ROMA Da ieri l'ipotesi che ci stiamo infilando nella più brutta campagna elettorale di sempre è diventata una certezza. Sull'onda di una marea di post e di fake news sui social, è infatti esplosa una polemica politica al calor bianco sui sacchetti di plastica trasparenti, quelli che nei supermercati si usano per imbustare la frutta o la verdura, che dal primo gennaio sono obbligatoriamente biologici e vengono fatti pagare al consumatore fra 1 e 3 centesimi l'uno. Poiché (fonte: Assiobioplastica) ogni famiglia italiana usa 150 sacchetti l'anno, il maggior costo a carico degli italiani oscillerebbe fra 1,5 e 4,5 euro. All'anno.
Ma tanto è bastato, nei giorni scorsi, per far fioccare articoli puntuti sui giornali più vicini ai partiti d'opposizione al governo Gentiloni. Ieri poi ci ha pensato la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, a buttarla direttamente in politica.
«Dal 1 gennaio 2018 è arrivata una nuova tassa Pd: i sacchetti di plastica usati nei supermercati per frutta, verdura, ecc. sono a pagamento», ha detto la Meloni. Che poi ha fatto partire una bordata antirenziana: «A guadagnarci - ha aggiunto - Sarebbe, secondo alcune ipotesi di stampa, un'azienda molto vicina a Renzi e al Giglio magico».
BORDATA E CONTRO-BORDATA
Apriti cielo. Il segretario del Pd Matteo Renzi replica per le rime: «Chi vuole inventare bugie si accomodi pure, noi non lo seguiremo. Buon complotto a tutti», spiega in un post.
E poi aggiunge: «Spero che nel 2020 le 150 aziende italiane attive nell'economia verde siano il doppio di quelle che sono oggi e facciano meglio dei concorrenti globali, specie quelli del Sud Est asiatico che in questo settore stanno investendo molto». Stupefatto anche il commento del ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti: «Le norme sugli shopper ultraleggeri sono un atto di civiltà che pone l'Italia all'avanguardia contro l'inquinamento da microplastiche».
Persino i chimici della Filctem-Cgil, in un comunicato che riporta anche un attacco al Jobs Act per smarcarsi dall'accusa di pro-renzismo, appoggiano il provvedimento del governo: «Così si riducono i costi dell'inquinamento e si sviluppa una filiera industriale virtuosa con posti di lavoro di qualità», scrive Sergio Cardinali della Filctem. Che si schiera pure con l'azienda renziana citata dalla Meloni, ovvero la Novamont guidata da Catia Bastioli, nominata dal governo Renzi alla presidenza di Terna. Novamont per la Cgil: «è un campione internazionale per ricerca e brevetti». Anche il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciafani, è caustico sui favori alla Novamont: «Si possono contare almeno dieci grandi aziende chimiche attive in questo settore». Secondo gli ambientalisti se il governo avesse messo i sacchetti a carico dei supermercati avrebbe fatto un favore alle industrie produttrici ma non avrebbe spinto i consumatori a ridurne la diffusione.
Secondo Legambiente infine sarebbe opportuno consentire ai consumatori di riusare per l'ortofrutta retine o altri contenitori riutilizzabili. Posizione condivisa anche dai 5Stelle che ieri hanno messo questa proposta in una lettera inviata ai vari ministeri competenti dal deputato Stefano Vignaroli.
Finora, infine, la direttiva europea sui sacchettti è stata applicata anche in Francia (dal 2017) e in Irlanda dove il biocontenitori lo paga il supermarket.
Resta da riferire della battaglia un po' comica e un po' no che sui bio shopper si sta sviluppando sui social dove sono sbucate foto di consumatori che, pur di non pagare il sacchetto, hanno preferito applicare la ricevuta con il prezzo su ogni mela o limone acquistato. Una protesta in alcuni casi surreali poiché le foto mostravano prezzi altissimi pagati per frutta biologica, libera, però, da shopper di 2 centesimi. Ma la campagna elettorale si fa sugli slogan, non sui dettagli.