Dalfy si candiderà capolista al Senato nel Proporzionale. Ma se non dovesse ottenere un incarico di governo (ministro o sottosegretario), sempre che vinca il centrosinistra (possibilità molto aleatoria), tornerà a fare il governatore dell’Abruzzo e si ricandiderà alla guida della Regione. E’ questo il messaggio che è stato dato ieri sera dal segretario regionale del Pd Marco Rapino a consiglieri regionali e parlamentari presenti alla riunione in via Lungaterno a Pescara. Non si accontenta di fare il peone, Luciano D’Alfonso, vuole ottenere incarichi pesanti, altrimenti meglio l’Abruzzo. Nessuno ha fiatato ieri all’assemblea Pd, nessuno ha detto nulla, fino all’ultimo minuto, quando c’è stato il colpo di scena.
E’ l’unica candidatura ufficiale, quella di Dalfy, gli altri due nomi li deciderà Roma: la rosa presentata da Marco Rapino martedì scorso a Roma non ha passato il vaglio di Renzi. Va bene D’Alfonso, che si candiderà al proporzionale al Senato, ma su Stefania Pezzopane e Camillo D’Alessandro si deciderà in seguito. Non è escluso che venga imposto il nome di un big, in ogni caso deciderà il segretario del partito. Il Pd ha mandato a casa Rapino raccomandandogli di pensare ai collegi uninominali, piuttosto. Ha solo chiesto che venga ospitata la Chiavaroli nel collegio uninominale del Senato con la lista Lorenzin. E pare anche Giulio Borrelli, il sindaco di Atessa. Poi si vedrà. La riunione resta convocata in seduta permanente, per dare il modo di comunicare in tempo reale le decisioni sulle candidature. Agli uscenti dovrebbero andare, secondo indiscrezioni romane, i collegi uninominali di Pescara e Teramo (a Tommaso Ginoble).
I parlamentari in carica però ieri non sono stati neppure nominati, solo Gianluca Fusilli è intervenuto per offrirsi come candidato all’uninominale di Pescara. Ma è chiaro che le trattative con gli uscenti, che se si mettono di traverso rischiano di fare precipitare ancora di più nei consensi il partito democratico, vanno avanti sottobanco.
E’ stato alla fine, quando nessuno se l’aspettava più, che ha preso la parola l’assessore Donato Di Matteo, alzandosi in piedi dalla fila in cui erano seduti tutti gli oppositori (Castricone, la D’Incecco, Ginoble), ed è stato un apriti cielo:
“Se D’Alfonso, Camillo D’Alessandro e Silvio Paolucci che è l’artefice di tante scelte sanitarie disastrose, sono così forti, perché non si candidano all’Uninominale invece di scegliere le candidature sicure? Avete gestito il potere, con sfoggio di arroganza e di prepotenza, adesso fate vedere chi siete e quanto contate, dimostrate se siete veramente così forti come dite”.
Poi l’attacco al segretario, al partito:
“Chi valuta i parlamentari uscenti? Non certo tu, tu dici solo quello che ti lasciano dire. Gli uscenti andrebbero riconfermati, ma devono lasciare il posto a questi campioni” (sottinteso: che non hanno neppure il coraggio di misurarsi sui voti).
E poi un’altra coltellata a D’Alfonso:
“Tu parli sempre di pozzangheristi, ma il vero e unico pozzangherista sei tu, che tratti gli altri con disprezzo e arroganza. Il Pd sta andando incontro a una catastrofe e voi tutti continuate a far finta di niente. Tu, presidente, vai promettendo soldi a tutti i Comuni, a tutte le associazioni, i soldi del governo i soldi del Masterplan: sarebbe meglio che andassi a distribuire salsicce”.
E su queste note, l’assessore se n’è andato. Lasciando un’assemblea ammutolita e disorientata. E Dalfy rosso di rabbia.
ps: il Pd e Dalfy quindi si sono fatti i conti: o ministro o presidente di Regione. Ma senza l’oste (cioè gli elettori).