ROMA C'era da aspettarselo. In una campagna elettorale tutta giocata su temi settoriali e senza prospettive strategiche è violentemente tornato a galla l'argomento delle pensioni d'oro. A lanciare per primo il sasso è stato il leader dei 5Stelle, Luigi Di Maio, che in una intervista a Radioanch'io, sulla Rai, ha stimato in 12 miliardi i risparmi ottenibili sulle pensioni d'oro. Un tesoretto da utilizzare, a suo dire, per cancellare l'odiata legge Fornero sulle pensioni. Ai dubbi espressi dal giornalista che lo intervistava Di Maio ha risposto secco: «Si, sono 12 miliardi, veda bene».
Già, ma da quale soglia di reddito pensionistico bisognerebbe cominciare a tagliare? Domanda alla quale ha polemicamente risposto il segretario del Pd, Matteo Renzi, facendo alcuni semplici conti. «S
e vogliamo prendere 12 miliardi di euro dalle pensioni dobbiamo tagliarle a chi prende 2.300 euro al mese. Ci rendiamo conto? - ha scritto Renzi - Qualcuno può legittimamente dire che duemila euro di pensione sono una pensione d'oro? A noi sembra folle - prosegue Renzi - I Cinquestelle attaccano gli 80 euro ieri, le pensioni oggi, vedremo che cosa si inventeranno domani». «Ma - conclude l'ex premier - il punto è un altro. Noi in questi anni abbiamo fatto tanta fatica a rimettere il segno più nelle statistiche del Paese: il Pil, l'occupazione, la fiducia. E adesso davvero c'è qualcuno che vuole sciupare tutto affidando il governo a chi non riesce neanche a leggere i numeri di un bilancio?».
Resta il fatto che l'intervento sulle pensioni più elevate fa parte del programma elettorale del M5S.
LA CONFERMA
La certezza arriva dalla controreplica dell'ufficio comunicazione M5S. Che spiega: «Riferendosi alle pensioni d'oro, Luigi Di Maio ha voluto parlare degli assegni superiori ai 5 mila euro netti». Secondo i pentastellati, inoltre, il piano di risparmio di 12 miliardi di euro «sarebbe calibrato su più anni».
Ma obiettivamente risparmiare la bellezza di 12 miliardi anche in più anni sulle pochissime pensioni superiori ai 5.000 euro netti mensili (che, moltiplicate per 13 mensilità, equivalgono grosso modo ad un reddito annuo lordo di 100/110 mila euro) sarebbe una impresa titanica. Senza considerare che i diritti acquisiti, bandiera dei 5Stelle, varrebbero per tutti i pensionati, ricchi e poveri.
Per il M5S la polemica di Renzi ha un valore solo politico senza contatti con la realtà: «Il segretario Pd - concludono - non faccia fakenews per distrarre dallo scandalo bancopoli».
Nella zuffa non mancano le voci di destra. «Bugie da Renzi e parole al vento da Grillo - sottolinea il leader della Lega Matteo Salvini - l'unica cosa giusta da fare è cancellare la legge Fornero». «La nostra proposta si legge sul taglio delle pensioni d'oro è l'unica seria e sarà un punto da inserire nel programma di centrodestra», assicura Giorgia Meloni leader di Fratelli d'Italia.
Fin qui la polemica politica sul tema. Resta il fatto che agli osservatori più attenti lo scontro fra i partiti su un tema delicato come quello delle pensioni d'oro (e più in generale della previdenza) fornisce l'ennesima prova della pochezza di questa campagna elettorale: temi importanti sgrossati con l'accetta; lontananza stellare dalla realtà; tanta retorica e poca conoscenza della dimensione dei problemi.
Non che il tema delle pensioni d'oro non esista. Ma gli addeti ai lavori lo analizzano in un quadro complessivo: l'Italia spende ben 280 miliardi, cioè il 30% di tutta la spesa pubblica, per assicurare le rendite a 16 milioni di pensionati. Ma solo 500 mila pensioni sono pagate con il sistema contributivo che calcola le pensioni sulla base dei contributi effettivamente versati. Questo significa che la grande maggioranza dei pensionati riceve più di quello che ha versato. Certo, i privilegi non sono uguali per tutti, ma il privilegio di prendere più dei contributi versati è distribuito per milioni di casi, come in nessun altro paese europeo.
Sono soltanto 13 mila i pensionati con oltre 5.000 euro netti al mese
ROMA Pensionati d'oro. Nel senso che per scovare quei 145 mila fortunati che incassano almeno 5 mila euro lordi, dentro la massa dei 23 milioni di italiani che percepiscono un assegno inferiore, bisogna cercarli con pazienza come si faceva per le pepite in California alla fine del secolo scorso. Una volta individuati, potrebbero dunque essere loro a pagare per tutti: i dati Inps attestano che il loro costo, per le casse dell'ente previdenziale, ammonta a 12,3 miliardi di euro (7,65 miliardi per il settore pubblico e 4,64 per quello privato.
CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ
Nel dettaglio, una buona parte delle pensioni nel pubblico viene erogata agli ex dipendenti del settore sanitario e grazie all'uscita per anzianità contributiva. Certo, sarà complicato convincerli a farsi carico per intero del risanamento dei conti del Paese considerato che oltre il 70% percepisce una pensione inferiore a 3 mila euro netti al mese. Ma tant'è. Salendo lungo la scala di reddito, vale la pensa soffermarsi sulle pensioni sopra i 90mila euro lordi annui: sono appena 33 mila i beneficiari, costano 3 miliardi l'anno e da soli incassano l'1,2% dell'intero monte pensioni italiano che viaggia a quota 280 miliardi. Una pensione da 90 mila euro l'anno (sulla quale il governo Monti 5 anni fa applicò un contributo di solidarietà del 5% poi censurato dalla Consulta) equivale a un assegno mensile di 6.400 euro lordi per 14 mensilità che diventano circa 4 mila euro netti al mese. Ma se l'unità di misura del pensionato d'oro è lo status da 5 mila euro netti in avanti, bisogna sapere che si sta parlando solo di 13 mila italiani, pari allo 0,1% della popolazione previdenziale. E per arrivare a quel livello, è necessario incassare almeno 8.532 euro mensili lordi, pari a 114 mila euro annui Questo piccolo contingente, che farebbe fatica ad entrate in uno stadio di serie B, pesa sulle casse dell'Inps per circa 1,5 miliardi. Il che vuol dire che nel giro di 8 anni, cancellandogli la pensione, si potrebbe raggiungere l'obiettivo di risparmiare 12 miliardi. Una misura eccessiva, forse. Ma certamente efficace. Sia chiaro, le posizioni d'oro non mancano (sul gradino più alto ci sono 171 pensionati che ogni anno portano a casa almeno 417 mila euro lordi con un costo di 71 milioni) ma ragionare in questi termini forse non serve a capire la reale natura del problema. E tra l'altro, scendendo più in basso, i dati più recenti dell'Inps ci dicono che i pensionati che ricevono oltre 3 mila euro lordi al mese sono poco più di 800 mila per un importo complessivo percepito di 43 miliardi. In pratica per recuperare 12 miliardi in un anno dai pensionati che viaggiano su quelle cifre sarebbe necessario tagliare il loro reddito di circa il 21%. Diverso sarebbe naturalmente se il taglio dovesse essere pluriennale. Peraltro il tema delle pensioni alte e della possibilità di intervenire su questi assegni è antico. Il Governo Monti bloccò i trattamenti oltre le tre volte il minimo, quindi oltre i 1.500 euro, rispetto all'inflazione ma, come ricordato, questa decisione fu bocciata dalla Corte Costituzionale. In realtà, per risparmiare cifre consistenti sulle pensioni bisognerebbe intervenire a partire dai redditi da pensione intorno ai 2 mila euro (129,8 miliardi per 3,6 milioni di persone su 282,4 complessivi per 16 milioni di pensionati spesi nel 2016), misura difficilmente proponibile oltre che iniqua. Così, piuttosto che un taglio legato solo all'importo della pensione c'è il tema, avanzato dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, di tenere conto anche dei contributi versati e della differenza tra questi e l'assegno percepito. E mentre si discute di nuovo delle pensioni d'oro e della possibilità di chiedere un sacrificio a chi riceve assegni più pesanti si avvicina il momento della parificazione dell'età di vecchiaia tra uomini e donne.