MILANO Il lavoro lungo la massicciata è lento e meticoloso. La verità è tutta lì, in quei due chilometri e mezzo di binari dai quali il treno dei pendolari è deragliato giovedì all'alba. Investigatori e tecnici procedono fianco a fianco: fanno calchi delle rotaie, scattano foto tridimensionali, ispezionano i vagoni. Il «cedimento strutturale» e il distacco di un pezzo di 23 centimetri è l'ipotesi attorno a cui si lavora. «Ma dobbiamo capire per quale motivo il pezzo ha ceduto», spiegano gli inquirenti. Che un'idea se la sono già fatta: quella porzione di binario non era integra, forse era stata provvisoriamente rattoppata in attesa di un intervento di manutenzione più approfondito. E il fatto che uno dei quattro bulloni del giunto non si trovi, potrebbe non essere un caso.
SOSTITUZIONE PRONTA
Ventiquattr'ore dopo l'incidente che ha ucciso Pierangela Tadini, Alessandra Giuseppina Pirri e Ida Milanesi, la linea è stata riaperta e la ricostruzione della folle corsa del regionale, tra scintille e vagoni trascinati sui sassi, pare ormai definitiva: le prime carrozze hanno strappato il giunto difettoso, trascinandosi dietro gli altri vagoni che in quel punto sono deragliati. Ieri i pm Leonardo Lesti e Maura Ripamonti hanno effettuato nuovi accertamenti insieme agli investigatori. Tramite la fotogrammetria, una particolare tecnica di rilievo che consente di avere immagini in 3D, hanno fotografato il «punto zero» dal quale si è staccata la parte superiore della rotaia detta «fungo», il pezzo è poi stato segato e portato in laboratorio per i rilievi tecnici affidati ai consulenti. E poi c'è quella porzione di binario integro trovata proprio vicino al punto di rottura, forse pronto per essere sostituito. «Questo è tutto da verificare - ribatte il direttore di produzione di Rete ferroviaria italiana Umberto Lebruto - La manutenzione viene fatta in maniera ciclica e costante, con il treno diagnostico e a piedi, centimetro per centimetro. Sono cinque o sei anni che era stato rinnovato quel binario: normalmente la rotaia si cambia ogni 20-25 anni». E quando ogni quindici giorni passa il treno diagnostico (l'ultima volta l'11 gennaio) lascia pezzi sostitutivi accanto ai binari, «che non sono indicativi di un guasto ma di attività di manutenzione in corso in base alla lista degli interventi pianificata», spiega Lebruto. «Su quel tratto di binario in particolare non c'erano lavori in atto. Non c'erano difetti importanti per cui occorreva fare degli interventi a stretto giro». Eppure, denunciano i sindacati, da un anno a questa parte le maglie si sarebbero un po' allentate: in base a un accordo del 2016 tra azienda e organizzazioni dei lavoratori la Lombardia è stata divisa in 39 comparti e tre trafficatissime linee Milano-Brescia (regionale e alta velocità) e Brescia-Voghera hanno un solo responsabile per la manutenzione. Tutta la documentazione - compresi i filmati delle telecamere della stazione di Pioltello che riprendono la corsa del convoglio che sbanda e sprizza scintille - è stata acquisita dalla procura che presto procederà alle iscrizioni tecniche nel registro degli indagati dei vertici, tra manager e responsabili della sicurezza, di Rete ferroviaria italiana e forse di alcuni responsabili di Trenord. La prossima settimana verranno eseguite le autopsie delle tre vittime.
Gli allarmi inascoltati dei pendolari nel mirino la gestione Mazzoncini
ROMA L'anello debole, incarnato dal giunto spezzato del binario o, forse, dal carrello arrugginito, sarà con ogni probabilità individuato dalle indagini della magistratura. Perché al di là delle cifre sugli investimenti in sicurezza, oltre 1,7 miliardi nel 2017, e il dato oggettivo del calo degli incidenti, in questo tragico deragliamento alla fine uno o più responsabili andranno individuati. Se non altro perché sulla tratta lombarda, una delle più trafficate del Paese, gli allarmi da parte delle associazioni dei pendolari erano già partiti. «Un errore grave c'è stato - spiega Andrea Giuricin, economista ed esperto di trasporti - se non ci si è accorti delle crepe del binario, se non si è provveduto rapidamente. Visto che le risorse a disposizione per questi interventi sono davvero ingenti».
GLI INVESTIMENTI
Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), tanto per fare un esempio, ha aumentato i margini nell'ultimo bilancio a quota 200 milioni. Certo è anche vero che le carrozze di Trenord erano vecchie (almeno 30 anni di servizio), dunque a rischio. E se il governatore della Lombardia Roberto Maroni dà la colpa alla società controllata da Fs che gestisce la rete nazionale, Furio Truzzi, presidente di Assoutenti insieme a Codici e Casa del consumatore, mette sul banco degli imputati tutto il sistema, fino al vertice delle Fs. «Si è parlato tanto di investimenti, di nuovi treni per i pendolari, ma di fatto registriamo solo uno scarto tra politica parlata e realtà quotidiana, quella che vivono i pendolari tutte le mattine». Realtà fatta di treni troppo spesso sporchi e affollati, binari usurati e tariffe costantemente in aumento.
TARIFFE CARE
«Negli ultimi 5 anni - sottolinea Truzzi - ci sono stati aumenti del 30% per i pendolari in Lombardia e Lazio, mentre la media nazionale si è attestata al 20%». Il servizio purtroppo non è migliorato, tutt'altro. Verrebbe da chiedersi - aggiunge - come questi soldi sono stati spesi e in che tempi. Di fatto è evidente un calo della capacità operativa del sistema su una linea, tra l'altro, già colpita da un guasto. «Da un anno - spiegano sempre da Assoutenti - attendiamo una risposta dai vertici di Fs, Rfi e dallo stesso ministro Delrio alla lettere che abbiamo scritto per denunciare disagi e disservizi». Truzzi non vuole evocare il terribile incidente di Viareggio, che portò ad una attenzione massima sulla sicurezza e alla condanna dei vertici per responsabilità oggettive, ma fa notare che probabilmente adesso si è registrato un po' di lassismo.
IL DIVARIO
Come invertire la rotta? O quanto provare a rilanciare sul fronte della manutenzione e dei controlli ad amio raggio? Truzzi sollecita il ministro delle Infrastrutture Delrio e Renato Mazzoncini, capo di Fs e quindi della catena alla quale è legata Rfi, a varare un piano straordinario di revisione della rete e delle carrozze, evitando il consueto scaricabarile. Un piano da far scattare subito, magari già il primo febbraio. «Lo scarto tra annunci e fatti - conclude amaramente Truzzi - non è più tollerabile, per rispetto dei 5,5 milioni di pendolari che viaggiano ogni giorno e delle vittime morte all'alba mentre si recavano al lavoro».