PESCARA «Se solo avessi avuto il minimo sospetto dell'esistenza di un pericolo valanghe in quella zona, mai ci avrei mandato a lavorare mio fratello, rimasto sotto le macerie. Nessuno ci aveva mai detto che lì ci poteva essere un rischio valanghe». Massimiliano Giancaterino, ex sindaco di Farindola, ieri è stato l'unico indagato che ha risposto alle domande dei magistrati che si occupano della tragedia dell'hotel Rigopiano, spazzato via il 18 gennaio scorso da una valanga che fece 29 morti e 11 feriti. Assistito dall'avvocato Vincenzo Di Girolamo, Giancaterino ha risposto a tutte le domande del procuratore Serpi e del sostituto Papalia. «Per me - aveva detto prima di sottoporsi all'interrogatorio - è una doppia tragedia (riferendosi al fatto di aver perso il fratello nel crollo dell'hotel ndr). Confido nella magistratura e che si arrivi ad una definizione delle responsabilità. Rifiuto la caccia alle streghe».
Due, in sostanza, le contestazioni che gli vengono mosse: la mancata attuazione del piano regolatore e di non aver convocato la commissione valanghe dal 2005. E lui ha fornito le sue spiegazioni a riguardo. «Sul quel territorio - ha detto ai magistrati - c'era la competenza della forestale di Assergi che, quando ravvisava una situazione di criticità, mandava il bollettino Meteomont alla prefettura che mandava una nota formale ai Comuni interessati per la convocazione della commissione. Ma dal 2005 la prefettura non ci ha più sollecitato niente. Forse perché non c'erano emergenze in quel periodo, ma in ogni caso tutto andava fatto su impulso della prefettura. Negli atti del procedimento c'è una nota della prefettura indirizzata ai Comuni, ma riguarda la zona della Maiella, non la nostra».
PIANO REGOLATORE
Per quanto riguarda il piano regolatore Giancaterino ha sottolineato che non venne adottato in quanto c'era battaglia politica e lui voleva un atto che fosse condiviso da tutte le forze politiche. Ha parlato anche della relazione del geologo Angelo Iezzi (citata nel capo di imputazione che lo riguarda) che però, a suo dire, negli ultimi 50 anni aveva evidenziato soltanto eventuali problemi sopra i 1600/2000 metri e semmai problemi alla sola viabilità «per cui - ha detto - con il prg non avremmo mai potuto inserire soluzioni per scongiurare quello che è accaduto». Giancaterino ha parlato per circa due ore fornendo, secondo il suo difensore, spiegazioni più che valide relativamente alla sua posizione e alle contestazioni che gli vengono mosse. Come anticipato, invece, né il sindaco Ilario Lacchetta, né il tecnico comunale Enrico Colangeli, si sono presentati in procura. I loro difensori, Cristiana Valentini e Goffredo Tatozzi, avevano fatto pervenire ai magistrati una nota con la quale spiegavano che avevano bisogno di altro tempo per completare la loro indagine difensiva e mettere i loro assistiti nelle condizioni di presentarsi davanti ai magistrati «con il corredo delle prove a supporto delle affermazioni che potranno spendere».
Secondo i due legali, l'ulteriore documentazione, della quale sono entrati in possesso con molto ritardo, «denota con chiarezza l'esistenza di un livello ulteriore di responsabilità regionali, rispetto a quelle sin qui indagate». Il riferimento è alle presunte responsabilità che secondo loro sarebbero emerse, «relativamente all'approntamento dei Pce Comunali, al ruolo della società Abruzzo Engineering e di nuovo dei competenti uffici regionali di protezione civile». Gli interrogatori riprenderanno martedì prossimo quando in procura dovranno presentarsi l'ex sindaco di Farindola, Antonio De Vico, e gli indagati della Regione: Sabatino Belmaggio, Pierluigi Caputi, Vittorio Di Biase, Carlo Giovani e ed Emidio Primavera.