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Pescara, 24/11/2024
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Data: 15/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Quanti errori in quelle telefonate». Il caos a Rigopiano

«Che i carabinieri forestali abbiano chiesto alla Procura di riconsiderare la posizione di chi al telefono, quel 18 gennaio di un anno fa, non ha saputo gestire al meglio i soccorsi all'hotel Rigopiano restituisce forza alle nostre tante domande». Gianluca Tanda, del comitato Vittime di Rigopiano che nella tragedia ha perso il fratello Marco, commenta così la notizia di una possibile rivalutazione della condotta assunta da Daniela Acquaviva, funzionaria della Prefettura, e dal responsabile del 118 dottor Vincenzino Lupi nella gestione dell'emergenza: cioè per come lei ha risposto alla disperata richiesta d'aiuto di Quintino Marcella subito dopo la tragedia («a Rigopiano sta tutto a posto», disse, ed è sua la frase tristemente nota sulla madre degli imbecilli sempre incinta) e per come lui ha liquidato al telefono il direttore dell'hotel, Bruno Di Tommaso, senza dar modo a quest'ultimo di spiegare che non si trovava a Rigopiano ma a Pescara e indurlo così a pensare che qualcosa di grave potesse essere successo dopo il suo ultimo contatto con la reception del resort.
VERITA' E GIUSTIZIA
I nomi di Acquaviva e Lupi sono gli ultimi ad essere stati segnalati alla Procura dai carabinieri forestali, segno che l'insieme delle cosiddette telefonate della vergogna autorizza a pensare a condotte che possano configurare altre ipotesi di reato. «La nostra non è una caccia al colpevole, chiediamo verità e giustizia - chiarisce Tanda -. Ma nel comitato delle vittime abbiamo sempre detto che funzionaria della Prefettura e responsabile del 118 nelle rispettive telefonate non hanno agito secondo noi in modo professionale». E aggiunge: «A nostro avviso andrebbe fatta chiarezza anche sul ruolo degli addetti alla transenna che sulla via di Rigopiano hanno consentito agli ultimi clienti di salire all'hotel anziché far scendere coloro che erano già sopra, considerata l'allerta meteo con alto rischio valanga». Riflessioni, quelle di Tanda, che distinguono il prima dal dopo: un conto è aver gestito male un'emergenza quando ormai il destino delle 29 vittime era segnato, altra cosa è non aver fatto prima tutto il dovuto o il possibile, in base al protocollo, per evitare la tragedia. Ferite che si riaprono a pochi giorni dalla triste ricorrenza: «Giovedì saremo a Farindola, paese che con noi ha condiviso quel grande dolore - conclude Tanda - e a Penne per un concerto: quel giorno l'inchiesta resterà fuori, penseremo solo a ricordare i nostri cari. Sono altri i luoghi in cui chiedere giustizia. E noi continueremo a batterci uniti per ottenerla».

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