La luce: una luce nuova, bianca, abbagliante. Una luce, in fondo al profondo tunnel del terremoto. L'Aquila riabbraccia il suo simbolo, ritorna nella sua basilica, da ieri è meno spaesata sulla via della ricostruzione. Alle porte del Natale, con negli occhi ancora quello del 2009, con una chiesa incerottata e gravemente ferita, quell'auspicio è divenuto realtà: Collemaggio è rinata, più bella di prima, più sicura, più preziosa grazie ai tesori che i secoli avevano seppellito, più luminosa, più accogliente. Celestino V vi è rientrato, tra lacrime e applausi, dopo una peregrinatio lunga, dolorosa, straniante. La chiesa da lui fatta edificare, simbolo del Perdono e della riconciliazione, è di nuovo aperta. E' come se gli aquilani, tutti, fossero transitati sotto la Porta Santa, in un grande, sentito, troppo a lungo atteso, Giubileo. Alla cerimonia di ieri, elitaria e poco di popolo, ma sentita, hanno preso parte decine e decine di autorità e cittadini. Mancava, ed è un'assenza fragorosa, colui che ha avviato il processo, l'ex sindaco Massimo Cialente, non invitato e polemico: «Non ha visto nessuno l'evento in Italia, è una vergogna». C'era, invece, in prima fila, colui che il restauro l'ha salvato, l'ex sottosegretario Gianni Letta. E c'erano, in particolare, il Ministro Franceschini, importanti rappresentanti di Eni, (su tutti Claudio Granata) a cui si deve lo stanziamento dei fondi, 12 milioni. E, infine, c'erano vertici, tecnici e studiosi di Sovrintendenza e Università.
Gli interventi sono stati aperti dal sindaco, Pierluigi Biondi: «E' il giorno della gioia, della passione, dell'ottimismo, della fiducia. E' un momento di rinascita, spirituale, religiosa, ma anche di riscatto civile: Dio solo sa quanto questa comunità abbia bisogno di simboli e di luoghi della memoria. Vorrei che fosse l'inizio di una nuova vita». L'arcivescovo, Giuseppe Petrocchi, ha lodato il restauro («Un novum estetico»), ma soprattutto il valore morale dell'evento: «E' la sconfitta del sisma. Questo successo ci somministra una provvidenziale dose di entusiasmo e di sano ottimismo. Spero che la fattiva e lungimirante managerialità sia trasferita anche nella ricostruzione del Duomo». Claudio Granata, Chief Services & Stakeholder Relations Officer di Eni, ha definito la giornata «un grande evento per il Paese»: «Vi avevamo promesso che avremmo restituito la basilica com'era, forse addirittura più bella, come all'inizio. Siamo riusciti a farlo, peraltro in anticipo». La soprintendente Alessandra Vittorini è entrata nel merito del percorso di restauro, cominciato a inizio 2016, partendo dal 2009: «Tutti ricordiamo il rovinoso crollo, un cumulo di macerie nello spazio dilatato del trasetto che privo di pilastri e copertura si espandeva verso il cielo; l'immagine della messa in sicurezza, con la copertura provvisoria e le fasciature gialle. In quelle condizioni la basilica ospitò la prima messa di Natale, partecipata e commossa, come lo sarà quella che tra pochi giorni la riconsegnerà alla sua ritrovata normalità». Il ministro Dario Franceschini, alla prima volta dentro Collemaggio, ha parlato di «atto dovuto ai cittadini che hanno attraversato dolori e sofferenze e oggi vedono la rinascita del simbolo della loro identità». Gianni Letta ha rivelato la sua «grandissima emozione»: «E' il simbolo della città, tornato come l'avevamo sognato. Ricordo la notte di Natale del 2009, la Messa tra i tralicci e il rumore della pioggia sulle lamiere. Fu un'emozione angosciante. L'auspicio di quella notte si è realizzato. L'Aquila ritrova il suo simbolo che dà forza, spinta e stimolo. I fondi? Erano stati persi, avevo negoziato con Scaroni i laboratori di ricerca dell'Università, poi ci furono tante difficoltà, una lunga trattativa con il rettore. Alla fine Eni si ritirò. Andai da Scaroni dicendo di trovare una soluzione alternativa. Ci riuscimmo».