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Data: 28/12/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ius soli, Gentiloni chiude il dossier Legislatura finita. Minoranza pd: rinvio per fare la legge La replica: basta, non ci sono i numeri

ROMA «Lasciamo un'Italia più forte e andiamo al voto con serenità». «Mi auguro una campagna elettorale rispettosa, senza aggressioni e che permetta all'elettore di poter scegliere tra proposte realistiche». Solo un presidente del Consiglio che centellina parole e tweet, può permettersi di affrontare stamane le cinquantuno domande in tre ore messe insieme dall'Ordine dei giornalisti nella conferenza stampa di fine anno.
IL PULSANTE
Questa sua capacità Paolo Gentiloni l'ha mostrata più volte nel corso dei tanti incontri con i giornalisti organizzati in Italia e all'estero e gestiti dal suo portavoce Filippo Sensi senza porre limiti di tempo e contenuti. D'altra parte il pulsante del cruise control è di serie nel Gentiloni-premier, apprezzato proprio per il suo basso profilo mediatico e per la sua alta capacità di mediazione. Un pontiere chiamato a palazzo Chigi per continuare il lavoro interrotto da Matteo Renzi dopo la sconfitta al referendum. Una continuità che Gentiloni un anno fa, chiedendo la fiducia a palazzo Madama, rivendicò: «Il mio non è un governo di inizio legislatura ma innanzitutto deve completare la eccezionale opera di riforma, innovazione, modernizzazione di questi ultimi anni». Missione compiuta per Gentiloni, che subito dopo salirà al Quirinale dove Mattarella decreterà lo scioglimento delle Camere. Stamane, in diretta tv, il premier avrà modo e occasione per elencare le riforme compiute sia sul fronte economico sia su quello dei diritti civili: divorzio breve, unioni civili, terzo settore, femminicidio, dopo di noi, bio-testamento. E poi ancora industria 4.0, pubblico impiego, ma anche difesa del jobs act come degli 80 euro.
Fuori resta lo Ius soli che Gentiloni considera, non senza rammarico, un capitolo chiuso sul quale c'è chi, come Gianni Cuperlo, continua però a battere anche se i numeri a palazzo Madama continuano a latitare e non si sentono le voci dei leader - da Renzi a Di Maio, passando per Alfano o Berlusconi - che in diversi modi potrebbero spingere la riforma come a suo tempo fecero con il biotestamento. «Sostenere e completare le riforme» anche nella prossima legislatura, è il mantra del premier che di recente si è augurato che a vincere le elezioni sia ancora una volta il centrosinistra e il suo Pd che lo candiderà a Roma e chissà in quanti altri posti. Perché Gentiloni dopo un anno di palazzo Chigi scende dall'ottovolante - come lui stesso, intervistato da La Stampa, ha definito la sua inaspettata ascesa a palazzo Chigi - e scopre di essere divenuto un valore aggiunto per il partito che solo cinque anni fa non sapeva se candidare.
Ora che «la missione» è compiuta, che persino gli sbarchi dei migranti sono crollati dell'80%, l'ordinata conclusione della legislatura è a portata di mano e Gentiloni può permettersi oggi di esprimere il desiderio di una vittoria del centrosinistra per «non disperdere gli sforzi compiuti finora». L'Italia ha superato una delle sue «più gravi crisi e cresce», come pochi giorni fa ha sostenuto forte dei dati dell'Ocse. «Se lavoriamo bene è una condizione incoraggiante». Tanto più ora che in quanto a stabilità «non siamo più la pecora nera nell'Europa» perchè Paesi importanti - come la Germania - vivono situazioni analoghe se non peggiori.
Al netto di vicende dalle quali il premier si è tenuto a distanza, dal caso Consip a quello sulle banche, la navigazione dell'esecutivo ha sempre goduto dell'ombrello del Quirinale. Anche quando, come sulla legge elettorale, palazzo Chigi si è dovuto esporre ponendo la questione di fiducia. Una sintonia forte e un rapporto stretto anche con tutti i ministri ai quali sin dal primo giorno ha chiesto «di lavorare e non di far politica». In continuità con la linea del Pd, oggi Gentiloni ribadirà il concetto che lui lavora «per portare il Pd a palazzo Chigi» e non lui. E non perché non tema, come molti, lo stallo post-voto, quanto per rimanere fedele a se stesso e magari aver tempo per riprendere a giocare a tennis con Ermete Realacci e Francesco Rutelli.

Minoranza pd: rinvio per fare la legge La replica: basta, non ci sono i numeri


ROMA Tra gli ultimi appelli in favore dello Ius soli, alcuni risentono di un certo sentimento da cupio dissolvi della legislatura e di una scarsa dimestichezza con il pallottoliere. Al netto di ciò che è accaduto a palazzo Madama prima di Natale, i numeri per l'approvazione della legge sulla cittadinanza dei minori che frequentano le nostre scuole, non ci sono.
I NUMERI
Giova ricordare che i centristi di Ap, che hanno votato a palazzo Madama la legge, si sono sfilati da tempo e che, a differenza di quanto è accaduto in occasione dell'approvazione del biotestamento, anche il M5S non ci sta mentre FI e Lega sono fermamente contrari. Eppure anche ieri una buon gruppo di parlamentari si è espresso a favore della legge che effettivamente anche Paolo Gentiloni aveva inserito nel programma del suo governo. A rivolgersi direttamente al presidente Mattarella affinchè conceda ancora una manciata di giorni in più alla legislatura è Luigi Manconi. «Due settimane» in più chiede il senatore del Pd che nei giorni scorsi si è speso con scioperi della fame e iniziative pubbliche per il buon esito dell'iniziativa. Manconi accusa anche il suo partito citando «quei 29 senatori assenti» in aula al momento della conta sul numero legale che indicano come «il Pd non ci credeva abbastanza». Pallottoliere alla mano si comprende che anche tutti i senatori del Pd e tutti della sinistra di Leu non sarebbero bastati per portare a casa un provvedimento carico di migliaia di emendamenti.
Poi ci sono i cultori della bella morte, come la senatrice di SI Loredana De Petris secondo la quale «approvare lo Ius Soli è ancora possibile ma per farlo c'è una strada sola: le Camere non devono essere sciolte e il governo deve mettere la fiducia su quella legge. Invece di vaneggiare su scenari falsi». Lo scenario falso sarebbe la più che probabile caduta del governo e l'archiviazione dello Ius soli anche per la prossima legislatura visto che una legge bocciata da un Parlamento difficilmente viene riproposta nel successivo. Sulla stessa linea sono anche i Radicali italiani con Igor Boni che chiede a Mattarella di «rinviare lo scioglimento delle Camere fino alla discussione e al voto». E' vero, come ricorda Gianni Cuperlo, esponente della minoranza del Pd, che la legge è «attesa da 800 mila ragazze e ragazzi che rischiamo di mortificare e deludere ancora una volta», ma in questi giorni post natalizi non un leader di partito si è mosso per spingere il provvedimento come invece è accaduto di recente sul biotestamento, legge contestata dai centristi della maggioranza, ma che è passata perchè il Pd ha unito i propri voti con quelli di Leu, M5S e parte di FI. Considerazioni che domani Gentiloni farà al Quirinale nel corso dell'incontro con il capo dello Stato durante il quale si avrà modo di considerare che gli appelli di singoli, seppur autorevoli parlamentari che da tempo sostengono la legge, non cambiano i numeri di palazzo Madama, e consegnano il tema allo scontro della campagna elettorale che permette ai partiti contrari al provvedimento di replicare. Su tutti la Lega Nord che esulta da giorni considerando sua la vittoria per il mancato numero legale che ha affossato il provvedimento
«Il Pd e la sinistra hanno avuto due anni e mezzo per approvare lo Ius soli», ricorda il leghista Roberto Calderoli. «Adesso basta, la smettano di fare campagna elettorale su argomenti di questa portata. Mattarella non ascolti chi da sinistra lo tira per la giacchetta. Anche perché - sostiene con una certa dose di consapevolezza Calderoli - se il Governo dovesse chiedere la fiducia sullo Ius soli verrebbe sfiduciato».
LE NUOVE
Esattamente il rischio che palazzo Chigi e Colle hanno cercato di evitare sinora per non indebolire un governo che comunque dovrà restare in carica sino ad aprile, quando si saranno insediate le nuove camere.
Ad appellarsi a Mattarella non sono però solo i favorevoli al provvedimento. Giorgia Meloni, leader di FdI, sostiene che il suo partito ha consegnato al Presidente Mattarella centomila firme per dire no allo ius soli» e si dice certa che «il Capo dello Stato non lascerà inascoltata la richiesta di centinaia di migliaia di italiani».

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