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Data: 16/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, c'è il primo sì fino al 2021 allarme conti sul Campidoglio. Ex depositi in vendita, frenata in giunta: «Da riscrivere la delibera per fare cassa»

Se l'Atac non verrà ammessa al concordato, i trasporti romani rischiano il colpo del kappaò «già dal 26 gennaio». E il Campidoglio si ritroverebbe con un buco nei conti da mezzo miliardo di euro, 530 milioni a essere precisi. L'allarme, nero su bianco, è nella delibera votata ieri dalle commissioni Bilancio e Mobilità del Campidoglio, che oggi sbarcherà in Assemblea capitolina per l'approvazione finale.
In ballo c'è la proroga del contratto di servizio della società dei trasporti fino al 2021. La scadenza attuale, 3 dicembre 2019, secondo la giunta di Virginia Raggi non consente alla partecipata in profondo rosso di risanare i conti e rilanciare il servizio. Ecco perché l'amministrazione grillina, nonostante i pareri «critici» di tutti i livelli tecnici - Ragioneria, Avvocatura e Segretariato generale - oggi farà di tutto per votare, a maggioranza, l'estensione dell'affidamento, che costerebbe comunque al Comune di Roma 1 miliardo e 120 milioni.

«PUNTI CRITICI» Serve il «sì» dell'Aula per dare forza al piano industriale che l'azienda deve presentare ai giudici tra pochi giorni, entro il 26 gennaio. E poco importa che le leggi nazionali e le normative europee prevedano nel 2019 la messa a gara di tutti i servizi pubblici essenziali; poco importa che perfino l'Antitrust abbia espresso seri dubbi sull'operazione (secondo l'Autorità della concorrenza due anni basterebbero per risanare l'Atac). Il Campidoglio punta tutto su un parere pro veritate che «ribadisce le ragioni della piena sostenibilità di una proroga biennale del contratto», parere firmato dall'avvocato Carlo Felice Giampaolino, il super-consulente arruolato dall'azienda dei trasporti proprio per scrivere il piano di salvataggio.
La verità è che a Palazzo Senatorio sembra non esserci un piano B. Se il concordato fallisse, la giunta non saprebbe come assicurare i trasporti. Lo aveva ammesso mercoledì scorso l'assessore alla Mobilità, Linda Meleo: «Se il concordato di Atac non dovesse andare a buon fine, già dal 27 gennaio ci sarebbe il rischio di blocco del servizio». Salvo poi fare marcia indietro dopo l'ira dei vertici M5S per l'allarmismo che danneggia la campagna elettorale: «Il servizio sarà assolutamente garantito, sono stata male interpretata». Invece nella delibera che oggi sbarcherà in Aula Giulio Cesare, dopo il via libera concesso ieri dalle commissioni, l'allarme è chiarissimo: se il concordato naufraga, esiste «un pericolo imminente di interruzione del servizio di Tpl in tutto il Comune di Roma, che potrebbe trovare immediata concretezza (già dal prossimo 26 gennaio 2018)».
Secondo la giunta M5S, «il rischio di interruzione del pubblico servizio non potrebbe essere efficacemente e tempestivamente superato mediante l'affidamento del servizio a un diverso gestore, in quanto le necessarie tempistiche, ai fini dell'erogazione delle attività, non risulterebbero coerenti con le esigenze di continuità del servizio». Traduzione: se Atac fallisce, per trovare un nuovo gestore ci vorrebbe tempo. E il «rischio per la collettività», viene ribadito, «non potrebbe essere superato con l'affidamento del servizio a un diverso gestore» sempre per via delle «necessarie tempistiche».

VORAGINE IN BILANCIO In questo scenario horror, il Comune si ritroverebbe con una voragine nei bilanci. «Ulteriori effetti patrimoniali - si legge ancora nella delibera - si determinerebbero nel patrimonio del Socio Unico», cioè il Campidoglio, considerando che il credito che l'amministrazione cittadina vanta nei confronti della sua controllata è di «530 milioni», annota la giunta. Un importo che, se il concordato finisse male, sarebbe «ragionevolmente soggetto ad integrale falcidia» oppure «nel suo valore residuo», impiegato solo per soddisfare i creditori. Nel piano industriale appena varato dal Cda invece è previsto che il Comune venga rimborsato in 20 anni, ma la posta potrebbe comunque essere iscritta per intero nei prossimi bilanci. Le fatture dei fornitori, invece, verrebbero saldate al 60%, sempre se l'operazione andasse in porto.
In attesa del voto sulla proroga, il Pd con la consigliera Ilaria Piccolo chiede garanzie: «La giunta chiarisca quali sono le linee guida del nuovo piano industriale». La sindaca Raggi però tira dritto e sostiene che «alle polemiche noi rispondiamo con i fatti. Nei prossimi tre anni acquisteremo 600 nuovi autobus per Roma».


Ex depositi in vendita, frenata in giunta: «Da riscrivere la delibera per fare cassa»

Percorso a ostacoli per la delibera sugli immobili di Atac da mettere in vendita. Annunciato il 3 gennaio scorso dal Campidoglio, il provvedimento va riscritto. E i tempi si allungano, anche se il pacchetto di dismissioni è uno dei pilastri del nuovo piano industriale della società dei trasporti. Sulla carta i beni che dovrebbero essere alienati - così aveva comunicato Palazzo Senatorio la settimana scorsa - sono sette: gli ex depositi Vittoria di piazza Bainsizza, San Paolo di via Alessandro Severo, piazza Ragusa, l'area Garbatella di via Libetta, il Centro Carni di via Severini, e le rimesse di via di Portonaccio e Trastevere di viale delle Mura Portuensi.

LA MAGGIORANZA L'operazione però si sta dimostrando più complicata dal previsto. Perché dopo un vertice con la Ragioneria e la maggioranza del M5S alcuni immobili sono stati «espunti» dalla delibera.
L'atto ieri è stato analizzato anche dall'esecutivo di Virginia Raggi che intende capire bene come muoversi. Il piano di alienazione, si legge nella memoria del Comune, ha l'obiettivo di «proseguire nel risanamento aziendale anche attraverso misure che mirino a liberare risorse per gli investimenti». In realtà il piano di risanamento prevede un'operazione di più larga portata, perché comprende complessivamente la dismissione di 18 immobili, tra ex rimesse, uffici non utilizzati, terreni. Un tesoretto che, secondo le prime stime, frutterebbe alle malandate casse dell'azienda circa 95 milioni di euro. Cifra che però potrebbe abbassarsi considerando che per ora non è stata concessa la «trasformazione urbanistica».

LO STRALCIO Ed è proprio questo il nodo del contendere, uscito fuori nelle ultime ore. Dentro la maggioranza è stato sollevato il problema sul «come muoversi» e alla fine gran parte degli stabili Atac sono stati stralciati dalla delibere. Saranno prima acquisiti dal Comune e poi rimessi sul mercato. In questo modo però perde valore, o meglio viene depotenziata l'operazione iniziale: fare cassa con gli ex depositi della municipalizzata. Una mossa necessaria per fornire garanzie economiche al tribunale fallimentare che il prossimo 26 gennaio si esprimerà sulla richiesta di concordato. Il problema è legato ai paletti del piano regolatore e al modo più corretto per far fruttare i gioielli della municipalizzata di via Prenestina. Nel dubbio la delibera non è stata ancora approvata dalla giunta.
Insomma, nonostante gli annunci, le incognite restano. Anche perché, come si legge nell'ultima relazione allegata al bilancio, su alcuni degli immobili che dovrebbero essere dismessi gravano alcune ipoteche bancarie. Su diversi beni, si legge nel consuntivo 2016 «è iscritta un'ipoteca di euro 38.000.000 a garanzia della Linea A nell'ambito del contratto di finanziamento con le banche».
L'operazione, insomma, è complessa e va capito come superare i vari ostacoli. Va detto che l'Atac ha già ingaggiato un pool di esperti esterni. Ad occuparsi della «valutazione di immobili e compendi immobiliari di proprietà della società» infatti è l'azienda Real Estate Advisory Group che si è aggiudicata l'incarico vincendo un bando pubblico.

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