ROMA La deroga per il presidente del Consiglio e per i suoi ministri c'è ed è stata approvata dalla direzione del Pd di ieri pomeriggio che affida al segretario del Pd ogni decisione finale su proposta dei territori. Un decide Renzi con i segretari regionali del partito che lascia poco spazio alle discussioni, ma per capire quali altre deroghe al tetto dei quindici anni di Parlamento verranno concesse, occorrerà attendere la direzione convocata per il 26 gennaio. Su una, quella di Piero Fassino, in quanto fondatore del partito, sembra non esserci discussione. Sulle altre occorrerà attendere l'ultimo giorno del mese, quando scade la presentazione delle liste.
In serata, a Matrix, Matteo Renzi annuncia: «Io andrò al Senato. Volevo eliminarlo, ho perso il referendum e ho pensato fosse giusto rispettare la volontà degli italiani. Se mi vorranno correrò al Senato all'uninominale. Gentiloni sarà candidato alla Camera».
LA FOLLA
L'affollata riunione di ieri al Nazareno segue l'altrettanto affollata seduta della Camera che ha approvato la missione militare in Niger. In Transatlantico ieri non si parlava altro e alla buvette anche il figlio del governatore campano De Luca, probabile candidato per il Pd, discuteva di posti in lista con i suoi corregionari.
«La presenza così ampia dimostra che quando si parla di clima e ambiente la partecipazione è massiccia». Matteo Renzi, che il 4 marzo sarà per la prima volta candidato in Parlamento, ironizza sulla folla di deputati e senatori che riempiono il salone-conferenze del Nazareno. «Candideremo Paolo Siani e Carla Cantone (Cgil) e nelle prossime ore annunceremo altre personalità», sostiene l'ex premier che sottolinea anche la vicinanza del Pd al sindacato definita «un'area culturale alla quale siamo molto affini». La decisione su tutte le altre deroghe «la possiamo prendere solo quando sarà chiaro il quadro sulle liste», spiega il segretario del partito che annuncia di aver chiuso con il partito autonomista Tirolese e con la Südtiroler Volkspartei. Ringrazia Fassino per «il lavoro generoso» che «sta portando alla chiusura di una coalizione per la quale abbiamo aperto ad altri tre soggetti politici», i Civici e Popolari della Lorenzin, la lista Insieme che include Verdi e socialisti e +Europa di Bonino, Tabacci e Della Vedova. Un quasi-fatto che fa ballare qualche decina di collegi, che spinge il segretario a prender tempo anche se l'avviso agli uscenti è chiaro: «Gli spazi si riducono, deputati e senatori uscenti non saranno tutti riportati in Parlamento, anche perchè - aggiunge Renzi - un partito non si può riproporre con gli stessi volti». Gli spazi sono pochi. Il Rosatellum non dà il centinaio di seggi in più che il Pd incassò alla Camera nel 2013 e, al netto delle uscite e delle entrate, sono molti a tremare in queste ore. Non chi non ha pagato le quote che non verrà ricandidato.
Mano tesa all'opposizione interna quando Renzi dice che non farà come Bersani nel 2013, «quando non fu rispettato l'esito delle primarie», stavolta «rispetteremo le diverse sensibilità interne al partito». Andrea Orlando e Gianni Cuperlo tirano un sospiro di sollievo, ma non troppo perchè poi il segretario Dem aggiunge: «Ha un posto sicuro solo chi va a prendere i voti nel collegio».
LA LOTTA
Stavolta la sfida è «difficile» e quindi l'invito al partito a mettere da parte le discussioni che «faremo dopo il 4 marzo» e a «fare squadra». Sulla coalizione non allarghiamo troppo. Abbiamo due terzi dei seggi sulla base proporzionale e abbiamo la possibilità di fare un grande risultato. Il Pd è in lotta con il M5S per il primo posto», sostiene spronando il partito ad andare «casa per casa». Manovre per il dopo sono già in corso, sostiene il segretario del Pd che cita «le alleanze differenziate» fatte dagli scissionisti di LeU in Lombardia e Lazio.
«Non viviamo su Marte», «c'è un disegno strategico contro di noi», sostiene il segretario del Pd che da diverso tempo si interroga su insospettabili sostegni che hanno i grillini. Un disegno alimentato anche da fake news come quella sui sacchetti di plastica o da «prove fabbricate» come quella su Consip. Concentrarsi sulle proposte, sull'azione del buon governo e sull'Europa per invertire il trend dei sondaggi che starebbe già avvenendo perchè il Pd conta sulla più ampia fetta di elettorato potenziale, mentre Lega e M5S sembrano aver già fatto il pieno. L'Europa «è il primo punto del programma», afferma il segretario del Pd che lancia l'appuntamento di sabato a Milano e dà a tutti appuntamento al 26. Tre giorni prima della chiusura delle liste.