ROMA Licenziamento più facile nella pubblica amministrazione per chi si renda responsabile di molestie sessuali gravi. Ma anche congedi e possibilità di trasferimento per le lavoratrici inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere. Il tema delicato delle molestie entra nel contratto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni centrali dello Stato, ormai in dirittura finale. O meglio l'attenzione a questa problematica, già presente nel contratto attualmente in vigore e non rinnovato da molti anni, viene sensibilmente rafforzata nella bozza in discussione tra sindacati e Aran (l'agenzia pubblica che si occupa della contrattazione).
Attualmente infatti è prevista in caso di «atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona» la sanzione della sospensione fino a 10 giorni, che poi nelle situazioni più gravi può aumentare fino ad arrivare al licenziamento se c'è la recidiva. Con il nuovo testo invece ci sarà subito la sospensione fino a sei mesi per comportamenti o molestie a carattere sessuale, e il licenziamento per quelli di particolare gravità. E potrà essere licenziato anche il dipendente che si renda responsabile di molestie non gravi, se recidivo. Si tratta dunque di una stretta, accompagnata da misure di tutela per le dipendenti vittime di violenza. Quelle inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere avranno diritto ad un congedo fino a tre mesi coperto da contribuzione figurativa, con trattamento economico analogo a quello della maternità. Inoltre le lavoratrici potranno optare per l'orario a tempo parziale e saranno favorite nel caso vogliano essere trasferite in un'altra amministrazione pubblica, in un Comune diverso da quello di residenza.
Un'altra stretta rispetto alle norme esistenti riguarda i regali fatti ai dipendenti pubblici e altre situazioni di conflitto di interesse. Di fatto viene recepito il codice di comportamento del 2013, voluto dall'allora governo Monti: in presenza di doni che superino il valore modico fissato a 150 euro, ottenuti in cambio di favori ad una controparte, scatterà il licenziamento. E la stessa regola vale in casi simili, come quello in cui si danno appalti ad imprese con cui esistono rapporti personali, oppure si fa pressione sui colleghi perché aderiscano a determinate organizzazioni.
LA DISCUSSIONE Al centro della discussione, che entrerà nel vivo nell'incontro in programma per domani all'Aran, ci sono anche ulteriori tutele. Ad esempio per i contratti a termine (è prevista una percentuale massima e scatteranno maggiori garanzie ad esempio su ferie e formazione). In materia di orario, ci sarà più flessibilità per i dipendenti che si trovano in particolari situazioni personali e diventerà possibile lavorare in alcuni periodi oltre l'orario (ad esempio 42 ore) ed in altri meno (ad esempio 30). Inoltre saranno definite le ferie solidali, ovvero la loro cessione gratuita ad altri lavoratori che ne hanno bisogno per assistere i figli minori.
Una volta chiusa la parte normativa verrà messa a punto nei dettagli quella economica. La ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia auspica di poter chiudere entro l'anno, ma ci potrebbe essere uno slittamento al 2018, comunque non oltre il termine effettivo della legislatura, ovvero il voto per le elezioni politiche. Il contratto dei dipendenti della pubblica amministrazione centrale comprende i ministeri, le agenzie fiscali ed altri enti pubblici: in tutto circa 247 mila persone. In base alla recente ridefinizione dei comparti, gli altri contratti da chiudere sono poi quelli delle Funzioni locali (Regioni e Comuni), dell'Istruzione de della ricerca e della sanità. A parte c'è poi la sicurezza, che(forze armate e corpi di polizia) che a rigore non è un settore contrattualizzato: l'intesa sul rinnovo dovrà essere recepita dal governo con un apposito provvedimento.