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Data: 21/12/2017
Testata giornalistica: Il Centro
L'Abruzzo cresce, ma meno del Sud. La Regione resta però la più ricca del Mezzogiorno secondo l'Istat. Sale la spesa delle famiglie, ma il sommerso è al 17,3%

PESCARA L'Abruzzo, con i suoi 23.900 euro pro capite, resta la regione più ricca del Sud, almeno in termini di Prodotto interno lordo (vale a dire, il totale di beni e servizi prodotti in un territorio in un determinato arco di tempo), ma cresce meno del Mezzogiorno. A fotografare la realtà, con i dati aggiornati al 31 dicembre del 2016, è ancora un report pubblicato ieri dall'Istat.Secondo l'Istituto italiano di statistica in Abruzzo il Pil è cresciuto (lo 0,2% l'incremento del Pil), ma il reddito medio resta ben sotto la media nazionale, fissata in 27.719 euro. Certo, rispetto al Mezzogiorno, che cresce di più ma che resta fermo a 18.200 euro (il 44,2% in meno rispetto al florido Centro Nord), la performance dell'Abruzzo è di tutto rilievo, ma la prudenza come sempre è d'obbligo. Complessivamente, nel 2016 le famiglie abruzzesi hanno speso poco meno di 20 miliardi di euro (19.8), per un consumo pro capite di circa 15mila euro. Sempre nel corso del 2016 i redditi da lavoro dipendente ammontavano a 12 miliardi e mezzo di euro (nel 2016 ammontavano a 12 miliardi e 300 milioni), con un incremento degli occupati pari allo 0,9%.Il numero complessivo delle persone che hanno trovato un lavoro, non necessariamente di tipo dipendente, è salito invece dello 0,5%.Analizzando il reddito per settori di attività, si nota un leggero aumento nei servizi, nel commercio all'ingrosso e al dettaglio, ma nel report manca qualsiasi riferimento all'industria manifatturiera, l'industria alimentare e quella del legno. In lieve crescita anche le attività finanziarie e assicurative e quelle legate all'occupazione all'interno dell'amministrazione pubblica, in tutte le sue articolazioni. Per quanto riguarda la spesa delle famiglie, dall'indagine si evince che i consumi sono aumentati leggermente rispetto all'anno precedente (da 19 miliardi e 647 milioni a 19 miliardi e 812 milioni). Se da un lato l'asticella dei beni durevoli è in appena percettibile salita (da un miliardo 672 milioni a un miliardo 763 milioni), quella dei beni "non durevoli" scende, passando dagli otto miliardi e 735 milioni a otto miliardi e 719 milioni. In aumento, seppur in maniera limitata, la spesa per i servizi (da 9 miliardi 240 milioni a 9 miliardi e 329 milioni). Nel report non è disponibile, per il 2016, la sezione relativa alla spesa della pubblica amministrazione. Scorrendo quella del 2015 si vede che per la sanità, nel periodo di riferimento, sono stati spesi in Abruzzo due miliardi e 391 milioni, un miliardo e 292 milioni per l'istruzione e soltanto 246 milioni per la protezione sociale. Anche l'Abruzzo, come accade nelle altre regioni italiane, non è esente dal fenomeno della cosiddetta "economia non osservata". All'interno di questa denominazione sono comprese, spiega l'Istat, la componente sommersa e quella illegale. In Abruzzo, nel 2016, questa voce ha inciso per il 17,3%, a fronte del 21,3% della Calabria e il 10,7 della provincia autonoma di Bolzano-Bozen. Il lavoro irregolare, nella nostra regione, nel 2016 si stimava intorno al 6,4%, contro il 9,9% della Calabria, l'8,8% della Campania, l'8,1% della Sicilia (la media del Mezzogiorno è dell'8%) e il 3,9% della Lombardia. L'incidenza degli occupati sull'intera popolazione, sempre nell'anno di riferimento, in Abruzzo è stata del 39,1%, a fronte del 53% della provincia autonoma di Bolzano-Bozen, del 47,2% della provincia di Trento, del 46,9% dell'Emilia Romagna. Fanalino di coda la Calabria, con il 32,3%. La media italiana era del 40%.

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