ROMA C'erano una volta i partiti a vocazione maggioritaria. Grandi, onnivori, macchine di cattura del consenso fino a pensare di poter rappresentare ognuno più del 40% degli italiani. Ma poi un bel giorno, il 4 dicembre 2016, arrivò un referendum che doveva semplificare il tutto e...tutto si capovolse. «Se dovessimo definire il sistema politico attuale parlerei di un insieme di partiti a vocazione minoritaria», spiega Enzo Risso, direttore della casa di sondaggi SWG. Difficile dargli torto. I partiti che ad oggi - secondo i sondaggi - sono sopra quota 20% sono solo due, il M5S e il Pd. La coalizione di centrodestra che viene data in testa (fra il 34 e il 38%) è composta da tre partiti principali che si sono uniti ad un raggruppamento di formazioni centriste (che va dall'Udc a Direzione Italia a Idea) e che sta cercando un accordo con una quinta gamba rappresentata dalla lista Energie, dell'ex candidato di Forza Italia alla sindacatura di Milano, Stefano Parisi.
Nel centrosinistra oltre al Pd si dovrebbero contare altre tre liste: quella di Emma Bonino , composta da +Europa e Centro Democratico; quella dei centristi di Beatrice Lorenzin, che comprende ben cinque sigle e quella di Insieme che raggruppa Ulivisti, Socialisti e Verdi. Senza contare gli accordi locali con i Sud-Tirolesi della Svp.
IL CALEIDOSCOPIO
Il bello è che i 3 o 4 loghi che vedremo sulla scheda elettorale per ogni coalizione in realtà raggruppano a loro volta una dozzina di liste minori che a loro volta sono frutto di estenuanti mediazioni fra decine di formazioni ancora più piccole. Pare che Silvio Berlusconi abbia incontrato nelle scorse settimane ben 22 segretari di partito, compresa Michela Vittoria Brambilla leader di un partito pro-animali.
L'incredibile caleidoscopio della politica italiana si è diffuso anche fuori dalle coalizioni. La lista Liberi e Uguali guidata da Pietro Grasso, ad esempio, è il frutto dell'accordo elettorale di almeno quattro raggruppamenti (Mpd, Sinistra Italiana, Possibile, ex Sel e minori vari). Ancora più a sinistra pare siano pronti a presentare le proprie liste elettorali ben quattro partiti comunisti nonostante la presenza di una lista unitaria di area che si chiama Potere al Popolo. Sfrangiata - ma questa non è una novità - anche l'estrema destra. E poi ci sono decine di liste nuove di zecca fra le quali spicca Italia 10 volte meglio lanciata dall'ex imprenditore veronese Andrea Dusi.
Già, ma cosa succede fuori dalla classica frattura sinistra/destra? A prima vista il simbolo pentastellato può vantare la sua splendida solitudine dall'alto del podio di primo partito nei sondaggi. «I conti naturalmente si faranno con i voti veri - spiega Risso - Però i 5Stelle non è che non abbiano problemi: non stanno superando quella soglia del 25/28% che pare essere la loro massima cassa d'espansione».
UN'IDEA DI FUTURO
Insomma l'Italia sembra essersi arenata nelle secche di un immenso arcipelago composto da un centinaio isole politiche, fra grandi, piccine e in parte già semi sommerse.
Ma è davvero tutta colpa dei politici? «Mi permetto un'opinione classica - scherza il politologo bolognese Piero Ignazi - La borghesia italiana sembra liquefatta, ha storicamente avuto difficoltà a fare da punto di riferimento perché meno colta delle consorelle europee, ma oggi l'intera élite del Paese fa fatica ad esprimere una direzione. Dunque tutto si frammenta». Articolato il ragionamento di Risso: «La lunga crisi economica, la maggiore competitività di altri paesi europei e la spinta dell'immigrazione hanno eroso il ceto medio - dice - Oggi le aspettative dei mille segmenti sociali sono molto polverizzate. Basti pensare che all'inizio del secolo il 70% degli italiani pensava che il Paese si stesse modernizzando, oggi questa percentuale è sotto il 20%; il 65% si sentiva incluso e oggi molto meno». Secondo Risso per rimettere assieme i cocci è necessario che il sistema politico torni ad esprimere un'idea di futuro. Che però difficilmente emergerà dall'arcipelago elettorale del 4 marzo.