Fino all’ultimo ieri sera Strada dei Parchi ha atteso l’invito che però non è arrivato. Al vertice di Roma sul caro-pedaggi parteciperanno, alle 17 di oggi, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio ed i governatori di Abruzzo e Lazio, Luciano D’Alfonso e Nicola Zingaretti, ma non il gestore dell’A24 e l’A25. Che spera ancora di essere convocato questa mattina, in limine litis, per portare sul tavolo del ministro la propria proposta contro gli aumenti delle tariffe. Uno sconto è possibile in cambio però di una diminuzione del canone annuo che la società concessionaria deve pagare. E’ questa, in sintesi, la proposta del gestore. & L’importo del canone supera i 50 milioni di euro l’anno ma Strada dei Parchi ha dalla sua parte una sentenza della scorsa estate del Tar e, soprattutto, un ritardo, che dura ormai da cinque anni, del rinnovo del Piano economico finanziario. Sono queste due quindi le leve su cui puntare per arrivare ad ottenere riduzioni per i pendolari dell’autostrada che però, allo stesso tempo, devono essere anche sconti indolori per il gestore.
L’ANTEFATTO. Il 29 dicembre scorso il Governo ha disposto un aumento del pedaggio sulle autostrade A24 ed A25 gestite da Strada dei Parchi spa. Si tratta del 12,89% in più: è un aumento importante, conseguenza diretta del blocco delle tariffe imposto negli ultimi tre anni dal Ministero oltre che della mancata approvazione, dal 2013, del Piano economico finanziario che avrebbe premesso di rinegoziare termini e condizioni del contratto di Concessione, per conseguire aumenti tariffari sostenibili per l’utenza.
LA SENTENZA. «A partire dal 2014 e per il 2015 e 2016 il Ministero ha imposto tariffe calmierate rispetto agli aumenti previsti dalla Concessione, ignorando la clausola contrattuale del ristoro degli investimenti realizzati dalla Concessionaria sulla tratta autostradale, senza di contro adottare forme compensative alternative», spiega il gestore. Sul punto, infatti, il Tar del Lazio ha condannato l’inerzia del Ministero. C’è inoltre da chiarire che la politica degli aumenti tariffari della Concessionaria non è il frutto di una decisione autonoma e unilaterale di Strada dei Parchi, ma è regolata dal contratto di concessione, messo a gara dal Concedente e sottoscritto con Strada dei Parchi aggiudicataria, che ha portato alla privatizzazione della gestione di A24 ed A25. E’ un contratto datato 2001 che non prevedeva limiti agli aumenti dei pedaggi. Su questo punto, il governatore D’Alfonso ha indotto, venerdì scorso, l’Autorità dei Trasporti ad avviare un’istruttoria i cui risultati dovranno avere un doppio obiettivo: modificare la legge e cambiare il contratto inserendo quel tetto di aumenti ignorato 17 anni fa.
CHI CI GUADAGNA? Per ogni euro di pedaggio incassato dalla Strada dei Parchi, 43 centesimi restano alla concessionaria per garantire la gestione e la manutenzione dell’infrastruttura, mentre i restanti 57 centesimi vanno allo Stato. Strada dei Parchi inoltre è l'unica Concessionaria che corrisponde un prezzo di concessione all'Anas, di 55,9 milioni di euro ogni anno, ricavati, anch’essi, dai pedaggi. «Ma nel periodo 2003/2015, il Concessionario ha corrisposto all’Anas 670 milioni di euro, che non sono finiti nella manutenzione delle strade abruzzesi, a differenza degli 830 milioni di investimenti effettuati da Strada dei Parchi nel medesimo periodo di riferimento», sottolinea il gestore.
INASCOLTATI. Dal 2013, prima che scadesse il vecchio Piano economico finanziario, Strada dei Parchi ha presentato 12 proposte caratterizzate da livelli di incremento tariffario nell’ordine dell’1% oltre l’inflazione. Tra queste proposte, finora inascoltate, c’è quella degli sconti per l’utenza collegati alla diminuzione del canone. «Tra il 2003 ed il 2017 Strada dei Parchi ha anche sostenuto ingenti spese per realizzare le Complanari di Roma (258 milioni), la messa in sicurezza dei viadotti, la dotazione del traforo del Gran Sasso di nuovi sistemi antincendio, l’automazione delle stazioni di servizio e la pavimentazione drenante su 100 chilometri di rete. Tutto ciò», conclude il gestore, «senza tagliare posti di lavoro e nonostante le rilevanti perdite di esercizio, affrontate con immissioni di capitale da parte degli azionisti (180 milioni). E non con l’aumento dei pedaggi».