«Chi assiste un familiare disabile di notte ha poi il diritto di riposarsi ». Questo il tenore dell’inedito stop che la Cassazione ha dato alla Sevel di Atessa con la sentenza 29062 in materia di licenziamenti per presunti abusi della legge 104 per l’assistenza ai familiari. Dopo tante vittorie ottenute in altri casi di licenziamento il colosso industriale della Val di Sangro, produttrice dei furgoni Ducato, ottiene dalla stessa Cassazione una sentenza sfavorevole che diventa un importante precedente giurisprudenziale. Di conseguenza l’operaio è stato reintegrato. Difatti i giudici hanno dato ragione a Franco S., di Gessopalena, difeso dall’avvocato Angelo Manzi, il quale era stato licenziato nel giugno 2013 perché gli investigatori aziendali lo avevano trovato a Gessopalena invece che a Lanciano dove doveva assistere la madre malata di Alzheimer, e per tale motivo aveva trasferito la sua residenza. LA LEGGE «La legge sui congedi straordinari retribuiti per assistere un familiare convivente con grave disabilità - dice la Cassazione - non prevede orari per l’assistenza, basta essere presenti anche solo di notte. Perché chi assiste ha diritto a spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita e di riposo. Il lavoratore ha diritto a riposarsi e non compie nessuna irregolarità se concentra la sua assistenza nelle ore notturne e poi di giorno si fa aiutare da altre persone». Difatti Franco stava con sua madre solo di notte perché, si è difeso l’operaio, convincendo gli “ermellini” «aveva manifestato tendenza alla fuga, insonnia notturna e tratti di ipersonnia diurna, per cui c’era per lui la necessità di restare sveglio tutta la notte per evitare possibili fughe che già in passato si erano verificate ». Sevel l’aveva licenziato per motivi disciplinari evidenziando invece che «l’assistenza, per essere adeguata, avrebbe dovuto essere prestata in via principale e privilegiata dal dipendente in concedo per due anni e solo in via residuale da altre persone». La Cassazione ha tenuto ben da conto i problemi creati da malattie degenerative come l’Alzheimer spiazzando le obiezioni della Sevel che ha insistito per licenziare il dipendente sostenendo che «durante le giornate di accertamento investigativo si era dedicato ad attività di interesse personale interesse e non risultava aver assistito la madre disabile». La clamorosa sentenza viene salutata positivamente da Nicola Manzi, segretario provinciale Chieti-Pescara della Uilm-Uil, che dice «finora non c’erano regole. La Cassazione ha finalmente fatto un distinguo tra abusi dei permessi e il diritto. E ha prevalso il diritto del lavoratore che utilizza la 104 nel rispetto della legge. I giudici hanno posto un freno su un fenomeno che andava verso la deriva, ponendo in questo modo un limite invalicabile. Gli abusi vanno puniti – aggiunge Manzi - ma non il diritto esercitato correttamente. La 104 è nata per tutelare le persone che hanno gravi disagi di vita. L’ innovativa sentenza vale per tutti». Il licenziamento di Franco fu dichiarato illegittimo dal tribunale di Lanciano nel 2015, poi la Corte d’Appello dell’Aquila escluse il diritto alla reintegra e condannò Sevel al solo pagamento di 15 mensilità. La Cassazione ora chiude ed esclude l’illecito disciplinare ».