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Data: 24/01/2018
Testata giornalistica: Prima da Noi
Il retroscena: D’Alfonso a casa di Di Matteo per disinnescare il “nemico”Lotti blinda il governatore ed è caccia agli amici sponsor per la campagna elettorale

ABRUZZO. «Sono Luciano», il presidente della Regione Abruzzo al citofono chiede di salire per parlare un attimo.

La casa è quella di Donato Di Matteo suo assessore dal 2014.

E’ la prima domenica di gennaio e l’argomento “fuori sacco” è una proposta di candidatura alle prossime elezioni: «candidati con me al Senato, io vado al proporzionale e tu al maggioritario, saremo una squadra imbattibile».

La visita è inaspettata e inconsueta, ed il governatore fa tutto da sè impersonando tutti i ruoli della commedia, compresi quello di segretario del Pd, il “suo” partito, quello che di fatto controlla ed ha sottomesso.

Nel momento dell’improvvisata sulla candidatura di D’Alfonso c’erano solo voci non confermate, poi solo dopo pochi giorni confermate a metà. In realtà il governatore ha sempre detto di aver ricevuto direttamente da Renzi la richiesta di candidatura e che se avesse potuto decidere liberamente sarebbe rimasto a fare il presidente.

Dalla ricostruzione dei fatti, però, resa possibile intrecciando molte fonti, soprattutto extraregionali, c’è sempre e solo un dato che ritorna: la volontà precisa di candidarsi da parte di D’Alfonso.

Quella visita domenicale è ulteriormente “singolare” per il fatto che da quasi 4 anni D’Alfonso e Di Matteo conducono la loro personale e “privata” battaglia da acerrimi nemici dentro lo stesso partito, la stessa coalizione e pure nella stessa giunta, con ripercussioni nette anche sulla pubblica amministrazione (le proposte Di Matteo si impolverano sui tavoli senza mai arrivare in discussione…).




Ma trattandosi di due politici scaltri e navigati, conoscono entrambi bene codici di condotta e furbizie tali da poter dissimulare fino all’eccesso il loro cordiale astio con sorrisi, lusinghe, complimenti pubblici, e persino offerte a cui non si può rifiutare: come un posto in lista nel maggioritario per il Senato, meno certo di quello occupato d’imperio da D’Alfonso, ma comunque una chance.

Una offerta al nemico per neutralizzarlo, anzi per sfruttarlo e puntare dritti alla vittoria e finalmente al seggio in parlamento.

Una piccola storia che la dice lunga su quello che si sta agitando dietro le quinte della politica locale e che non si dice preferendo frasi di circostanza più o meno aderenti alla realtà.

Una cosa è certa: Di Matteo non ha accettato l’invito nè di D’Alfonso nè di tutti gli emissari del Pd che in processione hanno ribadito il concetto.

La risposta è arrivata qualche giorno dopo quell’incontro quando sul blog di Lilly Mandara è apparso un virgolettato preciso attribuito proprio a Di Matteo:

«Se D’Alfonso, Camillo D’Alessandro e Silvio Paolucci che è l’artefice di tante scelte sanitarie disastrose, sono così forti, perché non si candidano all’Uninominale invece di scegliere le candidature sicure? Avete gestito il potere, con sfoggio di arroganza e di prepotenza, adesso fate vedere chi siete e quanto contate, dimostrate se siete veramente così forti come dite».

Le parole che sembrano una trascrizione di un dialogo avvenuto poi concludeva:

«Tu parli sempre di pozzangheristi, ma il vero e unico pozzangherista sei tu, che tratti gli altri con disprezzo e arroganza. Il Pd sta andando incontro a una catastrofe e voi tutti continuate a far finta di niente. Tu, presidente, vai promettendo soldi a tutti i Comuni, a tutte le associazioni, i soldi del governo i soldi del Masterplan: sarebbe meglio che andassi a distribuire salsicce».

UNA CANDIDATURA CONTRO?

Dunque la visita domenicale ha avuto l’effetto opposto: di certo Di Matteo non si candiderà con il Pd e, per le angherie che dice di aver subito in questi anni, relegato all’angolo in un silenzio, potrebbe persino fare uno scatto d’orgoglio e candidarsi “contro”.

Sarebbe l’ennesimo incomprensibile ossimoro di un governo di centrosinistra che è fatto di tessere di più mosaici diversi, inconciliabili e incompatibili tra loro, e che formano solo immagini senza senso.

Così qualcuno- molto in alto e formalmente fuori dai giochi- potrebbe aver sollecitato per esempio Pierluigi Bersani, portabandiera della frangia dissidente del Pd con Liberi e Uguali a offrire un posto sicuro al Senato proprio a Di Matteo.

Una proposta che non è stata ancora accettata ma che potrebbe far esplodere l’assurdità di avere due candidati nella stessa giunta che si fanno la guerra.

Da sempre Di Matteo ha un grosso serbatoio di voti e di certo potrebbe strapparli a D’Alfonso, arginandolo.

E siccome era proprio questo che D’Alfonso voleva evitare sarà magari proprio questo che accadrà e sol per la voglia di riscatto e ribellione che pare sia sempre stata sopita non per mantenere una poltrona in giunta ma per non spaccare il centrosinistra…

Eppure visto che oggi di fatto il centrosinistra è spaccato tanto vale….

In realtà Di Matteo potrebbe persino optare per una scelta civica formalmente fuori dai partiti, in questo caso potrebbe facilitare la strada non facile a Melilla di Liberi e Uguali che al momento sarebbe fuori dai giochi insieme a Marinella Sclocco le cui voci non arriverebbero così distintamente a Roma.

PD NAZIONALE IN FERMENTO PER CANDIDATURA D’ALFONSO

L’altro dato certo di tutto il marasma elettorale in casa Pd Abruzzo è il nome in prima linea di D’Alfonso che viene confermato da più parti in vari ambienti romani.

La candidatura blindata «voluta da Renzi», però, fa agitare anche il mondo del Pd nazionale a tutti i livelli perchè non si riesce proprio a comprendere da dove derivi tutta questa “forza contrattuale” del presidente della Regione Abruzzo.

«Perchè D’Alfonso sì e tutti gli altri presidenti delle venti Regioni no?»

Il chiacchiericcio politico diventa a tratti pungente perchè non trova risposte. E giù con avvistamenti, segnalazioni, incontri romani tra D’Alfonso ed i vari petali del giglio magico.

L’interlocutore principale di D’Alfonso sarebbe il ministro Luca Lotti, delegato da Renzi, il quale sui tanti tavoli propedeutici alle elezioni ha sempre cercato di mettere a tacere le istanze di altre figure di spicco del Pd, magari anche più pesanti del nostro, spiegando l’inamovibilità di quel nome abruzzese.

CERCASI SPONSOR

Dunque, dal famoso foglio excell di Renzi, nella casella Senato, il nome di D’Alfonso non è mai stato cancellato e le rassicurazioni hanno permesso già da qualche giorno di spostare l’attenzione su un altro grande tema, vitale, per il buon esito delle consultazioni: la raccolta degli sponsor.


Le elezioni politiche costano molto più delle Regionali ma D’Alfonso non ha mai avuto difficoltà a sollecitare la generosità dei suoi amici, sempre pronti a seguirlo in avventure più o meno semplici.

In prima linea potrebbero esserci i nomi di sempre, come Walter Tosto e Carlo Toto, ormai da tempo diventati “grandi” e con un canale sempre aperto con Renzi e, magari, già sollecitati a dare una mano per la causa: del resto Tosto si è già speso due anni fa per fare campagna elettorale per il referendum ricevendo poi la visita del premier nello stabilimento di Chieti.

Toto, invece, impegnato sul fronte tormentatissimo della concessione autostradale, sembra avere maggiore familiarità con il ministro Lotti accolto sulle nevi di Roccaraso qualche settimana fa insieme a D’Alfonso.

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