PESCARA «Entro gennaio voteremo in consiglio regionale la legge sulla Grande Pescara». Si chiude con un impegno concreto, scandito al microfono dal presidente della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso, il convegno "Città nuove e sconfinate", organizzato ieri pomeriggio all'Aurum per confrontarsi su un'idea moderna di città, in grado di trascendere la categoria del confine geografico per interrogarsi sui nuovi concetti di area urbana liquida e territorio poroso, richiamando al tempo stesso le antiche nozioni di "civitas" e "polis". Il governatore lancia la sua «scommessa di ambizione», la sfida per la fusione dei tre Comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore, spinto «dall'autoconvocazione di 110mila adriatici che hanno votato sì al referendum del 2014» e sostenuto da una platea di diverse centinaia di ospiti tra parlamentari, consiglieri comunali e regionali di centrosinistra, rappresentanti del mondo delle istituzioni, delle forze dell'ordine e delle categorie produttive. Ad aprire il dibattito, moderato dal rettore dell'università di Teramo Luciano D'Amico (indicato come candidato ad assumere il ruolo di primo cittadino della Grande Pescara), il sindaco di Pescara Marco Alessandrini, tra i più accesi sostenitori dell'unione, seguito dal sociologo Giuseppe De Rita, dal teologo Monsignore Bruno Forte, dal giurista e ex ministro Franco Bassanini, dalla professoressa Cristina Forlani e dal presidente della Fondazione Spaventa Raffaele Bonanni (il giudice costituzionale Giuliano Amato non è intervenuto per motivi di salute). Grandi assenti ingiustificati i primi cittadini di Montesilvano, Francesco Maragno, e Spoltore, Luciano Di Lorito, che sull'ipotesi di fusione hanno già espresso diverse perplessità. Il concetto di società liquida, già teorizzato dal sociologo Zygmunt Bauman, è stato sviscerato dal punto di vista cristiano e sociale da Monsignor Forte, legandolo all'urgenza di una città «porosa», ossia aperta e accogliente, in cui «la riflessione sullo ius soli non riguardi solo i migranti, ma anche tutti i cittadini». E se De Rita ha rilanciato sull'opportunità di creare nuove città «intermedie, che siano in grado di gestire i nuovi flussi al di là dei confini urbani», Bassanini ha puntato l'attenzione sul principio di sussidiarietà e sulla necessità di «ridistribuire compiti e funzioni in una comunità in cui, venuti meno i confini fisici, tra vent'anni metà dei lavori e delle attività umane oggi esistenti non ci saranno più». «Stiamo lavorando», ha sottolineato D'Alfonso, «sull'ordinamento di questa città nuova che accoglie e dà protezione, di una città che trova il suo punto di quadratura mettendosi in cammino e non perché voglio più soldi dallo Stato. Le idee verranno tutte accolte e lavorate. Valutiamo quale sia il nome migliore: troppe volte Pescara forse è troppo, ma che non sia il nome a produrre l'ultimo decimetro di paura. Vediamo che cosa deve essere il programma della fusione, affinché non si produca nessuna periferizzazione, ma tenendo presenti tutti i rischi, in modo da produrre funzionalità e funzionamento». D'Alfonso guarda a una data precisa: i 100 anni dalla nascita di Pescara. «Dobbiamo sapere di aver fatto bene i compiti a casa», ha rimarcato, «questo è un tempo nel quale dobbiamo farci carico di questioni importanti che dureranno per tanti decenni, sapendo che queste rivoluzioni ci sono state presentate dai cittadini»