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Pescara, 24/11/2024
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15/01/2018
Il Centro
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Il ministero mandò i commissari dal prefetto. Cinque giorni dopo la valanga, il Viminale avviò un'indagine interna per ricostruire quanto fatto da Provolo il 18 gennaio. Per Samuel, 8 anni, il primo compleanno senza mamma e papà |
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PESCARA Formalmente furono inviati a Pescara dal ministero dell'Interno per dare una mano al prefetto Francesco Provolo nella gestione dei giorni successivi alla tragedia di Rigopiano. Di fatto, dal 23 gennaio, la firma del prefetto di Pescara scompare da tutti gli atti e le comunicazioni che riguardano Rigopiano e la sua figura scompare da tavoli e conferenze stampa come quella al palazzetto dello sport di Penne, in cui tutti i rappresentanti dei soccorsi, alla presenza dell'allora capo della protezione civile Fabrizio Curcio, fecero il bilancio finale dopo aver estratto dalle macerie dell'hotel anche l'ultima delle 29 vittime. Un'assenza, quella del prefetto, che in quei giorni di rabbia e dolore passò quasi inosservata, ma che a distanza di un anno svela un'altra verità. Una verità che sta scritta nelle carte e negli atti dell'inchiesta e che racconta di un prefetto praticamente commissariato e di un'indagine interna che i due commissari furono inviati a Pescara con il preciso compito di ricostruire quello che probabilmente sin da allora appariva come un pasticcio. Un pasticcio che le indagini dei carabinieri forestali coordinati dal procuratore Massimiliano Serpi hanno ricostruito nel dettaglio, come raccontano i 23 avvisi di garanzia dello scorso novembre, ma che per quanto riguarda le presunte responsabilità della prefettura nella gestione dei soccorsi prendono slancio dalla memoria che l'avvocato Camillo Graziano, legale della famiglia di Stefano Feniello, presentò dopo l'iscrizione, sul registro degli indagati, dei primi sei nomi. Era la fine di aprile, e da quell'elenco mancava qualsiasi nominativo riconducibile a presunti errori nella gestione dell'emergenza e, dunque, alla Prefettura. È così che, sulla spinta di quella memoria, andando a spulciare le carte, gli investigatori hanno trovato, tra le altre cose, la relazione di una dipendente della prefettura. Una relazione che, già nel suo incipit dà conferma di quello che i due vice prefetti erano venuti a fare a Pescara il 23 gennaio: ricostruire com'era stata gestita l'emergenza e, in particolare, quando era stata effettivamente aperta la sala operativa che il prefetto Francesco Provolo anche il 24 gennaio, nella riunione tecnica convocata a Penne con i rappresentanti delle varie forze dell'ordine, aveva pubblicamente sostenuto di aver aperto il 16 gennaio. «In riscontro alla vostra richiesta del 27 gennaio», scrive la dipendente della prefettura ai due vice prefetti Mazzia e Angieri, «con la quale si richiedeva alla sottoscritta e agli altri componenti della sala operativa di protezione civile della prefettura di Pescara, di descrivere le attività svolte dalla medesima e dagli altri componenti nella giornata del 18 gennaio 2017 e, come da voi riferito, al fine di rappresentare tali attività all'organo inquirente, espone quanto segue». E cioè che la mattina del 18 gennaio le attività della sala operativa erano ancora di raccordo e si svolgevano all'interno dell'ufficio del coordinatore di protezione civile. Ma nella nota che i due vice prefetti inviano alla Mobile, con gli atti richiesti ai funzionari, figurano anche le relazioni del funzionario Giancarlo Verzella che comunica di confermare «quanto dichiarato nei giorni scorsi alla Mobile», e della coordinatrice della sala operativa Ida de Cesaris che ribadisce: «La sala operativa è stata attivata dalla mattina del 16 gennaio». Per la Procura, che l'ha iscritta nel registro degli indagati con il prefetto Provolo, il capo di gabinetto Bianco e altri 20 indagati, non andò così.
Per Samuel, 8 anni, il primo compleanno senza mamma e papà
CHIETI. Ha compiuto 8 anni il 12 gennaio Samuel Di Michelangelo, uno dei quattro bambini scampati alla slavina che ha travolto l'Hotel Rigopiano a Farindola il 18 gennaio di un anno fa.Nella sciagura sono morti i genitori Dino Di Michelangelo, 41 anni, poliziotto in servizio a Osimo, e Marina Serraiocco, 38 anni, anche lei originaria di Chieti e titolare nella cittadina marchigiana di un negozio di bomboniere. Samuel, estratto vivo dopo due giorni, vive a Chieti Scalo con i nonni materni. Da poche settimane ha una cuginetta, nata subito dopo Natale. «Samuel sta bene, va a scuola, sta superando piano piano quello che è successo», racconta la nonna materna Clotilde, che poi si interrompe e ammette, «...ma forse non lo supererà mai, così come non lo supererò neanche io, nessuno di noi». Per l'ottavo compleanno «una festicciola a scuola e la torta a casa con i parenti. La festa con i compagni ci sarà la prossima settimana». Il ricordo della famiglia Di Michelangelo è molto forte a Osimo, dove il piccolo aveva cominciato le scuole primarie e dove la mamma aveva aperto «La Bomboniera di Marina» . Per lui, proprio il Comune di Osimo ha lanciato una raccolta fondi che ha totalizzato quasi 140 mila euro, ora bloccati «in un conto in banca pupillare» spiega Alessandro Di Michelangelo, fratello di Domenico e anche lui poliziotto, tutore del piccolo. «Samuel ha avuto fin da subito anche un'altra grande famiglia», sottolinea, «la Polizia di Stato». L'estate scorsa, le commercianti amiche di Marina erano riuscite a organizzare una vendita speciale della merce rimasta nel negozio, svuotato e definitivamente chiuso.«Non credo più nella giustizia umana», dice Clotilde, mamma di Marina e nonna di Samuel, a proposito dell'inchiesta della Procura di Pescara, «spero solo in quella divina...E forse neanche più in quella». Ma quest'anno parteciperà alla commemorazione a Rigopiano in programma giovedì.
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