Mancano solo le tazze da tè e i pasticcini, quel pomeriggio del 18 gennaio 2017 nell’aula consiliare della Provincia di Pescara. Si parla amabilmente, come racconta il verbale finalmente uscito fuori dai meandri della Regione ma mai acquisito dalla Procura, e come raccontano persino le foto: il presidente Luciano D’Alfonso col felpone grigio, l’assessore Silvio Paolucci che sbircia il telefono insieme al sindaco di Lanciano Mario Pupillo, sorrisi, chiacchiere e nient’altro.
Alla riunione col fotografo
Sì, c’è persino il fotografo ufficiale, quel pomeriggio: dall’hotel erano già partite richieste di soccorso dal mattino, telefonate concitate, ma la parola Rigopiano lì, in quella riunione, che è la riunione del Core, comitato operativo regionale per le emergenze convocata dal presidente della Regione per le 15.30, non c’è traccia.
Nessuno ne parla, nessuno fa riferimento alla mail partita dall’hotel quella mattina, sono tutti preoccupati di altro, persino del carcere di Castrogno ma di Rigopiano no.
Il fatto emotivo
Chiacchiere in libertà, parata di buoni propositi, un po’ di propaganda e persino sprazzi di emotività: è quello che emerge dal verbale ufficiale di quel giorno maledetto, quando D’Alfonso prende la parola per dire che calma, calma,
“ci sono aspettative in ogni dove, ma è necessario fare una valutazione realistica, molto influisce anche il fatto emotivo”.
L’Abruzzo cadeva a pezzi, sepolto dalla neve e dalle ultime scosse di terremoto, l’hotel Rigopiano stava per essere cancellato per sempre e nella riunione del Core si parla come nulla fosse, di “fatto emotivo”. Ecchediamine, non agitatevi, dice Dalfy.
Bisogna fare una valutazione realistica, esorta il presidente. Purtroppo non fu fatto niente di tutto questo, tanto che la riunione del Core, che sarebbe dovuto rimanere convocato in seduta permanente così come prevede la legge, viene chiusa alle 17.25. In quegli istanti, proprio in quegli istanti, sarebbe crollato l’hotel Rigopiano.
La riunione inizia alle 15.40, tra i convocati ci sono i prefetti, i presidenti di Provincia, il sottosegretario Mario Mazzocca, i sindaci dei capoluoghi, i dirigenti regionali Liberatore, Giovani, Iovino, Del Sordo, Binchi, Picardi, Muraglia, la Asl, i Vigili del fuoco, Anas, Enel, Autostrada dei parchi, Autostrade per l’Italia, gli assessori, i gestori dei servizi idrici. Però nel verbale non ci sono le firme di Mazzocca e di Claudio Ruffini che è quello che si incarica di fare le telefonate e di far partire la lettera di convocazione e che è presente alla riunione. Anzi, un intervento di Mazzocca viene annotato a metà riunione, ma risulta che arrivi in Provincia solo un quarto d’ora prima della fine.
La caccia alle turbine
Il primo punto all’ordine del giorno della riunione del 18 gennaio è l’emergenza elettrica, ci sono forti criticità nel versante vestino della Provincia di Pescara, dice Antonio Di Marco, mancano le turbine. E così comincia la caccia alla turbina: sposta lì, mandala qui. Dal verbale emerge con chiarezza che la Regione non ha mai provveduto a organizzare mezzi e uomini per l’emergenza.
E no, non ci sono turbine disponibili per Rigopiano, anzi nessuno la nomina neppure Rigopiano. Guardate la foto sopra, è un comunicato di Regione flash che dà conto della riunione del 18 gennaio: “Sono attese nelle prossime ore 12 frese a turbina che serviranno per i comuni di Farindola, Montebello e Villa Celiera e alla zona Valfino”. Farindola, non Rigopiano. “Le ulteriori due saranno “rivolte” a Civitella del Tronto verso i Comuni del Gran Sasso. E infine le ulteriori sei saranno dirottate a Campotosto, Montereale e Capitignano”, annuncia D’Alfonso nel corso di quella riunione. Così, a casaccio. O a richiesta.
No, non è una riunione operativa, proprio per niente: è una specie di messinscena in cui alla fine si parla persino di fake news, col sindaco di Pescara che racconta della diffusione di notizie false sul fiume, e in cui Dalfy riferisce che ha fatto intervenire l’esercito “per cinque situazioni più gravi: Chieti, Atri, Cellino Attanasio, Castellalto e Civitella del Tronto”. L’esercito, dice. Ma in quella riunione nessuno pensa a fare una disamina delle notizie della Sala operativa, con le schede contenenti le segnalazioni dei singoli eventi, così come prescrive la legge. No, si parla d’altro: il presidente della Regione annuncia che chiederà il riconoscimento dello stato di emergenza, mentre in quel momento nessuno si cura della vera emergenza in corso a Rigopiano. Propaganda, niente più.
E si parla anche del grossissimo pericolo che in quelle ore stanno correndo le dighe, lui il governatore esorta i prefetti a tenerle sotto controllo, pure quella di Chiauci “che anche se non è in territorio abruzzese lo interessa”. Ammette che “fino ad oggi a Campotosto non sono stati fatti controlli approfonditi”.
No, la prevenzione non interessa nessuno, non fa parte degli obiettivi della Regione. Parole in libertà, rassicurazioni, esibizione di muscoli, come alla fine quando D’Alfonso invita Gizzi a mandare i generatori dove occorrono anche se il costo è maggiore: riferirà anche a Errani e alla Boschi, annuncia, li incontrerà nei prossimi giorni, e poi rassicura i sindaci che per le risorse finanziarie per il recupero delle persone e degli animali non ci saranno problemi. Dovrà parlare con la Boschi, nessun problema per i soldi, e nessun problema per persone e animali, così dice.
Il Core chiude i battenti alle 17.25
Dopo poco più di un’ora e mezzo il Core chiude i battenti. Tutti a casa.
Dilettanti allo sbaraglio. La legge n.72 del 14 dicembre del 1993 che disciplina le attività regionali di Protezione civile, viene completamente ignorata e disattesa. In quel pomeriggio si verifica un esempio lampante. La Regione Abruzzo non solo non ha mai approvato la Carta valanghe ma è inadempiente anche per molto altro: all’articolo 7 la legge prevede che l’ente si occupi della elaborazione dei piani di emergenza “che devono provvedere alla individuazione e organizzazione permanente dei mezzi e delle strutture operative, nonché ad ogni altra iniziativa necessaria per interventi di protezione civile, compresi quelli di supporto agli enti locali, assicurando la compatibilità e il coordinamento dei piani stessi con quelli provinciali elaborati dalle Prefetture”.
La legge regionale
Piani, mezzi e strutture operative del tutto inesistenti, come ormai testimonia il verbale del Core. Ma spetta alla Protezione civile regionale anche provvedere alle attività “immediate di ripristino dei collegamenti stradali”, oltre che degli acquedotti, delle fognature, degli impianti di depurazione.
A chi competono questi compiti? Lo dice chiaro e tondo la legge, all’articolo 13: “Il presidente della giunta regionale, per assicurare la direzione unitaria e il coordinamento delle attività di Protezione civile e di emergenza, si avvale del comitato operativo regionale per le emergenze”. Il famoso Core, che si riunisce quel pomeriggio lì e che avrebbe dovuto “valutare le notizie, i dati e le richieste provenienti dalle zone interessate all’emergenza e raccolti a cura della sala operativa”. Ma non accadde niente di tutto questo. La Sala operativa regionale, “quale sede tecnica di raccolta notizie, comando, coordinamento, comunicazione è presidiata nell’arco delle 24 ore”. Altro che 24 ore, venne sciolta un’ora e mezza dopo.
Questo accadde quel pomeriggio del 18 gennaio: non solo la parola Rigopiano non viene mai pronunciata, ma viene del tutto ignorato l’allarme lanciato dall’hotel dalle prime ore del mattino.
ps: E proprio mentre i partecipanti si alzano e vanno via, proprio in quei minuti, l’albergo viene seppellito dalla valanga.