono la discesa in campo di Grasso con un gelido silenzio: c'è «amarezza», spiegano, per chi «decide di dividere il centrosinistra» ma «nessun rancore».