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Pescara, 24/07/2024
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Data: 29/12/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sciolto il Parlamento. Italia al voto il 4 marzo. Premier al Quirinale poi il Presidente firma il decreto: «Urne mai passaggio drammatico». Verso l’election day: stessa data per le regionali del Lazio, attesa per l’ok di Lombardia e Molise. Berlusconi: comunque vada tornerò io a dare le carte

ROMA Tutto secondo le previsioni, con la scansione di un rigoroso e preciso timing costituzionale. In modo ordinato e senza traumi. Sergio Mattarella ha sciolto le Camere e quindi ha firmato il decreto per le nuove elezioni in programmail 4 marzo prossimo. L’iter per definire la procedura di scioglimento e quindi la roadmapverso la 18^ legislatura, è scattato nella tarda mattinata di ieri quando Paolo Gentiloni - dopo la tradizionale conferenza stampa di fine anno - è salito sul Colle per comunicare al Capo dello Stato che il governo considerava conclusa la sua azione. Il colloquio, in verità, non si è limitato a questo aspetto formale. E’ durato quasi un’ora con un giro d’orizzonte sui problemi sul tappeto. Scambio di ringraziamenti, con i complimenti non rituali di Mattarella al premier per il lavoro svolto dal governo con la consapevolezza che oggi c’è un’Italia migliore. Quindi, nel pomeriggio, Mattarella ha ricevuto nello studio alla Vetrata del Quirinale i presidenti delle Camere, Grasso e Boldrini, che hanno certificato la conclusione dell’attività legislativa. Ad essi Mattarella ha comunicato la propria decisione, richiamandosi a quanto previsto dall’art.88 della Costituzione. Quindi il premier Gentiloni è salito una seconda volta sul Colle per controfirmare il decreto di scioglimento. Subito dopo si è svolto a Palazzo Chigi il Consiglio dei ministri che ha fissato per la primadomenica di marzo la tornata elettorale per le nuove Camere. Quello del 4 marzo sarà in realtà un election day poiché contemporaneamente si voterà per alcune Regionali: sicuramente nel Lazio, mentre si dovrà attendere ancora il via libera di Lombardia e Molise. In serata Gentiloni è tornato una terza volta al Quirinale - insieme al ministro Minniti - per sottoporre alla firma del Presidente della Repubblica il decreto uscito dal Consiglio dei ministri contenente la data delle elezioni e quella entro cui dovrà aver luogo la prima seduta delle nuove Camere per l’elezione dei presidenti( 23 marzo prossimo). Gentiloni resterà in carica per gli affari correnti.
PIENEZZA DI POTERI E poiché - come è noto - il premier non si è presentato dimissionario sul Colle né è stato sfiduciato dalle Camere, l’attuale governo resta in carica nella pienezza dei suoi poteri fino alla formazione di una nuova maggioranza. Per garantire quella stabilità considerata fondamentale dall’inquilino del Colle. «Quello delle elezioni non è mai un passaggio drammatico», rassicura Mattarella. E’ assai probabile che egli accennerà all’imminente prova elettorale nel tradizionale messaggio di Capodanno agli italiani: un messaggio più stringato del solito, ispirato alla fiducia con l’auspicio che il confronto tra i partiti, pur serrato, si svolga in un clima sereno con proposte «concrete» e «realizzabili » anche per non alimentare la piaga dell’astensionismo. Tra i primi a commentare la convocazione delle nuove elezioni, Matteo Renzi che in un sms inviato a tutti i deputati e i senatori del Pd - insieme ai capigruppo Rosato e Zanda - afferma che «con lo scioglimento delle Camere si chiude una legislatura tra le più produttive della storia repubblicana ». E soggiunge: «Adesso dopo qualche giorno di pausa siamo pronti per la campagna elettorale ». Soddisfatti per il voto imminente i grillini e Forza Italia; esulta il leghista Calderoli, «Alleluja finalmente la parola torna al popolo».

Berlusconi: comunque vada tornerò io a dare le carte

Siamo in una condizione win win». L’umore di Silvio Berlusconi, riferito ai suoi, è quello del comunque vada sarà un successo: «E tornerò io a dare le carte». Insomma la campagna elettorale come mancia trionfale del Rieccolo. Così la vede il Cavaliere. Anche se l’incomunicabilità con Salvini rischia di ingrossarsi di giorno in giorno. Ma Berlusconi formato padre nobile o zio della patria, tutto affidabilità agli occhi dell’Europa che conta e che «noi cambieremo senza più dover sbattere i pugni sul tavolo», si sente nella condizione di poter vincere con il centrodestra unito o apparentemente unito - nel quale «FI sale nei sondaggi e la Lega comincia ad arrancare», il che verrà fatto notare in sede di spartizione dei collegi con il Carroccio - ma al netto delle smentite è anche convinto che un esecutivo di «responsabilità nazionale », nel caso di stallo post-elettorale, possa vedere la luce e quella luce rifletterà il suo gran ritorno nell’area di governo. La campagna che Berlusconi sta pianificando lo vede largheggiare nella promessa di candidature. In un mix di uscenti e di figure provenienti dalla società civile e un piccolo pool di forzisti, tra cui Malan, la Rossi e Giro, valutano i curricula in arrivo, su cui Ghedini ha la penultima parola e l’ultima spetta naturalmente al Cavaliere. Per il quale l’aspetto fisico del candidato o della candidata è fondamentale e infatti arrivano ad Arcore richieste di ingaggio corredate dalle foto dei mittenti. «Anche l’occhio vuole la sua parte», dice Silvio. La sua strategia elettorale si fonda sulla dimensione sociale: i poveri prima di tutti. Il che in qualche modo è un ribaltamento rispetto al ‘94. La lotta contro «la sinistra delle tasse» resta un evergreen, ma il vero competitor saranno i 5 stelle. A cui Berlusconi, lanciando il «reddito di dignità per tutti», cerca di rubare i temi più pop.

Pressing di Salvini sul Cavaliere: un impegno chiaro anti larghe intese

Non basta una stretta di mano. Salvini vuole molto di più da Berlusconi: un impegno pubblico, anche se non dal notaio. Per mettere nero su bianco un programma definito di legislatura, a partire dall’eliminazione della legge Fornero nel primo Cdm e un salario minimo per tutti. E per ora non è previsto ai primi di gennaio l’incontro con gli alleati annunciato ieri dal Cavaliere. Fino alla metà del mese prossimo non se ne parla, fanno sapere dal Carroccio. Il giovane Matteo si appresta a fare campagna elettorale non da segretario del partito di via Bellerio, ma da candidato premier. Sono pronti gadget e volantini, ipotesi di altri esponenti leghisti a palazzo Chigi come Zaia non sono in campo. «Ci sono io, la gente si fida di me. Poi se FI prendera più voti deciderà Berlusconi chi candidare»,ma– questa la linea – in quel caso dovranno essere personalità condivise. Resta per esempio il no a Tajani. Salvini batterà il territorio in lungo e in largo, non dimenticando certamente il nord ma con la consapevolezza che la partita si gioca al sud. Comunicazione anche via social. Altri paletti: non sono pensabili per il post-voto alleanze al di fuori del perimetro del centrodestra, nessun appoggio ad un governo Gentiloni. «E non vogliamo in coalizione – altra condizione di Salvini – i vari Tosi, i riciclati e quelli che hanno tradito per sostenere governi di sinistra». La Lega non intende portare avanti una corsa in solitaria ma chiederà a Berlusconi di chiudere subito ad intese con il Pd: «Il patto del Nazareno – ripete Salvini - è stato un errore che non dovrà più ripetersi».

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