ROMA La manovra deve ancora iniziare ufficialmente il suo iter alla Camera e già si apre un nuovo fronte lavoro. Ad andare in pressing sono componenti della stessa maggioranza, che chiedono di rendere più costosi i licenziamenti e che potrebbero trovare il sostegno sia del Campo progressista di Giuliano Pisapia sia dalle opposizioni a sinistra, compresa Mdp. Il passaggio a Montecitorio, insomma, dovrà fare i conti non solo con le poche risorse, appena 64 milioni nel 2018, a disposizioni per le modifiche, dopo che il Senato ha prosciugato quasi tutto il fondo per le spese indifferibili, ma anche alle schermaglie dell'imminente campagna elettorale, che potrebbe avere tra i temi caldi appunto il tagliando al Jobs Act ma anche le pensioni. Sul fronte previdenziale resta intanto da completare il lavoro di Palazzo Madama, che ha recepito solo in parte le novità del confronto tra governo e sindacati. All'appello manca ancora l'ampliamento della platea, e la potenziale proroga, dell'Ape social, legata però all'esito della ricognizione sull'anticipo pensionistico a carico dello Stato in corso in queste ore, che dovrebbe quantificare i fondi non spesi finora da riutilizzare per portare da 11 a 15 le categorie di lavori gravosi che possono accedere, le stesse esonerate dall'aumento dell'età a 67 anni. Le cifre circolate finora parlano di 150-200 milioni a disposizione, che dovrebbero servire a rafforzare anche la cosiddetta Ape rosa, i mesi di sconto per l'uscita delle mamme. Il pressing, portato avanti dalla commissione Lavoro di Montecitorio, guidata da Cesare Damiano, punta soprattutto però a rendere più costosi i licenziamenti, portando da 4 a 8 mensilità l'indennità minima in caso di licenziamento individuale. La partita sarà comunque tutta da giocare, visto che sul tema c'è già anche un'altra proposta, del governo e illustrata dallo stesso consigliere economico di Palazzo Chigi Marco Leonardi, che guarda invece ai contratti a termine, per ridurne la durata da 36 a 24 mesi tagliando anche i possibili rinnovi (attualmente 5).Se questo capitolo è squisitamente politico e non ha costi a carico dei conti pubblici, risorse saranno invece necessarie per le altre ulteriori correzioni alla legge di Bilancio indicate dai deputati. Per la riduzione del superticket sono stati infatti trovati al momento solo 60 milioni di euro, cifra giudicata insufficiente da Mdp, mentre gli stanziamenti disponibili per le politiche familiari hanno sì permesso di rinnovare l'assegno per i nuovi nati, ma in versione mini.Ristabilire l'incentivo nella sua versione originale sarebbe infatti costato 185 milioni nel 2018 (fondi interamente trovati facendo ricorso a 100 milioni del Fondo famiglia e a 85 milioni del fondo spese indifferibili) ma oltre 400 milioni nel 2019 e 2020. Per questo si è deciso di prorogarlo solo per un anno di vita del bambino e con assegno dimezzato a partire dal 2019, riducendo i costi rispettivamente a 135 e 101,5 milioni.Tra le possibili misure da finanziare, e di cui si è già parlato al Senato, potrebbero rientrare inoltre ulteriori interventi per la famiglia, agendo sui limiti di reddito entro cui i figli restano a carico dei genitori.Rimasta fuori dagli interventi di Palazzo Madama potrebbe rispuntare anche l'idea di estendere agli affitti commerciali la cedolare secca, limitando magari il campo alle botteghe del centro storico e riducendo in questo modo i costi iniziali a circa 30 milioni di euro.