L'AQUILA «Ci sono tutte le condizioni tecniche e temporali perché si vada a scadenza naturale, a cavallo tra maggio e giugno 2019». Il giorno dopo la notizia della candidatura del governatore Luciano D'Alfonso, il presidente della Regione Giuseppe Di Pangrazio, cerca di tranquillizzare sui passaggi istituzionali che aspettano l'Abruzzo nei prossimi mesi. A tranquillizzare soprattutto quei sindaci dei comuni sopra ai cinquemila abitanti, che per effetto di una legge regionale (varata proprio contro D'Alfonso allora sindaco di Pescara), devono dimettersi con largo anticipo per essere candidabili. Chi per esempio sta riflettendo in queste ore è il primo cittadino di Francavilla, Antonio Luciani, che ha già da tempo lanciato il guanto di sfida per la presidenza della Regione, girando in 500 tutti i sabato i comuni abruzzesi. Prendendo dunque come punto di partenza la data delle elezioni politiche il 4 marzo, tutti gli adempimenti e le scadenze del percorso che conduce alla nuova legislatura potrebbero concludersi in 4-5 mesi, ha spiegato Di Pangrazio, «fino a che non saranno costituite le due Camere e non avranno eletto i loro organi di gestione e non si saranno costituiti i gruppi parlamentari il presidente della Repubblica, infatti, non potrà avviare le consultazioni per la formazione del nuovo Governo. Adempimenti che potrebbero protrarsi «sino a inizio settembre» secondo Di Pangrazio. D'Alfonso a quel punto, se votato, dovrebbe dimettersi. «Al suo posto dovrà subentrare il vicepresidente della Giunta (Giovanni Lolli, ndr), che avrà 180 giorni per indire le elezioni insieme a me, il presidente del Consiglio regionale: vuol dire ancora sei mesi, febbraio 2019, quando si dovrà decidere la data del voto. Ma mancando un paio di mesi all'election day di maggio/giugno, è quasi scontato che la consiliatura vada a naturale scadenza».Sulla candidatura di D'Alfonso Di Pangrazio non ha dubbi, «una grande candidatura». Quanto a una sua personale candidatura, Di Pangrazio ha ribadito di essere «un uomo delle istituzioni a garanzia dell'intero consiglio regionale, c'è una comunità politica alla quale io appartengo: se dovesse ritenere utile la mia esperienza, la mia capacità in un ufficio a Roma, ma sempre nell'ottica di essere utile alla mia regione, sarebbe difficile dire di no da parte mia. Ma se questo non dovesse avvenire, io continuerei il mio lavoro, a migliorare l'attività legislativa, a drenare risorse dal Governo e dalla Comunità europea e a fare coesione politica».Ma è una candidatura, quella del presidente D'Alfonso al Senato, che non incontra il favore di tutti in seno al Partito democratico. Tra i più critici - oltre all'assessore regionale Donato Di Matteo, che ha attaccato a muso duro il governatore, anche il presidente del Pd della Provincia dell'Aquila, che mercoledì alla segreteria allargata del partito, a Pescara, ha ribadito l'inopportunità che D'Alfonso lasci il suo posto. «Esprimo tutta la mia preoccupazione e perplessità», ha detto Pietro Di Stefano. «Il presidente deve restare alla guida della Regione fino al termine della legislatura», ha spiegato, esprimendo anche riserve «sul metodo verticistico adottato per questa decisione. «Avrei preferito un partito che discute e che poi decide in modo condiviso. Ognuno deve restare al suo posto, dando, invece spazio alle candidature degli uscenti che hanno alle spalle un solo mandato e promuovendo delle novità che colgono anche le esigenze di rinnovamento del partito». Proprio per discutere e delineare un contributo, oggi alle 17 i componenti abruzzesi della mozione orlandiana si riuniranno nella sede del Pd di via Lungarno.
«In lista al Senato? Una scelta comoda». Duro il giudizio della Marcozzi (M5s). Sospiri (Fi): l'avevo detto. Di Dalmazio: ora si cambia
PESCARA Una candidatura che divide il consiglio regionale, quella del presidente della Regione, Luciano D'Alfonso, che il prossimo 4 marzo correrà, nelle file del Pd, per un seggio al Senato alle prossime elezioni politiche. «D'Alfonso ha dichiarato che si candiderà in Senato e andrà a Roma solo se sarà ritenuto utile per l'Abruzzo», riflette Sara Marcozzi, capogruppo in consiglio regionale per il Movimento 5 Stelle, «ma se la mettiamo su questo piano, siamo tutti d'accordo sul fatto che la cosa più utile che possa fare per l'Abruzzo, sia andarsene. Si tratta di una candidatura comoda comoda», continua Marcozzi, «e poco coraggiosa, essendo D'Alfonso primo nel listino bloccato. Da come ha sempre parlato, mi sarei aspettata un uninominale secco. Evidentemente non è così sicuro di sé, come tenta di apparire», aggiunge la leader pentastellata. «Abbandonerà l'Abruzzo», conclude Marcozzi, «senza aver mantenuto neanche una delle roboanti promesse lanciate nella campagna elettorale del 2014». «Per quanto mi riguarda, niente di nuovo», sottolinea Lorenzo Sospiri, capogruppo di Forza Italia. «Io lo avevo detto da tempo, che si sarebbe candidato», rimarca l'esponente degli azzurri in consiglio regionale, «ma non è vero, come ha detto D'Alfonso, che egli tornerebbe in Abruzzo nel caso non ricevesse incarichi di governo. Noi adesso ci prepariamo ad un risorgimento dell'Abruzzo, per quando si andrà a votare nel prossimo ottobre. Ma dovremo essere credibili e non vincere solo perché gli altri perdono».Mauro Di Dalmazio, capogruppo di Abruzzo Futuro, liquida la questione con una battuta. «Giudico positivamente questa candidatura», fa notare, «poiché così facendo la legislatura finirà prima». Anche per Giorgio D'Ignazio, capogruppo di Ap, e futuro candidato alla Camera con Civica popolare, la candidatura del presidente regionale per un seggio a Palazzo Madama non rappresenta una novità. «Me l'aspettavo», dice, «ma non so se sia positiva o negativa per l'Abruzzo. Sicuramente D'Alfonso è una persona capace, ma anticipare il voto potrebbe essere dannoso». Candidatura al Senato giudicata positivamente dal vice capogruppo del Pd, Ennio Balducci. «Egoisticamente potrei dire che D'Alfonso dovrebbe rimanere», osserva Balducci, «ma siccome D'Alfonso è persona forte e capace, da Roma potrà fare la fortuna dell'Abruzzo assumendo ruoli di governo nazionale».