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Data: 20/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Statali, aumenti a marzo gli arretrati a febbraio

ROMA Due ultimi passaggi. Il primo sostanziale, il secondo formale. Poi i dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali e del parastato, dopo nove anni di blocco delle retribuzioni, potranno incassare il primo aumento. Ma soprattutto gli arretrati maturati per il 2016 e il 2017. E qui sta la vera novità. Il governo vuole a tutti i costi che arrivino nelle buste paga di febbraio. Il problema è che per farlo, è necessario che gli ultimi due passaggi si concludano entro il cinque del prossimo mese. Non è scontato. Anzi. Ieri il consiglio dei ministri ha ratificato l'accordo raggiunto alla vigilia di Natale con i sindacati delle «funzioni centrali». Adesso il contratto dovrà passare il vaglio della Corte dei conti che avrà 15 giorni per validarlo o fare delle osservazioni. Poi ci sarà la firma definitiva del contratto che entrerà immediatamente in vigore.
LA TEMPISTICA
Cosa succede se, come sembra probabile, tutto l'iter non si concluderà per il 5 febbraio, giorno in cui vengono preparati i cedolini? Il governo ha già pronta una ipotesi alternativa: pagare separatamente gli arretrati qualche giorno dopo lo stipendio. Insomma, i soldi sui conti correnti degli statali potrebbero essere accreditati proprio alla vigilia del voto. Cifre, tra l'altro, non trascurabili.
I primi 270 mila dipendenti statali che hanno rinnovato il contratto, riceveranno arretrati tra i 320 e i 712 euro lordi, con una media di 492 euro. Poi da febbraio scatteranno anche gli aumenti a regime, che variano da 63 euro a 117 euro. Chi si trova nella fascia inferiore, riceverà per tutto il 2018 un assegno una tantum da 21 a 25 euro, in modo da raggiungere gli 85 euro promessi dal governo con l'accordo firmato a novembre del 2016 alla vigilia del referendum costituzionale. Che l'intenzione sia quella di pagare gli arretrati a febbraio lo ha confermato la stessa ministra della Funzione pubblica Marianna Madia. Alla domanda se l'una tantum possa sbloccarsi già a febbraio, quindi prima del voto, la ministra ha risposto che «l'auspicio, anche se ci sono dei passaggi formali, è che, sì, avvenga il prima possibile». Fin qui quel che riguarda gli statali in senso stretto (ministeriali, dipendenti delle agenzie fiscali e del parastato). Meno del 10% di tutto il pubblico impiego, che tuttavia fa da apripista al resto dei 3,3 milioni di lavoratori.
GLI ALTRI COMPARTI
Tanto che entro il mese dovrebbe essere fatta anche per scuola, enti locali e sanità. Il comparto della pubblica amministrazione centrale dal «punto di vista numerico è il più piccolo, è però molto significativo perché riguarda le funzioni dirette dello Stato e soprattutto perché determina un quadro di riferimento», ha sottolineato la leader della Cgil, Susanna Camusso, che ha definito il via libera del Cdm, come un «atto dovuto». C'è comunque soddisfazione da parte delle diverse sigle. Il sì di oggi «dimostra che i contratti si possono fare», ha detto Franco Martini, sempre dalla Cgil. «Finalmente una buona notizia», ha commentato Antonio Foccillo della Uil. «Dopo anni di ritardo ripartono le buste paga», ha sottolineato Massimo Battaglia della Confsal Unsa. E la Cisl con Ignazio Ganga ha rimarcato come il passaggio a palazzo Chigi fosse «fondamentale». Il governo, nel comunicato successivo al Consiglio, non ha mancato di notare come «l'impegno assunto» sia stato rispettato. E il sottosegretario Angelo Rughetti, via social, ha dato colore politico alla delibera: « Berlusconi Matteo Salvini Renato Brunetta i contratti li bloccano noi li facciamo».

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