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Data: 19/12/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Il Pd sotto choc per i sondaggi. A Boschi la scelta se candidarsi. Il partito difende compatto la sottosegretaria ma non si esclude la possibilità di un suo passo indietro. Il segretario preme perché tutti scendano in campo per vincere, ma ammette di avere perso consensi

ROMA Il Pd candiderà Maria Elena Boschi alle prossime elezioni, a meno che non sia lei a decidere di tirarsi indietro da una contesa in cui rischia di essere il bersaglio prediletto degli avversari. È in questa subordinata la novità: la difesa dei Dem resta corale e lo sarà fino all'ultimo, ma la possibilità che la sottosegretaria non sia in lista nessuno più la esclude. Perché la battaglia su Etruria in commissione d'inchiesta sulle banche fa registrare un contraccolpo forte nei sondaggi, tra gli stessi militanti Pd. E se Matteo Renzi nelle conversazioni con i dirigenti a lui vicini ribadisce la convinzione che con «tutti in campo» il Pd si confermerà «primo gruppo in Parlamento», sono in tanti nella maggioranza Dem e tra i renziani a rinviare a gennaio: se la pausa natalizia non avrà spento le fiamme, potrebbe essere Boschi stessa a farsi da parte, per non essere facile bersaglio. È alta la preoccupazione tra i Dem per la «via crucis» che ci si attende, oggi e domani, per le audizioni del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e dell'ex Ad di Unicredit Federico Ghizzoni in commissione d'inchiesta. Le opposizioni li incalzeranno su Etruria e su contatti come quello ammesso da Boschi con il vicedirettore di Bankitalia Fabio Panetta. Ogni parola di Visco, spiegano i Dem, può incendiare il clima. Lo dimostra il putiferio scatenato dalla frase di Pier Carlo Padoan sui contatti avuti da Boschi e Graziano Delrio su Etruria. Un polverone nato sul nulla, sostengono sia dal governo che dal Pd, perché Padoan ha risposto a una domanda precisa, ma non c'era ragione che autorizzasse nessuno, perché i ministri semplicemente si interessavano delle crisi di banche del loro territorio, senza alcuna interferenza. Insomma, i Dem non fanno polemica e tentano così di spuntare le armi degli avversari. Ma nel partito i nervi sono a fior di pelle. Tra i renziani c'è chi lamenta di scoprire solo ora che Boschi aveva avuto colloqui come quello con Panetta su Bankitalia. E quando Matteo Orfini dichiara di essere pronto a dire sì all'audizione di Boschi in commissione d'inchiesta, purché si sentano anche Mario Draghi e Luca Zaia, dalla minoranza Dem commentano stizziti: «Bisognerebbe avere l'intelligenza di non chiamare in causa Draghi, che è una risorsa per l'Italia, e tantomeno farlo alla vigilia dell'audizione di Visco». «La Boschi è oggetto di un'attenzione spasmodica che copre i veri scandali di questi anni», è la difesa a spada tratta di Renzi. Il segretario Dem riconosce, in un'intervista al Corriere della Sera, la preoccupazione per il trend dei sondaggi («Da maggio il Pd ha perso quasi sette punti») ma attribuisce il calo alla «responsabilità del governo» e alle continue liti interne al partito. La campagna elettorale con una «squadra forte» come quella del Pd, è convinto, permetterà di recuperare il gap rispetto ai Cinque stelle, mettendone in risalto le contraddizioni. Il leader Dem pungola anche Andrea Orlando, leader della minoranza, invitandolo a non fare polemiche. Ma il ministro rivendica di aver difeso Boschi e denuncia di essere stato bersaglio di attacchi sul web di «sostenitori del Pd e di Renzi» solo per aver avanzato dei distinguo: così, avverte, il Pd non fa che indebolirsi. Il timore è che non raggiunga neanche il 25,4% che Bersani realizzò nel 2013. Tant'è che tra i renziani c'è chi vorrebbe un azzardo sullo ius soli, nei prossimi giorni, per spuntare le armi della sinistra e spostare il focus dal dossier Boschi. Ma margini non sembrano essercene e la sinistra guarda già oltre, alla campagna elettorale: «Col Pd potremo parlare dopo il voto», ribadisce Bersani, che non esclude però che il tavolo venga invece aperto con il Movimento 5 stelle.

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