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Data: 09/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi: i ministri nei collegi Gentiloni-Padoan a Roma

ROMA Tutti i big del Pd, ministri o dirigenti di partito, avranno la loro bella sfida di collegio. Tutti, nessuno escluso, a partire da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. E' vero che contemporaneamente saranno candidati in uno o più d'uno dei listini proporzionali bloccati, dove l'elezione è più a portata di mano, ma vuoi mettere non riuscire a vincere il collegio dove ti sei candidato? Se ne può uscire eletto comunque grazie al listino, ma ridimensionato un bel po' ove mai non ce la fai ad arrivare primo nel collegio.
LA CONFERMA
E dunque: per Renzi c'è la conferma del collegio senatoriale di Firenze 1, più vari listini proporzionali per portare voti. Per Dario Franceschini si prospetta il collegio nella sua Ferrara più un paio di proporzionali da stabilire; per Marco Minniti il collegio c'è, ma non sarà in Calabria, il ministro dell'Interno vuole cimentarsi in un collegio più simbolico per il suo lavoro sull'immigrazione, al Nord molto probabilmente, e anche per il proporzionale si parla del Veneto; sempre al Nord, a Milano, si candida Maurizio Martina, ministro uscente dell'Agricoltura nonché vice segretario dem in quota sinistra ex ds: pochi problemi per Graziano Del Rio, saldamente nel collegio della sua Reggio Emilia mentre per il proporzionale si parla della Sardegna; così come saldamente nella sua Liguria, a La Spezia, è il collegio che aspetta Andrea Orlando, Guardasigilli uscente e capo della minoranza interna del Pd; per l'altro ministro di peso sempre ligure, Roberta Pinotti, si parla del collegio di Genova o di altra città da definire. Più complicato il collegio per la ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli, tra i responsabili di dicastero maggiormente in prima linea, cui però difficilmente Renzi e Pd potranno rinunciare a candidare, pena la messa in mora di tutto il lavoro svolto nella scuola.
E Gentiloni? Era girata voce che per salvaguardare il premier anche in vista di impegni possibili del dopo voto, Gentiloni potesse fare eccezione e non essere candidato in un collegio, ma solo nel proporzionale, magari in cinque listini come prevede la legge. E invece, niente eccezione: come tutti gli altri big e ministri, anche il premier uscente avrà la sua bella sfida di collegio, la salvaguardia in questo caso è tutta politica più che istituzionale, per evitare facili polemiche sul premier uscente che vorrebbe sottrarsi allo scontro diretto. Per Gentiloni si prospetta Roma 1, mentre a Roma 2 andrebbe Pier Carlo Padoan, altro ministro di peso che ha avanzato l'intenzione di correre alle elezioni.
IL CASO CALENDA
Plauso alla voglia di cimentarsi di Padoan da parte del ministro Calenda, che però ha ribadito l'intezione di rimanere fuori dalla contesa, «ma non perché mi ritenga una riserva della Repubblica, non ci aspiro e sono ancora giovane».
L'altra novità di rilievo riguarda Firenze. Nel capoluogo patria di Dante e Machiavelli si annuncia la disfida dell'orgoglio Renzi-Boschi, nel senso che il leader dem correrà a Firenze 1 per il Senato e Maria Elena sempre a Firenze 1 ma per la Camera, e senza paracadute proporzionale, anche se verrà schierata pure in altri collegi uninominali. «Come me che mi candiderò sia nel collegio di Firenze e poi ragionevolmente in Lombardia e Campania. Questo vale per tutti i dirigenti del Partito e anche per la Boschi», ha tagliato corto ieri sera a Otto e mezzo il segretario dem. La loro sarà dunque una campagna in parallelo, nello stesso territorio, con il tema banche ad aleggiare, una campagna, e una decisione, all'insegna del simul stabunt, simul cadent. C'è tempo fino al 29 gennaio, per le liste, ma il quadro si va delineando fin d'ora, domani e dopo sono previste riunioni al Nazareno con i segretari regionali, quindi una riunione di direzione metterà il sigillo finale. Per i plenipotenziari delle liste, i Guerini, i Lotti oltre ovviamente a Renzi, il puzzle è ancora in fieri, la quadra ancora non c'è ma il tempo c'è. Una decisione tutta politica pare sia stata già presa: nel simbolo non ci sarà il nome di Renzi, «non lo ha voluto neanche alle Europee», spiegano al Nazareno. Renzi è il capo del partito, non c'è bisogno di scriverlo sul simbolo, quanto a palazzo Chigi, dipenderà dai voti e dalle percentuali, non dal nome scritto accanto alla sigla Pd.

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