ROMA Serve un'Italia stabile, ancorata al progetto europeo e che non si avventuri in politiche economiche che mirano a «sfondare» il tetto del 3% nel rapporto tra deficit e Pil. Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari economici entra a gamba tesa nella campagna elettorale e riapre il fronte europeo esternando alla vigilia del voto tutte le preoccupazioni di Bruxelles. E pone la situazione italiana tra i «rischi politici» all' orizzonte in Europa: troppi, inoltre, i programmi elettorali dichiaratamente euroscettici e ricchi di promesse «sfonda-debito». Se non fosse stato abbastanza chiaro l'«amico dell'Italia» Moscovici, a dare corpo all'esternazione ci ha pensato con splendido tempismo un falco della famiglia dei rigoristi nordici: «È una situazione molto delicata. Spero che l'Italia sia guidata da un governo stabile pro-europeo, e che questo tipo di idee sia sostenuto dalla maggioranza degli italiani», ha scandito il commissario finlandese per il lavoro Jyrki Katainen. E in Italia è subito polemica, a conferma della tradizionale sensibilità del Belpaese alle punzecchiature esterne. È un'ingerenza, gridano più o meno compatti dal centrodestra. Si tratta di una «inaccettabile intrusione di un burocrate europeo nelle elezioni italiane», ha tuonato Matteo Salvini. Ma anche Luigi Di Maio, il più colpito dalle parole di Moscovici (la sua proposta di sfondare il tetto del 3% nel rapporto tra deficit e Pil «è un controsenso assoluto»), non resta silente: «spiace» questa ingerenza, premette. E poi chiede «un confronto pubblico a Moscovici» per spiegargli che i Cinque stelle «vogliono fare investimenti in deficit ad alto moltiplicatore per ripagare il debito». Per poi concludere con una stoccata: «Tra l'altro, Moscovici viene da una nazione, la Francia, che ha sforato il 3% per anni». Più cauta Forza Italia, che pure non ha dimenticato gli assalti alla baionetta contro Silvio Berlusconi lanciati da Bruxelles nel recente passato. «L'Europa si faccia i fatti suoi», commenta lapidaria Giorgia Meloni, leader di FdI. Assente dal dibattito il Pd. Anche perchè il Commissario Ue ha sparso miele sul premier Paolo Gentiloni e il suo esecutivo: «Non è un segreto - ha spiegato senza peli sulla lingua - che sugli orientamenti europei e le decisioni da prendere sulla zona euro c'è una convergenza di vedute molto chiara con Paolo Gentiloni, Pier Carlo Padoan e il governo. Per il resto, questo non significa nulla per quanto riguarda le scelte che faranno gli italiani: la Commissione - ha assicurato - e io stesso, come d'abitudine, lavoreremo con il governo democraticamente eletto dagli italiani». Per il Pd, sono alacremente al lavoro i pontieri per costruire l'alleanza con uno dei simboli dell'europeismo italiano, Emma Bonino. Non a caso il suo Movimento si chiama +Europa. Lo stesso Matteo Renzi sta esplorando mondi lontani. È di oggi la notizia che sono avviate conversazioni con le creature politiche più in forma dell'europeismo 2.0. È in cantiere un progetto trasversale e decisamente innovativo che potrebbe portare a una lista transnazionale tra Pd, En Marche di Macron e la novità spagnola Ciudadanos del giovane Albert Rivera. Due formazioni che poco c'entrano con il socialismo europeo. E piaccia o non piaccia, l'adesione forte al progetto europeo sarà il canyon che separerà con chiarezza le forze politiche.